Tra pochi giorni festeggeremo il 160esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Quali sono i sentimenti che la attraversano da meridionale?
Centosessanta anni ci separano dalla proclamazione del Regno d’Italia, avvenuta a Torino nel 1861 e da meridionale sono assolutamente convinto che tanto è stato fatto per unire l’Italia, ma che tanto rimane da fare in termini di equità economico/ sociale. E lo dico da meridionale, sono nato a Messina, che per motivi, prima personali, poi lavorativi, ha vissuto in oltre 15 città italiane. Da Aosta, Torino, Trieste a Lecce, Reggio Calabria, Siracusa, varie sono state le realtà che ho conosciuto e di cui ho colto ed apprezzato bellezze e problematiche.
«Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani». Pensa che il nuovo Governo Draghi ha le carte in regola per provare ad avvicinare questo divario?
Il Governo tecnico/politico di Draghi ha tutte le carte in regola per fare bene e per contribuire ad arrestare prima, e successivamente invertire il crescere del divario economico/sociale tra le diverse aree del Paese.
Il Mezzogiorno rappresenta il grande problema irrisolto dell’economia italiana. Se non si riesce a portare il Mezzogiorno su un sentiero di crescita robusto e duraturo non ci potrà essere vero progresso per l’Italia. Nelle regioni meridionali il pil pro capite è la metà del Centro Nord; la disoccupazione supera mediamente il 20%; la dotazione infrastrutturale e la qualità dei servizi pubblici sono insoddisfacenti; le disuguaglianze e l’incidenza della povertà sono ampie. Queste sono le priorità da affrontare.
Il presidente del Consiglio, durante il suo discorso per la richiesta di fiducia alle Camere, ha detto – riguardo al Mezzogiorno – che senza legalità non ci può essere sviluppo. Quanto “costano” al Meridione le mafie e la corruzione?
Il contesto istituzionale nel suo complesso, ovvero l’ambiente in cui si fa impresa, incide in maniera determinante sulla possibilità di innalzare la produttività e di fare risultato. Il rispetto della legalità, in particolare, svolge un ruolo fondamentale: la criminalità organizzata, la corruzione e l’evasione fiscale non solo indeboliscono la coesione sociale e aumentano le disuguaglianze ma impediscono anche la migliore allocazione delle risorse umane e finanziarie.
Già in uno studio di oltre vent’anni fa della Banca d’Italia si evidenziava il forte impatto negativo della criminalità organizzata sul contesto imprenditoriale meridionale e si osservava che le inefficienze dei servizi pubblici, le carenze del mercato del lavoro e la debolezza delle istituzioni creditizie si intrecciavano con la realtà di una terra dove l’esercizio di intimidazioni, violenze e collusione impediva assai spesso a individui e imprese di realizzare le proprie opportunità di crescita economica e sociale e di concorrere con successo sui mercati.
Nulla è cambiato da quel tempo. In situazioni del genere il guadagno onesto di un salario o di un profitto da parte di soggetti estranei a queste logiche può richiedere atti di civile eroismo.
Cosa si aspetta dai fondi del Recovery Fund, il cui ammontare (209 miliardi di euro) è stato definito proprio dal sostegno alle aree povere del Paese come le regioni del Mezzogiorno?
Mi aspetto soltanto che i fondi vengano spesi seguendo in modo corretto quanto stabilito dalla Commissione europea. Secondo quanto previsto dalla Commissione il programma di riforme e investimenti definito dal Piano deve tenere pienamente conto delle “raccomandazioni specifiche” rivolte all’Italia, in particolare questi fondi devono contribuire al raggiungimento di sei obiettivi strategici: transizione verde, trasformazione digitale, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, politiche per le prossime generazioni. Obiettivo del piano di utilizzo dei fondi deve essere soprattutto quello di rendere l’Italia un paese più sostenibile ed inclusivo con una economia più avanzata e dinamica.