
Una firma che vale carità speranza e accoglienza
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Un momento di preghiera, ma anche di denuncia. Per accendere una luce su un fenomeno, purtroppo, ancora diffuso anche a Reggio Calabria. Una condizione di sfruttamento che vede «spogliate» tante donne e ragazze della loro dignità. Si è rinnovato anche quest’anno, l’ormai tradizionale appuntamento con la preghiera del Rosario, promossa dalla Caritas diocesana.
Un momento di riflessione per sostenere l’operato dell’unità di strada della Chiesa reggina denominata “Delicati segni di speranza”, ma anche per scuotere le coscienze.
Tanti i giovani presenti, buona è stata la partecipazione dei fedeli a questo momento di preghiera entrato orami nell’abitudine della Chiesa reggina. E, anche questa volta, il posto scelto per la veglia non è stato casuale: la stazione centrale, luogo attorno al quale, purtroppo, ancora tante donne vivono la condizione di schiavitù e privazione della propria dignità.
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Per il secondo anno, l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova, monsignor Fortunato Morrone ha voluto pregare accanto ai volontari, ma soprattutto accanto alle donne «che non hanno nessuno che le possa difendere, in balia - ha detto il presule - di chi le mortifica, monetizzandone la vita». La preghiera, ancora le sue parole, «può essere denuncia, ma anche una richiesta al Signore, attraverso l’opera svolta da chi aiuta queste donne, perché la società civile tutta possa riscoprire il valore del rispetto della vita umana».
Nella sua riflessione, monsignor Morrone, ha ringraziato per il lavoro «che si sta compiendo in questa parte di umanità ferita», definendolo, pensando proprio a questo tempo di Avvento, un lavoro «giuseppino». «Questa sera - ha detto il vescovo - ho pensato proprio a San Giuseppe che, in silenzio, si è preso cura di Maria, salvaguardandone la dignità di donna, così come voi fate per queste donne ferite».
«Qui c’è una porzione di Chiesa che vuole essere luce, come queste fiaccole, per le tante persone che vivono nell’oscurità e nella disperazione come queste donne che sperano di trovare qui casa e libertà, ma invece trovano una prigione, peggio ancora: i sottoboschi dell’umana schifezza».
A introdurre il momento di preghiera («come Gesù bambino che sta per nascere, una luce piccola ma vera», è stata suor Eva Furiani, superiora della suore Francescane Alcantarine di Archi e coordinatrice dell’unità di strada. Alla veglia erano presenti in molti: sacerdoti, diaconi, seminaristi, religiosi, gruppi diocesani, ma anche fedeli e chi ha vissuto, sul proprio corpo, la sofferenza.
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Le fiaccole accese, strette tra le mani, insieme alle coroncine del Rosario, sono diventate emblema di speranza. Così come i volti dei tanti giovani che hanno risposto presente all’invito, contribuendo ad animare la preghiera. I commenti, infatti, sono stati curati dalle realtà giovanili della diocesi, dai gruppi scout ai ragazzi di Azione cattolica, ai seminaristi del Seminario arcivescovile Pio XI, insieme agli altri gruppi della Chiesa reggina e alla Monache Agostiniane.
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