Avvenire di Calabria

Oggi 29 maggio la Chiesa universale festeggia papa Paolo VI nel giorno che ricorda la sua ordinazione sacerdotale

San Paolo VI, il ricordo di un Papa che anticipò i tempi

di Redazione Web

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Oggi 29 maggio la Chiesa universale festeggia papa Paolo VI nel giorno che ricorda la sua ordinazione sacerdotale.

Il ricordo di papa Paolo VI

Fu arcivescovo di Milano, concluse il Concilio Vaticano II aperto da Giovanni XXIII, fine diplomatico e uomo di grande cultura, Pontefice in anni turbolenti e difficili. Ecco chi era Giovanni Battista Montini che la Chiesa festeggia il 29 maggio, anniversario della sua ordinazione sacerdotale.


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La regola generale è quella di festeggiare ogni Santo il giorno della sua morte che per la Chiesa coincide con il dies natalis, il giorno della nascita al cielo. Per San Paolo VI anziché quella del 6 agosto, festa della Trasfigurazione e giorno della sua morte, è stata scelta la data del 29 maggio, cioè il giorno della sua ordinazione presbiterale, avvenuta nel 1920. La santità Paolo VI è consistita nel vivere in massimo grado «la sua vocazione come sacerdote, vescovo e Sommo Pontefice», come scrive il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, cardinale Robert Sarah. Giovanni Battista Montini è stato arcivescovo di Milano dal 1954 fino al 21 giugno 1963, quando fu eletto papa dal Conclave e scelse il nome di Paolo VI. Ecco un suo profilo biografico.

Giovanni Battista Montini nacque a Concesio, in provincia e diocesi di Brescia, il 26 settembre 1897 e venne battezzato nella pieve il 30 settembre 1897. Era il secondogenito di tre fratelli: Lodovico (1896-1990), anch’egli avvocato, antifascista, tra i fondatori delle Associazioni Cattoliche Lavoratori Italiani (ACLI), poi membro dell’Assemblea costituente, deputato e senatore; e Francesco (1900-1971), medico, dedito ad opere di carità. Una grande cerchia di parenti, amici, educatori, trasmise al giovane Battista una fede libera, forte e leale e un grande attaccamento alla Chiesa e al papato.


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La vocazione sacerdotale risale al periodo 1913-1916 e fu dovuta in particolare alla frequentazione del convento di San Bernardino, dei benedettini, e ad alcuni ritiri spirituali nella casa filippina di Sant’Antonio, vicino Brescia, e nell’eremo lecchese di San Genesio, dei camaldolesi, insieme ai suoi referenti spirituali, padre Caresana e il curato di Concesio, don Francesco Galloni. A partire dall’ottobre 1916, Battista frequentò da esterno il Seminario bresciano, grazie ad una speciale dispensa del vescovo. Il 30 novembre 1919 ricevette la tonsura e il 29 maggio 1920 l'ordinazione nel Duomo di Brescia, dal vescovo monsignor Giacinto Gaggia. Il giorno seguente celebrò la sua Prima Messa nel Santuario della Madonna delle Grazie, manifestando il «trasporto e la continua vertigine di meraviglia di trovarmi segnato da Dio».

Trasferitosi a Roma, nel novembre 1920 entrò al Pontificio Seminario lombardo e si iscrisse alla facoltà di filosofia tomistica della Pontificia Università Gregoriana e, con uno speciale permesso del vescovo, alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università statale. Ma l'anno successivo - dopo un intervento di mons. Giuseppe Pizzardo, segretario di Stato - fu costretto a deviare il corso dei suoi studi, lasciò il Seminario ed entrò alla Pontificia Accademia ecclesiastica; si iscrisse al secondo anno di Diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana e dovette interrompere il corso di laurea alla Sapienza. Nel 1922 si laureò in filosofia tomistica presso l’Accademia romana di San Tommaso d’Aquino e in diritto canonico presso la facoltà giuridica del Seminario di Milano; nel 1924 in diritto civile presso l'Università Lateranense. Accettò questo radicale cambio delle sue prospettive con umiltà, docile obbedienza ai superiori e amore alla Chiesa.

 Il 1° novembre 1954 fu nominato arcivescovo di Milano e consacrato il 12 dicembre; succedeva al cardinal Alfredo Ildefonso Schuster (Beato dal 1996). Scelse il motto arcivescovile «In nomine Domini» (Nel nome del Signore). Lasciò la Segreteria di Stato, dopo trent’anni, e fece l'ingresso ufficiale a Milano il 6 gennaio 1955. Nella diocesi di sant’Ambrogio, Montini trovò una situazione socio-politica in piena evoluzione, caratterizzata dalla ricostruzione civile e industriale post-bellica e dalla massiccia immigrazione dal Sud dell’Italia. Nel discorso d'ingresso, presenti tutte le componenti della società milanese, egli si dichiarò «pastore e padre» mettendo al centro del suo ministero i poveri, i lavoratori e i "lontani". Instaurò un dialogo con tutta la società milanese, unendo la difesa della tradizione cattolica ambrosiana con la necessità del suo rinnovamento, per rispondere adeguatamente al tempo attuale, all’«umanesimo buono della vita moderna». Perché «l'uomo moderno ha la fame e il possesso dei “mezzi”, non ha l’ansia dei “fini”». Indisse la grande Missione di Milano, che aveva come tema «Dio Padre» e si svolse dal 5 al 24 novembre 1957; fu la più grande mai predicata nella Chiesa.

