Nell’anno del Giubileo della Misericordia il vescovo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, scrive una lettera pastorale che riprende la frase pronunciata da Papa Giovanni XXIII all’apertura del Concilio: “Date una carezza!”. “Il gesto di quella carezza – scrive il presule – aveva svelato il cuore del Papa, il cuore della Chiesa, il cuore di Dio: aveva svelato la misericordia”. Divisa in due sezioni, la lettera riflette nella prima parte sul significato della misericordia, come carezza d’amore che Dio dona all’uomo; nella seconda parte, su quella carezza che ciascuno di noi può dare attraverso le opere di misericordia, interpretate come beatitudini da vivere. “Ricevere il dono della vita, gratuitamente e per un puro motivo d’amore – afferma Marcianò - è la prima e fondamentale essenza della misericordia di Dio. Ma è anche amore rigenerativo, che ridona vita. Noi siamo frutto della misericordia di Dio nella redenzione, nell’esperienza stupenda di sentirci perdonati sempre, dopo ogni peccato”. Il vescovo esorta i miliari a provare ad esercitare i loro specifici compiti ispirandosi alla opere di misericordia, così da sperimentare le beatitudini evangeliche. Significativa la fine della lettera in riferimento alla misericordia come dono: “La creatività della misericordia – conclude Marcianò – è legata all’unicità di ciascuno. Davvero, la misericordia è il nome, il cuore, il volto dell’altro, che devi imparare a vedere e toccare, che solo tu puoi vedere e toccare”.