Avvenire di Calabria

In Calabria il progetto Incipit ha contribuito a far uscire dal silenzio e dalla paura tante ragazze

Tratta di esseri umani, quando ribellarsi è la «via» verso la libertà

La testimonianza di una ragazza nigeriana "salvata" dalla rete della prostituzione

di Maria Rosa Impalà *

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La tratta di esseri umani e le tante giovani e donne ridotte in condizioni di schiavitù. In Calabria la rete Incipit ha contribuito a far uscire dal silenzio e dalla paura tante ragazze. Vi proponiamo qui di seguito le testimonianze della coordinatrice del progetto, Maria Rosa Impalà, e di una giovane ragazza nigeriana che ha avuto il coraggio di rompere le catene dello sfruttamento a cui era sottoposta.

Tratta di esseri umani, fenomeno in costante evoluzione

La tratta di esseri umani, oltre a rappresentare una gravissima violazione dei diritti fondamentali per migliaia di donne e uomini, è un fenomeno complesso ed in costante evoluzione. La lieve flessione nella visibilità del fenomeno dovuta alle restrizioni pandemiche, non ha certo scoraggiato gli sfruttatori né ridimensionato i numeri dello sfruttamento, ma ha solo modificato le modalità in cui esso si manifesta.


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I dati rilevati dall’Osservatorio e dai Progetti Antitratta in Italia, attraverso le mappature svolte delle Unità di contatto e il sistema di raccolta di informazioni sulla tratta, confermano questo cambiamento. Lo sfruttamento sessuale in strada è in diminuzione rispetto agli anni precedenti probabilmente sostituito da forme meno visibili (Indoor) o collegate all’uso di nuove tecnologie (e-trafficking) e ciò rende più complesso aiutare chi ne è coinvolto.

Persone sfruttate, da dove provengono

Lo sfruttamento lavorativo non emerge solo in contesti oramai noti come agricoltura ed edilizia, ma si innesta in settori economici diversi, logistica, distribuzione, lavoro di cura e domestico. Anche la provenienza delle persone coinvolte nello sfruttamento è variata: alle vittime nigeriane si affiancano quelle provenienti da Costa d’Avorio, Guinea, Somalia.

Inoltre, per i diversi mutamenti intervenuti sul fenomeno migratorio negli ultimi anni, anche i migranti economici o volontari finiscono per diventare vittime di ricatto nel corso del viaggio con il rischio di assoggettamento in circuiti di sfruttamento diversamente finalizzati.

Per capire cosa sia davvero la tratta, cosa essa comporta e perché è fondamentale contrastarla, serve ascoltare le storie. Come quella, che vi proponiamo, di Joy (nome di fantasia), una delle ragazze incontrate in questi anni dagli operatori della Piccola Opera nell’ambito del progetto regionale InCIPIT.

Dalle minacce alla libertà: il racconto di Joy

«Avevo 16 anni quando un’amica di mia madre mi ha presentato sua sorella che viveva in Italia e mi ha proposto un lavoro, dovevo solo aiutarla a cucinare nel ristorante che gestiva. Da quando mio padre si era ammalato le cose non andavano bene. Mia madre - prosegue Joy - lavorava ma il cibo era sempre poco per tutti e né io né i miei fratelli potevamo più andare a scuola».

«Così ho accettato la proposta per poter aiutare la famiglia. Arrivati in Libia, la madame mi ha detto che i soldi non erano sufficienti a proseguire il viaggio e visto che la mia famiglia non era in grado di inviare altro denaro, avrei dovuto guadagnare quella somma, lavorando in una connection house (case in cui le donne vengono costrette alla prostituzione in Libia, ndr)».

«Quando sono arrivata in Italia - ancora la ragazza - pensavo che il peggio fosse passato, ma mi sbagliavo. Qui non c’era una connection house, ma una strada lunga e buia, e un’altra madame. Ogni volta che non era soddisfatta del mio guadagno mi lasciava senza cibo e mi faceva picchiare. Era una vita di umiliazioni e non riuscivo neppure ad aiutare la mia famiglia. La madame prendeva tutti i soldi che guadagnavo, non mi ha mai lasciato mandare soldi a casa, neppure per il funerale di mio padre. Anche la mia famiglia in Nigeria ha continuato a subire minacce, hanno distrutto il banco di mia madre al mercato. Dovevo aiutare la mia famiglia e sono diventata la loro sfortuna».


PER APPROFONDIRE: Casa Annunziata, a Reggio Calabria un «rifugio» dalla schiavitù


Joy è una delle tante ragazze che hanno trovato il coraggio di ribellarsi, di chiedere aiuto, ricominciare una nuova vita. È la dimostrazione che lo sfruttamento non è una condizione di vita inevitabile, che c’è sempre una via d’uscita.

*Coordinatrice rete InCIPIT

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