L’arcivescovo vi svolse un ruolo di primo piano; portò l’annuncio in decine di sedi e incontrò diverse categorie professionali. Creò nuovi istituti di formazione, nuovi uffici di curia ed ebbe una grande disponibilità all'ascolto di sacerdoti e laici. Indirizzò nove lettere pastorali alla diocesi. Definito «arcivescovo dei lavoratori», fu molto vicino alle vicissitudini del mondo del lavoro. Unì le forze vitali della città, dalle fasce imprenditoriali a quelle meno abbienti, per sostenere la costruzione di nuove chiese per i quartieri di periferia: ne concluse 123 e ne avviò molte altre. Condusse una moderna pastorale della cultura e dimostrò una forte attenzione ecumenica.


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Nel Conclave che seguì la morte di Pio XII venne eletto il cardinal Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia, il quale assunse il nome di Giovanni XXIII. Nel suo primo Concistoro, il Papa creò cardinale monsignor Montini, primo della lista dei nuovi porporati; e il 15 dicembre 1958 gli impose la berretta cardinalizia e gli assegnò il titolo presbiterale dei Santi Silvestro e Martino ai Monti. Il cardinal Montini compì due viaggi apostolici intercontinentali, nel 1960 negli Stati Uniti d’America e in Brasile e nel 1962 in Africa, in visita pastorale alle missioni in Rhodesia e Ghana, e in Sudafrica. Partecipò attivamente ai lavori del concilio ecumenico vaticano ii, che definì «l'ora di Dio», e vi pronunciò due interventi sulla liturgia e sulla chiesa; ne favorì la ricezione anche nella diocesi ambrosiana, con sette «lettere dal Concilio».

Giovanni XXIII morì il 3 giugno 1963. Nel successivo Conclave venne eletto, il 21 giugno 1963, il cardinal Montini, che assunse il nome di Paolo VI, prendendo il nome dell'Apostolo missionario. Fu incoronato il 30 giugno 1963 e, in quell’occasione, annotò: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, non altri, la guida e la salva». Decise di continuare il Concilio Vaticano II, che chiamerà «il catechismo del nostro tempo», e riuscì a portarlo a termine, l'8 dicembre 1965, fra mille difficoltà e contrasti tra i Padri conciliari. Si lasciò guidare dalla fermezza della fede, dimostrò una grande capacità di mediazione, e con paziente tenacia e prudenza, mantenne unita la Chiesa e la traghettò verso il rinnovamento, nella fedeltà al Vangelo e alla tradizione. L’ultimo messaggio del Concilio fu indirizzato dal Santo Padre Paolo VI ai giovani, sottolineando come «La Chiesa, durante quattro anni, ha lavorato per ringiovanire il proprio volto, per meglio corrispondere al disegno del proprio Fondatore, il grande Vivente, il Cristo eternamente giovane».

Il 16 marzo 1978 i terroristi delle Brigate Rosse rapirono il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Nonostante una toccante lettera del Pontefice ai terroristi che ne chiedeva la liberazione, il cui testo fece il giro del mondo, lo statista venne barbaramente assassinato il 9 maggio. Paolo VI assistette alla messa di suffragio nella basilica di San Giovanni in Laterano, pronunciando un’accorata preghiera, sullo stile delle lamentazioni bibliche, nella quale invocava Dio da uomo di fede, ma gridava anche chiaramente all’Altissimo il suo sgomento per quel crudele epilogo. I suoi ultimi anni furono segnati dalla decadenza fisica e dalla sofferenza per l'artrosi. Il Papa accentuò la lettura spirituale dei tempi, in un periodo che è stato definito mistico, per l'insistenza della preghiera allo Spirito Santo, considerato il motore della vita della Chiesa e del mondo. In un appunto scrisse: «Bisognerebbe essere ispirati da un Amore folle, cioè superiore alle misure della prudenza umana. Lirico, profetico, eroico, teso fino all’impossibile per poter compiere qualche cosa di possibile. Signore, perdonami d’ogni mediocrità, infiamma la tiepidezza, dammi l’audacia di sfidare i calcoli dell’insipienza per venire incontro all’infinità del tuo Amore. “Miserere mei, Domine”. Sono stanco e vecchio, ma “caritas numquam excidit”».

Il suo «Pensiero alla morte» e il «Testamento» sono ormai considerati un classico della spiritualità sull’argomento: «Prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte dono d'amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l'ho amata; e che per essa, non per altro, mi pare d'aver vissuto». Morì nella residenza pontificia di Castel Gandolfo la sera di domenica 6 agosto 1978, festa della Trasfigurazione, dopo aver ricevuto con grande desiderio il Viatico, mentre recitava la preghiera del Padre Nostro. I funerali, per sua precisa disposizione, furono, per la prima volta nella storia dei papi, molto semplici, con il Vangelo a ricoprire la bara appoggiata in terra. Venne sepolto nelle Grotte Vaticane. Tutt'altro che Papa fragile, tormentato e dubbioso, Paolo VI è stato un esempio di fortezza e umiltà nella costruzione della Chiesa conciliare, con un indomito amore per il mondo e per l’uomo.

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