Avvenire di Calabria

La Chiesa celebra oggi una delle devozioni più diffuse tra i popolo cristiano

Sacro cuore di Gesù, quel battito d’amore che dona salvezza

Dai battiti d'amore alle scelte di cuore (anche dolorose), così il Signore ci dice: «Vi amo!»

di Enzo Petrolino * e Valerio Chiovaro **

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Si celebra oggi una delle devozioni più diffuse tra il popolo cristiano è quella al Sacro Cuore di Gesù. Non si tratta di una devozione fra tante, perché è stata rivestita dalla Chiesa di una dignità tutta particolare e si situa al centro della rivelazione cristiana.

La Festa del Sacro Cuore di Gesù è una ricorrenza “mobile” cioè una ricorrenza che non ha un giorno prefissato nel calendario ma la cui data cambia giorno da un anno all’altro, essendo dipendente da quella di altre ricorrenze o circostanze. La festa, infatti, cade il venerdì dopo la Solennità del Corpus Domini.

Sacro Cuore di Gesù, Petrolino: «Più siamo vicini al Cuore di Gesù, meno siamo indifferenti»

Grande è stata la devozione dei Pontefici per questa Festa che nei secoli continua a spingere all’amore il cuore dei cristiani. Il documento guida è certamente l’enciclica di Pio XII, Haurietis aquas («Attingerete alle acque») del 15 maggio 1956. Questa devozione - contenuta in germe nella Sacra Scrittura, approfondita dai Padri della Chiesa e dai grandi mistici medioevali - ha avuto un particolare incremento e la sua configurazione odierna in seguito alle apparizioni di Gesù Cristo a santa Margherita Maria Alacoque, nel monastero di Paray-le-Monial, a partire dal 27 dicembre 1673.

Nelle tante apparizioni sono particolarmente famose «le dodici promesse». Come nella Bibbia, Dio lega il suo intervento a delle «promesse». Da allora, superate numerose difficoltà teologiche e liturgiche, si è diffusa rapidamente fra tutte le categorie del popolo cristiano, mentre la Chiesa la ha elevata alla dignità liturgica di «solennità».

Pio XII sottolinea che - nonostante l’importanza delle apparizioni per il suo sviluppo - l’origine della devozione è nella Scrittura. È lo stesso Gesù che per primo presenta il suo Cuore come fonte di ristoro e di pace (cfr. Mt 11,28-30). In Giovanni si legge come venne trafitto il Cuore di Cristo, l’uscita da esso del sangue e dell’acqua (Gv 19,33-37).

Anche nell’Apocalisse Gesù è presentato come un Agnello «ucciso», cioè «trafitto» (cfr. Ap 5,6; 1,7). Oltre l’enciclica di Pio XII altre due seguiranno quella di Paolo VI (1965), Investigabiles divitias Christi e Dives in Misericordia di Giovanni Paolo II (1980). In effetti la devozione al Cuore di Gesù rappresenta il centro della spiritualità cristiana e la chiave di comprensione insieme più semplice e più profonda di tutta quanta la storia della salvezza.

La prima celebrazione "documentata" della storia

La prima celebrazione di cui si ha testimonianza si è svolta in Francia nel XVII secolo, ma si pensa che in realtà la devozione abbia origini più antiche.

Pietra d’angolo della devozione è certamente la figura di Giovanni. Il discepolo che Gesù amava di più, quello che conosceva meglio il Cuore di Gesù, reclinato accanto a lui (Gv 13, 23), è stato anche il primo a riconoscere Gesù risorto sulle rive del lago di Galilea (Gv 21, 7).

Più si sta vicini al Cuore di Gesù, più si percepiscono le sue gioie e le sue sofferenze per gli uomini, le donne e i bambini di questo mondo, e si riconosce la sua presenza all’opera nel mondo, oggi come ieri.


PER APPROFONDIRE: Sacro Cuore di Gesù, icona dell’amore incondizionato


Più siamo vicini al Cuore di Gesù, meno siamo indifferenti a quello che ci circonda, desiderando impegnarci con Gesù Cristo in questo mondo, al servizio della sua missione di compassione, di giustizia e di pace. È il desiderio e la nostalgia del Vangelo. Ne abbiamo bisogno, come l’aria che respiriamo, in questo tempo i cui la Chiesa ci chiama a camminare insieme.

* presidente Comunità diaconato in Italia

Rileggendo le Scritture con don Valerio Chiovaro: «Ecco le aritmie che scandiscono la storia dell'umanità»

È risaputo, nella Sacra Scrittura il cuore è l’organo del discernimento, la fucina delle scelte. Non perché sia un moderno calcolatore di risultati; un bilancio tra benefici e costi, di guadagni e perdite; una millefoglie dolciastra di esperienze leggere. No! Le dimensioni, i criteri del cuore antico sono altri. E lo si può capire solo entrando tra le sue pulsazioni, nel battito tra silenzio e rintocco, nei palpiti tra la vita e la morte. 

