Avvenire di Calabria

Reggio Calabria riparte dalla rigenerazione urbana: apripista alcune esperienze-pilota come Arghillà, Borgo Croce e Cinquefrondi

Arghillà, Borgo Croce e Cinquefrondi: storie di rigenerazione e riscatto

Esperienze diverse tra loro, ma che hanno un comune denominatore: la voglie di riscattare i territori ripartendo dalla loro bellezza

di Federico Minniti

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La Calabria riparte dalla rigenerazione urbana: apripista alcune realtà quali Arghillà, Borgo Croce e Cinquefrondi. Si tratta di esperienze diverse tra loro, ma che hanno un comune denominatore: la voglie di riscattare i territori ripartendo dalla loro bellezza.

Rigenerazione urbana, l'esperienza di Cinquefrondi

Invertire il paradigma dello spopolamento delle aree interne investendo in cultura e bellezza. Potremmo sintetizzare così l’esperienza del “Laboratorio Cinquefrondi”, una bella intuizione socio-amministrativa capeggiata dal sindaco del comune pianigiano, Michele Conia.

Si tratta di un processo di rigenerazione urbana che si fonda su una vera e propria “pedagogia dell’antimafia”. Ma come si uniscono esigenze apparentemente così lontano a tal punto da farne un laboratorio esperienziale interessante sotto diversi punti di vista? A spiegarcelo è proprio Michele Conia che siamo riusciti a intercettare nel suo doppio (gravoso) impegno di sindaco di Cinquefrondi e consigliere metropolitano.

Cos’è il “Laboratorio Cinquefrondi”?

Tutto si sviluppa dalla nostra idea di rinascita che da anche il nome al nostro movimento politico. Di fronte a un comune rassegnato stiamo provando a invertire la tendenza partendo da una consapevolezza: prima ancora delle Opere pubbliche - che restano importnati - occorre ridare spazi sociali e culturali al territorio.


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Come fare?

Faccio un esempio: abbiamo messo come priorità amministrativa la scelta di dare una sede a tutte le associazioni del territorio in un ex mercato coperto che era completamente abbandonato. Nulla di speciale, ma questo ha generato una riattivazione della comunità partendo dal basso.

Che tipo di ostacoli ha incontrato nel proporre alla sua comunità questo percorso di rigenerazione urbana?

Il nostro più grande ostacolo è la burocrazia, quella insostenibile lentezza nel riuscire a trasformare una proposta in un fatto concreto. Accanto a questo, sono sincero, c’è anche la “reticenza” di alcuni concittadini un po’ scettici sulla nostra idea di paese. Alcuni la dipingevano come utopia, altri si lanciavano in accuse dal sapore xenofobo, soprattutto, quando abbiamo aperto le nostre porte ai migranti. Eppure, questo vento di discriminazione, è stato fermato grazie al confronto: organizzando momenti di condivisione pubblica, conoscendo da vicino le storie di chi scappa per mare, tanti pregiudizi sono caduti.

Quali sono le opportunità che intravede nell’attuazione massiva di questa idea?

Sono profondamento convinto lo spopolamento si possa arginare. Occorre, però, essere onesti intellettualmente: è vero che tanti partono per motivi di studio o lavorativi, ma molti vanno via perché non vedono l’opportunità di poter vivere la propria vita per come vorrebbero. Anche su questo concretizzo il mio pensiero: ho avviato una serie di iniziative con alcuni artisti locali per dimostrare che anche in Calabria si può vivere di musica o di qualsiasi altra forma d’arte. Basta creare gli spazi per farlo; lo stesso abbiamo fatto concedendo parchi e strutture pubbliche in affido per avviare attività in proprio. Qualche piccola novità si intravede: per la prima volta, nell’ultimo anno, sono di più le iniziative imprenditoriali che aprono rispetto a quelle che chiudono. Un segno di speranza.

Come giudica l’interazione con le università?

Fondamentale, è chiaro che le Università hanno un ruolo fondamentale per lo sviluppo del territorio. Sono centri culturali che devono riappriopriarsi della loro peculiarità: dialogare costantemente coi giovani.

Come si coniuga il processo di rigenerazione urbana con le teorie della pedagogia dell’antimafia?

Diciamoci subito una verità: bisogna far vedere ai giovani che le “teorie” si possono applicare. A Cinquefrondi abbiamo scelto alcuni testimoni-guida come Peppino Impastato, don Lorenzo Milani e Nicola Gratteri. Sono esempi di come la lotta alla ‘ndrangheta non è un fatto che riguarda solo alcuni, ma tutti. Certo è importante partire dalle scuole di primo grado parlando di tematiche spesso non affrontate e che invece vanno declinate con lungimiranza e coraggio.

La "sana follia" di Mariagrazia e il miracolo Borgo Croce

Vulcanica. Sarà l’aria dirimpettaia all’Etna a rendere così Mariagrazia Chirico, giovane di Borgo Croce, nel comune di Fiumara di Muro (Reggio Calabria): dal suo entusiasmo nasce l’idea del borgo più colorato della Calabria.

