Avvenire di Calabria

L’umiltà di «un servo dei servi di Dio» che proprio per questo rifulge ancor più

Sugli altari Paolo VI, padre di Avvenire: santo nostro e di tutti

Mimmo Muolo

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La canonizzazione di ieri di Paolo VI e di altri sei beati (tra i quali Oscar Arnulfo Romero) manda messaggi. E non solo quelli relativi alle vite dei nuovi santi. Messaggio è anche l’“assortimento” stesso dei sette che arrivano al traguardo degli altari: un vescovo di Roma, due sacerdoti, un arcivescovo martire, due religiose, un laico giovane (proprio nel momento in cui si sta celebrando il Sinodo sui giovani). Quando alle 10,15 sul sagrato della Basilica di San Pietro inizierà la Messa solenne presieduta dal papa Francesco, questa sinfonia della santità rifulgerà davanti al mondo. E avrà la sua sintesi proprio nella figura di Paolo VI.

«Ad essere canonizzato – diceva ieri ai giornalisti il postulatore, padre Antonio Marrazzo – non sarà solo il Pontefice, ma tutto l’uomo Giovanni Battista Montini, che prima di diventare Papa è stato laico, seminarista, sacerdote e vescovo. E quindi è bello che venga proclamato santo insieme ad altre persone nei diversi stati della vita cristiana che egli stesso ha vissuto durante la sua esistenza terrena ». Messaggi, si diceva. Moltissimi, dunque, quelli contenuti nelle sette personalità che da oggi saranno di esempio per gli altri fedeli e in qualche modo riassunti da papa Montini. Si pensi ad esempio al suo rapporto con Romero. Lo ha appoggiato e sostenuto. Ma non solo. Ha vissuto nella sua stessa carne il 'martirio bianco' dei contrasti, delle incomprensioni, delle critiche aperte. «Ma è rimasto fermo, non perché testardo, ma perché la barca di Pietro restasse ferma», ha fatto notare Marrazzo. E poi si è fatto voce di chi non aveva voce, dai poveri del Terzo Mondo, ai lavoratori, ai bambini non ancora nati. Non è un caso che sia il miracolo della beatificazione (la guarigione di un feto che nel 2001, in California, si trovava in condizioni critiche per la rottura della vescica fetale, la presenza di liquido nell’addome e l’assenza di liquido nel sacco amniotico), sia quello dell’odierna canonizzazione (la salvezza di una piccola al quinto mese di gravidanza, che secondo i medici avrebbe avuto scarse o addirittura nulle possibilità di nascere a causa di una grave complicanza della gestazione, pericolosa anche per la salute della madre) siano avvenute a beneficio della vita nascente.

Due segni del cielo più che eloquenti, se solo si pensa che Montini è stato il Papa della contestatissima Humanae vitae e che il 29 giugno 1978 in quello che fu in pratica il suo ultimo intervento in pubblico, egli stesso disse che il suo pontificato altro non era se non una difesa della vita. Messaggi di sorprendente attualità anche per la Chiesa e per gli uomini del terzo millennio. «Montini – sottolineava Marrazzo nel suo briefing di ieri – ha impresso una svolta alla Chiesa, è stato di fatto il primo Papa ad aprire il Portone di Bronzo al mondo, ha fatto entrare aria fresca». E per gli uomini e le donne del nostro tempo la sua eredità si può compendiare nell’invito «a guardarsi dentro per scoprire quali talenti Dio ha dato a ognuno per essere occasione di aiuto agli altri ». In un’epoca di esteriorità fatua e alienante un messaggio di certo controcorrente.

Forse anche per questo le presenze alla Messa di canonizzazione sono oggi numerose e di grande livello. C'è statato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con la figlia Laura e il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli. Ci sono stati il presidente di El Salvador, Salvador Sanchez Ceran, quello cileno Sebastian Pinera Echenique, e di Panama, Juan Carlos Varela Rodriguez, oltre alla regina madre di Spagna Sofia. All’altare saranno portate come reliquie la maglietta con le macchie di sangue dell’attentato subito da Paolo VI a Manila nel 1970 e per Romero e gli altri, frammenti di ossa. Per Montini, anche da santo la tomba resterà quella attuale nelle Grotte Vaticane. Un messaggio anche questo. L’umiltà di «un servo dei servi di Dio» che proprio per questo rifulge ancor più.

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