Da sempre l’uomo biblico ha “fatto i conti” col suo cuore, ne ha dovuto ascoltare i colpi, le aritmie, perché il cuore è “il suono” delle emozioni e quando il tempo era tempo e non fuga - e il silenzio era attesa e non paura - si imparava il linguaggio del cuore, per imparare da questo il linguaggio della vita. Si aveva tempo, si aveva silenzio per ascoltare il tempo e il silenzio del cuore, per mettere il cuore davanti agli occhi, gli occhi dentro al cuore (Dt 4,9) e la Parola forte nella fragile custodia di questo organo così delicato (Dt 11,18).

La Parola che abita il cuore

La Parola cha abita il cuore e che lì deposita la sensazione e poi la nostalgia e poi la profezia della totalità. Così Dio va cercato, amato, servito con la totalità del cuore. Perché un cuore non può essere diviso, non può essere un mille cuori per ogni mille maschere. Cercare Dio con tutto il cuore (Dt 4,29), con slancio, con un indiviso-tutto, con una pienezza senza rinuncia, senza rinuncia di alcuna parte che sarebbe rinuncia della pienezza. Anzi una pienezza che ha imparato a rinunciare, ma mai alla sua pienezza. Cercare con la totalità del cuore, per poter amare così. Con tutto il cuore, con tutte le scelte, con ogni battito che scandisce ogni secondo. Cercare (Dt 4,29); amare (Dt 6,5); servire (Dt 11,13) con tutto il cuore.

Ogni verbo informa ogni azione, dà battito ad ogni respiro, perché - come è per il cuore - per cercare bisogna pulsare tra battiti e silenzi, e così è per amare e per servire: bisogna esserci e non esserci. Essere pronti a non essere e nonessere per essere pronti ad esserci. E quando questo non avviene il cuore si indurisce (Dt 17,7), si ostina, si spezza. Perché se le ferite in un cuore di carne si rimarginano, pur se sanguinano, le ferite in un cuore di pietra lo spezzano, irrimediabilmente!

Per questo Dio, che di ferite del cuore se ne intende, promette un cuore nuovo, un cuore di carne, togliendo da chi si fida di Lui il peso di un cuore di pietra, indurito per l’infedeltà. Perché l’infedeltà, che è l’amore ferito, a lungo andare rende il cuore duro, impermeabile. Inguardabile! Eppure Dio vede ogni intimo intento del cuore (Gen 6,5) e ne conosce anche i segreti (Sal 44,22) e nonostante tutto non si stanca mai. Perché Lui è più grande del nostro cuore (1Gv 3,10). Ma non perché abbia perso la testa per noi, semplicemente perché non ha perso il cuore, cioè la scelta di essere fedele.

Da Maria ai discepoli, tutte le scelte... di cuore

È la scelta di Maria che nel suo cuore conserva e custodisce (Lc 2,19.59) anche la spada che le trapassa l’anima, perché questo è il sì all’amore, fatica e grazia di fedeltà. E nel custodire, Lei, la Madre, medita. Perché custodire il cuore e nel cuore non è depositare in un dimenticatoio nel quale rovistare all’occorrenza. Custodire è ri-membrare, cor-dialmente, cor-aggiosamente, cuore-volmente; decor- osamente e con miseri-cor-dia ciò che è prezioso. E questo il cuore lo sa riconoscere.

E che dire del cuore dei discepoli, quello indurito e «lento nel credere» (Lc 24,25); di quello di Giuda, riempito di tradimento (Gv13,2) e degli altri apostoli del cenacolo. Un cuore turbato, pieno di tristezza e dubbioso, conosciuto, letto, compreso dal Maestro e già eletto per il deposito di una gioia che non sarà tolta (Gv 16,22). Certo il Maestro di cuore se ne intende. Non lo lascia solo trasparire lo fa vedere, nelle sue mani, nel suo sguardo, nelle sue lacrime, lo fa toccare dalle mani di Tommaso, che spinge fino a dentro l’indice della sua infedeltà incredula…

Il Sacro Cuore che Gesù non nasconde mai

Il Maestro il cuore non lo nasconde, anche se fa male doverlo sempre metterlo a nudo per il costato aperto dalla lancia del soldato. Il Maestro è nell’alto della croce e il suo cuore è a metà, così chi è più giù può vederlo e chi sta accanto vi può entrare.

È il cuore squarciato dalla stessa lama che ha ferito la Madre; è il grembo dal quale nasce la Chiesa. E la storia continua nel cuore di questa Chiesa. La storia continua nel cuore dei tanti sacerdoti che pulsano con semplicità e tremore, tenendo tra le mani un mistero che li sovrasta. Continua nel cuore di cristiani che amano e che fedeli abitano come anima il corpo di questo mondo che se ha trovato una intelligenza artificiale, ha forse ancor più bisogno di riconoscere un cuore antico, un cuore vero, un cuore sacro.


PER APPROFONDIRE: Papa Francesco: «Il cuore di Gesù ci ama così, senza trucco»


Un cuore sacro perché abitato da un Dio fedele e abitabile dall’ultimo arrivato. È questo il Sacro Cuore che nel mese di giugno ricordiamo e che, mi auguro, potremo visitare nel nostro santuario di Ortì, custodito nel sì e nel silenzio delle nostre claustrali, anche loro cuore pulsante della nostra Chiesa antica e così bisognosa di Totalità.

* biblista

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