Il Rotary in visita al Palmario cittadino per raccogliere fondi
La visita è stata condotta dall’esperta guida botanica dottor Francesco Tassone In occasione del giorno
In Calabria, tra le principali emergenza legate alla sanità, c'è la rinuncia alle cure. Il dato emerge dall'ultimo rapporto Gimbe sul Servizio Sanitario nazionale. Una situazione già denunciata dal garante regionale della Salute Stanganelli nel primo report del suo mandato.
In Calabria, la percentuale delle famiglie che nel 2023 ha rinunciato alle prestazioni sanitarie è del 7,3%, poco inferiore alla media nazionale che si attesta al 7,6%. Questo dato è stato rivelato dal settimo rapporto Gimbe sul Servizio Sanitario Nazionale, un documento che raccoglie analisi dettagliate, criticità e proposte per migliorare l’efficienza del sistema sanitario in Italia, con particolare attenzione alle regioni più problematiche, come la Calabria.
Il rapporto approfondisce anche altri temi legati alla Sanità in Calabria, come il finanziamento pubblico, la spesa sanitaria, il personale, i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e la Missione Salute del Pnrr, senza tralasciare aspetti fondamentali come il piano di rilancio del Servizio Sanitario Regionale.
Questa fotografia preoccupante della sanità calabrese non è una novità. Il dato relativo alla rinuncia alle cure era già emerso nella prima relazione del Garante della Salute della Regione Calabria, Anna Maria Stanganelli, come riportato in un nostro precedente articolo. Stanganelli aveva denunciato il preoccupante aumento delle famiglie che, a causa delle lunghe liste d'attesa, della carenza di personale sanitario e delle difficoltà economiche, si trovano costrette a rinunciare alle cure mediche.
Dalle segnalazioni raccolte, inoltre, era emerso poi che i cittadini «hanno lamentato difficoltà nei servizi di accesso e prenotazione, difficoltà a contattare il CUP, impossibilità a prenotare per liste d’attesa chiuse, ricorrendo di sovente all’intramoenia per impossibilità ad accedere alla prestazione tramite Sistema sanitario regionale».
Dal rapporto Gimbe emergono dati allarmanti anche sul personale sanitario: in Calabria ci sono solo 1,91 medici dipendenti ogni mille abitanti (contro una media nazionale di 2,11) e 3,9 infermieri ogni mille abitanti, ben al di sotto della media nazionale di 5,13. Questi numeri testimoniano una grave insufficienza di operatori sanitari, il che si riflette anche nel rapporto tra infermieri e medici, che in Calabria è di 2,05 (media Italia 2,44).
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Le carenze infrastrutturali sono altrettanto preoccupanti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) prevede, per la Calabria, l’attivazione entro il 2026 di 61 Case della Comunità, ma al momento non ne è stata dichiarata attiva neanche una, contro una media nazionale del 19%. Anche sul fronte delle Centrali Operative Territoriali (Cot), da attivare entro il 2024, la situazione è disastrosa: nessuna Cot risulta operativa (media Italia 59%).
Lo stesso vale per gli Ospedali di Comunità: dei 20 previsti, nessuno è attivo (media Italia 13%). Inoltre, al 31 luglio 2024, la regione ha realizzato solo il 18% dei posti letto aggiuntivi di terapia intensiva (media nazionale 52%) e appena l’8% di quelli di terapia sub-intensiva (media nazionale 52%).
Nell'approfondire questo tipo di emergenze emergenza, nell'ultima intervista rilasciata proprio ad Avvenire di Calabria, il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha ribadito la sua volontà di invertire questa tendenza attraverso politiche mirate, a partire dalla formazione e dal ritorno in Calabria di giovani medici.
Tra le iniziative proposte da Occhiuto c'è l’incentivazione dei giovani medici a rimanere in Calabria, creando condizioni lavorative e retributive più favorevoli, oltre a investire su formazione e ricerca. «Il nostro obiettivo – ha dichiarato Occhiuto – è trasformare la Calabria in un territorio attrattivo per i giovani professionisti, non solo del nostro Paese, ma anche dall’estero. La sanità deve tornare ad essere un’opportunità, non un problema».
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