Un’intuizione sviluppata «grazie allo smart working». Era, infatti, l’estate del 2021 quando, come accade di solito, la piazza del paese si ripopola dei fuorisede. L’idea nasce all’agosto 2021: «Di fronte all’ennesima “frase fatta” mi sono detta: “Perché non proviamo a dare un tocco di colore a questo paese?”».

Borgo Croce conta 45 anime, ma Mariagrazia lancia una sfida a sé stessa: «Riuscirò a portare mille visitatori al giorno». Oggi sono circa 1500 alla settimana, sfida vinta potremmo dire. Ma come si è arrivato a questo risultato? «Potremmo dire grazie a un pizzico di sana follia: col passare dei mesi abbiamo continuato a pitturare le case abbandonate, prima autofinanziandoci e poi avviando raccolte fondi che hanno registrato il sostegno dei residenti e di tanti fuorisede».


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Non sono mancati gli scettici, «quelli che stanno la finestra e guardano il proprio paese morire», spiega Mariagrazia. A mano a mano che il colore invadeva Borgo Croce è stato automatico riunirsi in associazione e diffondere le bellezze del paese sui Social network.

Due universi paralleli che si incontrano: dietro le foto instagrammabili c’è un vissuto che sa di tradizione con le persone ferme sull’uscio di casa a regalarti aneddoti e ricordi. «Immaginare che alcuni bambini possano respirare quel clima da borgo che ho vissuto io è stato determinante per pensare a un nuovo passo in avanti».

Grazie alla donazione di un residente, infatti, un terreno abbandonato è stato trasformato nel prima parco giochi della vallata interamente autofinanziato e realizzato dai residenti: «I nostri borghi hanno una vocazione naturale all’accoglienza delle famiglie, bisogna però strutturare dei percorsi che consentano ai bambini di muoversi in sicurezza da soli e agli adulti di avere a portata di mano alcuni servizi essenziali».

Fino a oggi, Borgo Croce non ha goduto di nessun finanziamento pubblico, ma «puntiamo a specializzarci in bandi e iniziative». Oggi è tutto su base volontaria, domani chissà. Intanto la “buona prassi” sta iniziando a diffondersi: «Poco tempo fa mi ha chiamato il gruppo Masci di Archi, quartiere di Reggio Calabria: vogliono colorare anche loro le vie del loro quartiere proprio come fatto a Borgo Croce».

Una contaminazione contagiosa e colorata che può fare soltanto bene al nostro territorio.

Arghillà, un campo da gioco per i ragazzi del quartiere

D a discarica a cielo aperto a primo playground per l’intero quartiere. Ad Arghillà Nord è stato inaugurato un campo polivalente realizzato dal Comune di Reggio Calabria che ha tenuto a battesimo l’iniziativa inaugurale assieme all’Associazione nazionale magistrati (Anm) e il comitato provinciale del Centro sportivo italiano (Csi).

Accanto a queste realtà che hanno animato la prima partita ufficiale nel campetto si sono radunate tante realtà solidali che hanno auspicato e sostenuto la realizzazione della struttura sportiva. Un primo passo in avanti per garantire il diritto al gioco che, adesso, va preservata e irrobustita.


PER APPROFONDIRE: Dal disuso all’aggregazione, l’idea dei giovani di Bocale


«Oggi un pezzo di questo rione viene restituito ai cittadini - ha dichiarato Paolo Brunetti, sindaco facente funzioni del Comune di Reggio Calabria - dove sorgevano il degrado e un cimitero di auto, adesso c’è uno spazio che diventa opportunità per le ragazze e i ragazzi di Arghillà che potranno socializzare, giocare e incontrarsi all’aria aperta».

In campo accanto ai ragazzi dell’Arghillà a colori anche una delegazione dell’Anm, capeggiata da Stefano Musolino che è tornato nel rione a cinque anni dopo la prima partita in quell’area in cui si lanciò l’idea del campetto poi realizzato dall’Amministrazione comunale.

Un cerchio che si chiude come spiega Paolo Cicciù, presidente provinciale del Csi Reggio Calabria: «Siamo davvero emozionati nel vedere la realizzazione di un sogno per i ragazzi di Arghillà. Finalmente potranno giocare in un campetto vero e questa “normalità” è una conquista straordinaria».

Insomma, l’inaugurazione del campo nel quartiere rappresenta un nuovo punto di partenza: la rete instaurata tra associazioni e istituzioni va rinsaldata cercando alleanze fruttuose sul territorio. «Questo campetto è una macchia di colore in una situazione un po’ grigia - ha chiosato l’assessore alle Politiche giovanili del Comune di Reggio Calabria, Giuggi Palmenta - attraverso dei fondi nazionali per il recupero e la realizzazione di strutture sociali, abbiamo potuto dotare Arghillà del primo campetto pubblico. Ora, la nuova sfida passa nelle mani delle ragazze e dei ragazzi del territorio che dovranno prendersene cura».

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