Avvenire di Calabria

Le parole del Pontefice pronunciate durante l'omelia della Messa del Crisma presieduta e celebrata nella Basilica di San Pietro

Papa Francesco: «Senza lo Spirito non c’è vita cristiana»

L'invito del Santo Padre ai presbiteri ad essere «Pastori di Dio»

di Redazione Web

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«Senza lo Spirito del Signore non c’è vita cristiana e, senza la sua unzione, non c’è santità». Lo ha ribadito papa Francesco, nell’omelia della Messa del Crisma, presieduta e celebrata nella basilica di San Pietro.

«Egli è il protagonista, ed è bello oggi riconoscere, oggi che rinnoviamo le promesse sacerdotali, che c’è lui all’inizio del suo ministero», ha detto papa Francesco. «Senza di lui neppure la Chiesa sarebbe la Sposa vivente di Cristo, ma al più un’organizzazione religiosa, più o meno buona; non il Corpo di Cristo, ma un tempio costruito da mani d’uomo», il monito del Santo Padre.


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«Non possiamo lasciarlo fuori casa o parcheggiarlo in qualche zona devozionale. Abbiamo bisogno ogni giorno di dire: "Vieni, perché senza la tua forza nulla è nell’uomo". Lo Spirito del Signore Dio è sopra di me. Ciascuno di noi può dirlo; non è presunzione, ma realtà, in quanto ogni cristiano, in particolare ogni sacerdote, può fare proprie le parole che seguono: "perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione". Senza merito, per pura grazia abbiamo ricevuto un’unzione che ci ha fatto padri e pastori nel Popolo santo di Dio».

«Il Signore non ci ha solo scelti e chiamati: ha riversato in noi l’unzione del suo Spirito, lo stesso che è disceso sugli apostoli». Ha spiegato ancora papa Francesco, nel corso dell'omelia della Messa del Crisma, presieduta e celebrata nella basilica di San Pietro.

«Pastore di Dio o pastore di me stesso?»

L'invito ai presbiteri: «Guardiamo dunque a loro, agli Apostoli. Gesù li scelse e sulla sua chiamata lasciarono le barche, le reti, la casa. L’unzione della Parola cambiò la loro vita. Con entusiasmo seguirono il Maestro e cominciarono a predicare, convinti di compiere in seguito cose ancora più grandi; finché arrivò la Pasqua. Lì tutto sembrò fermarsi: giunsero a rinnegare e abbandonare il Maestro. Fecero i conti con la loro inadeguatezza e compresero di non averlo capito: il "non conosco quest’uomo", che Pietro scandì nel cortile del sommo sacerdote dopo l’ultima Cena, non è solo una difesa impulsiva, ma un’ammissione di ignoranza spirituale: lui e gli altri forse si aspettavano una vita di successi dietro a un Messia trascinatore di folle e operatore di prodigi, ma non riconoscevano lo scandalo della croce, che sbriciolò le loro certezze».


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«Gesù sapeva che da soli non ce l’avrebbero fatta e per questo promise loro il Paraclito», ha sottolineato il Papa: «E fu proprio quella seconda unzione, a Pentecoste, a trasformare i discepoli portandoli a pascere il gregge di Dio e non più sé stessi. Fu quell’unzione di fuoco a estinguere la loro religiosità centrata su sé stessi e sulle proprie capacità: accolto lo Spirito, evaporano le paure e i tentennamenti di Pietro; Giacomo e Giovanni, bruciati dal desiderio di dare la vita, smettono di inseguire posti d’onore, il carrierismo nostro; gli altri non stanno più chiusi e timorosi nel Cenacolo, ma escono e diventano apostoli nel mondo». «Sono pastore di Dio o di me stesso?», la domanda a braccio.

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