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Una struttura su tre livelli; ingresso riservato a persone con buon grado di indipendenza, accompagnate da attività come ceramica, uscite in barca a vela e incontri con gli animali
La promessa di un futuro che non svanisce con i genitori. È l’obiettivo del progetto “Un Futuro per Noi” della Cooperativa Rose Blu. Una promessa che sta diventando realtà, grazie una struttura residenziale in costruzione, recuperando un bene confiscato, costruendo spazi di vita e di comunità. Ne abbiamo parlato con Domenico Barresi, presidente della cooperativa.

Dopo 20 anni di attività, quali risultati concreti racconta la Cooperativa Rose Blu sul territorio? Siamo nati nel 2001 grazie al supporto della Comunità Papa Giovanni XXIII e ad alcuni finanziamenti pubblici iniziali, che ci hanno consentito di ristrutturare la sede e comprare il primo pulmino per il trasporto. Oggi siamo un punto di riferimento sull’intera Città Metropolitana, con centro diurno, servizi di trasporto, assistenza scolastica e domiciliare e una rete di progetti con scuole e realtà culturali. Lavoriamo in rete (Consorzio Macramè, Fondazione Scopelliti, Libera) e questo ci ha permesso di aumentare l’integrazione sociale degli utenti e offrire sollievo concreto alle famiglie.
Il Centro Diurno è il vostro cuore operativo: come funzionano i laboratori e quali effetti vedete sull’autonomia e sul benessere? Il centro ospita 12 persone adulte con disabilità con disabilità media che all’interno del centro diurno svolgono attività laboratoriali. Tra le attività proposte c’è il laboratorio di ceramica, attraverso cui i ragazzi realizzano oggettistica di ceramica che poi commercializziamo anche tramite la bottega del Consorzio Macramè. Quest’anno abbiamo realizzato un progetto di vela insieme alla Lega Navale e da qualche settimana abbiamo iniziato una collaborazione con la Pet Academy e una volta ogni 15 giorni i ragazzi fanno pet-terapy.
Qual è la risposta del territorio e come si coniuga il vostro impegno con la promozione della legalità? C’è una relazione molto intensa con il territorio. Collaboriamo con le scuole, di ogni grado e con molta soddisfazione. L’anno scorso abbiamo fatto per la rete Civitas uno spettacolo al Teatro Cilea dove i nostri ragazzi si sono esibiti insieme agli studenti dell’Istituto L. Nostro - L. Repaci. Siamo presidio di Libera a Villa San Giovanni e dal 2016 partecipiamo a iniziative anti-pizzo come Reggio Libera. Per noi la promozione della legalità è pratica quotidiana, significa dare ai ragazzi occasioni reali di cittadinanza e costruire fiducia sociale.
Come è nato e come si è sviluppato il progetto “Un Futuro per Noi”? L’idea è nata nel 2019 perché alcuni dei nostri ragazzi - io li chiamo ragazzi ma hanno tutti più o meno 40 anni, non mi piace la parola utente, per cui li chiamo ragazzi - hanno i genitori molto anziani, qualcuno è a carico di parenti. Abbiamo così pensato di trovare un luogo per il “dopo di noi”. Abbiamo individuato a Case Alte una struttura abbandonata e, verificata la proprietà della Città Metropolitana, abbiamo partecipato al bando: ci è stata assegnata a dicembre 2019, poco prima del lockdown. Durante il Covid abbiamo cercato finanziamenti (Fondazione Vismara, Fondazione Con il Sud, un piccolo contributo di Fondazione Carical) e siamo entrati come partner in un avviso sui beni confiscati promosso dalla Città Metropolitana, che ha permesso di intervenire sull’area esterna.
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Che casa state costruendo e chi potrà accedervi? La casa sarà a tre piani: al piano terra uno spazio aggregativo per bambini con disabilità; al primo piano e in mansarda la residenzialità per sei persone tra 18 e 64 anni. Non è una struttura per non autosufficienti gravi: le persone che vanno a vivere nel dopo di noi devono avere un buon grado di autonomia. Il focus resta sul “durante noi”: preparare le persone oggi, con laboratori e vita comunitaria, perché il passaggio al “dopo” non sia uno strappo ma un’ulteriore tappa di crescita.

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