Avvenire di Calabria

Intervista esclusiva al nuovo presidente diocesano, Nico Chirico

Periferie al centro, la sfida dell’Ac

Il messaggio agli associati: «Guardate a noi come a un cantiere in cui siamo chiamati a costruire 'vita buona'»

Davide Imeneo

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Il nuovo consiglio diocesano di Azione cattolica, riunitosi per la prima volta giovedì 23 febbraio, ha individuato una terna di nomi da sottoporre al vescovo per la nomina del presidente. Morosini ha provveduto a scegliere Nico Chirico, giovane architetto della Parrocchia «Madonna del Rosario» di Villa San Giovanni.
Lo abbiamo raggiunto per porgergli alcune domande, ecco il racconto del nostro colloquio.

Un presidente giovanissimo. Quali sono i sentimenti che hai provato subito dopo l’elezione?
Quando ho appreso della nomina ho pensato che il Signore mi offriva l’occasione di restituire una piccolissima parte di quell’immenso bene ricevuto in questi primi venti anni di Azione cattolica. Certo, mi accompagna anche un sano timore per la responsabilità che mi viene affidata, ma l’Ac appartiene alla Chiesa e a Dio, loro la custodiranno nonostante tutto. È rassicurante, inoltre, sapere che le decisioni importanti non le prende il presidente, ma il consiglio diocesano, che, come la presidenza, è composto da tanti amici disposti a spendersi con generosità nel servizio.

Priorità. Su cosa investire, educativamente parlando?
Nel segno della continuità, occorre ripartire con il desiderio di fare nuove le cose di sempre. L’Arcivescovo ci ha suggerito alcune indicazioni pastorali, sono attenzioni ed ambiti di impegno che appartengono già alla nostra identità associativa, penso soprattutto alla centralità della formazione e della spiritualità, ma anche alla passione per il nostro territorio, alla capacità di essere testimoni negli ambienti di vita, scuole e luoghi di lavoro.

Famiglia. Se ne parla tanto, spesso in termini “terapeutici”, come se fosse soltanto e sempre in crisi. Eppure continua ad essere il motore della società e la cellula essenziale della Chiesa...
Dire semplicemente e ripetutamente che la famiglia è in crisi non è il modo migliore per aiutarla. Siamo spesso occupati solo a difenderla, quando dovremmo testimoniare maggiormente la bellezza di un amore che è progetto condiviso quotidianamente. L’Ac continuerà a cercare sinergie educative con i genitori dei ragazzi e dei giovanissimi, proverà ad accompagnare il desiderio di famiglia dei giovani, chiederà nuovamente ai gruppi adulti di essere luogo in cui accogliere, sostenere e, soprattutto, raccontare la gioia di essere famiglia.

Periferie. Come collegare realtà diocesana e realtà parrocchiale?
Questo non sarà il tempo in cui fermarci, però, è necessario anche capire come portare la periferia al centro, rendendola parte attiva della vita associativa diocesana. In collaborazione con i parroci, dobbiamo trovare le energie per promuovere l’Ac anche nelle parrocchie in cui ancora non siamo presenti.

Cosa chiedi a tutti i tesserati della diocesi all’inizio del tuo mandato?

Ai nostri soci chiedo di esserci e di crederci in questa storia, con passione e con gioia. Guardate alla nostra Ac come un cantiere aperto in cui tutti, proprio tutti, siamo chiamati a costruire insieme “vita buona”.

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