Avvenire di Calabria

Intervista al segretario di "Terzjus", tra i massimi esperti di fiscalità del Belpaese

Terzo settore, Sepio: «La riforma attua la sussidiarietà»

Nei giorni scorsi ha preso parte ad un convegno sul tema che si è svolto a Reggio Calabria ed è stato promosso dall'Ordine dei Commercialisti

di Davide Imeneo

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Il convegno “Il terzo settore fattore di sviluppo dell’economia sociale. La sussidiarietà come leva di coesione e di crescita” promosso il 18 novembre scorso dall’Ordine dei commercialisti, ci ha offerto l’occasione per aprire un dialogo sul Terzo Settore con Gabriele Sepio, avvocato tributarista, segretario di Terzjus, l’Osservatorio di diritto del Terzo settore sulle tematiche connesse all’iscrizione al Registro e le regole fiscali per le erogazioni liberali.

Terzo Settore, intervista a Gabriele Sepio

L’oggetto principale della nostra intervista è stata la riforma del Terzo Settore che, spiega Sepio, «come tutte le riforme implica un cammino, un lungo percorso. Dico sempre che ci sono due tipi di riforme: la riforma del Terzo settore e la riforma “percepita” del Terzo settore».

Ci spieghi…

La percezione della riforma è il cammino culturale di un modello che viaggia sulle gambe delle norme. In esso si percepiscono le paure e le novità legate anche alle responsabilità dell’applicazione delle nuove norme ma non si percepisce immediatamente il cambiamento, tant’è vero che le norme che comportano dei benefici sono sempre meno conosciute.


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Quindi i cammini culturali fanno fatica e allora la Riforma ha comportato un grande vantaggio, quello di creare un sistema di regole uniformi e dare un’identità ad un mondo che finora non veniva riconosciuto. Quando la Riforma del Terzo Settore inizierà a dialogare in modo sempre più vicino con la riforma percepita allora ci troveremo davanti ad un cambiamento culturale importante.

Cosa comporterà questo cambiamento?

Esiste un Terzo settore che con coraggio ha abbracciato la Riforma e crede nelle novità e nelle opportunità, c’è un altro Terzo settore – che probabilmente non è Terzo settore – che ha un’aspettativa che invece è contraria rispetto a quello che è il messaggio della Riforma. Essa vuole dare una centralità all’economia sociale, una veste giuridica agli organismi dell’economia sociale. Gli Enti del Terzo settore sono una specie “protetta” della categoria “Non Profit”: sono gli enti della sussidiarietà.

Con la riforma si dà attuazione al principio della sussidiarietà: lo Stato delega alcuni corpi intermedi che rispettano alcune regole per lo svolgimento di attività di interesse generale legate alla soddisfazione di alcuni bisogni della collettività. La Riforma arriverà a compimento quando questo modello culturale camminerà in maniera sempre più attiva sulle gambe degli operatori e dei professionisti del Terzo settore.

Quali sono gli interventi ulteriori che lei farebbe subito e che quindi propone al nuovo Governo?

La riforma ha prodotto una grande opera di contaminazione legislativa in termini positivi, collocando il Terzo settore in un sistema molto più ampio. Non è solo la Riforma a dare la spinta al Terzo settore e a dare un quadro normativo: pensiamo ai decreti emergenziali, attraverso di essi si identifica una categoria, quella degli enti del Terzo Settore a cui assegnare delle risorse, mentre invece prima ci si riferiva in modo generico a Enti Non Profit o Enti non commerciali.

Sotto il profilo del completamento legislativo uno dei grandi pregi della Riforma è quello di aver inserito il Terzo settore in un contesto globale e non solo nella disciplina speciale della Riforma. Mancano alcuni step, ma il cantiere è sempre in evoluzione. Lo scorso 7 novembre, per esempio, è stata completata l’opera di trasmigrazione delle Aps-Odv che sono passati definitivamente nel Registro unico. Adesso l’ultimo step che a livello istituzionale e legislativo manca, ma che è stato avviato con forza dai vari governi che si sono succeduti, è quello del dialogo con l’Europa, in particolare con la Commissione europea. Si tratta di un passo particolarmente importante: il Terzo settore non deve essere più visto come una “scappatoia”, una “corsia preferenziale” per superare le regole del mercato. Dal dialogo con l’Europa scaturiranno una serie di misure fondamentali per arrivare a una piena attuazione della Riforma, per esempio potrà scattare la disciplina sulle imprese sociali, le norme sullo startup, verrà omogenizzata l’iva, partirà la finanza sociale: c’è un sistema che deve essere completato.

Inizialmente il dialogo con l’Europa è stato complesso perché non avevamo precedenti: noi siamo il paese che dialoga con l’Europa più per le procedure di infrazione che non in via preventiva, rispetto alla costruzione della norma o rispetto all’avvio dell’operatività per le disposizioni fiscali. La Riforma del Terzo settore segna un passo in evoluzione nella collocazione della nostra economia sociale in un sistema molto più ampio, molto più europeo.

Qual è la sua opinione rispetto alle Fondazioni di comunità: sono davvero un’opportunità per infrastrutturare socialmente il territorio?

La Fondazione di comunità è un ente che mette insieme una comunità con tutte le sue eterogeneità con un obiettivo specifico che è lo sviluppo e la crescita del territorio. Sono partite come fondazioni meramente erogative, adesso sono diventati dei veri e propri centri di sviluppo, dei modelli di elaborazione di nuovi interventi sociali: dalle comunità energetiche, dagli interventi formativi, dagli interventi di inclusione sociale, la gestione della cultura.


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Ciò significa che quest’opera di contaminazione delle attività di interesse generale attraverso le Fondazioni di comunità è una contaminazione che parte dal territorio, ma soprattutto permette e consente di creare un sistema generativo: non più progetti fini a se stessi che esauriscono il proprio atto al termine della progettazione, ma una progettualità che diventa permanente, che diventa stabile, ma soprattutto che crea non solo consapevolezza ma anche competenze e lavoro sul territorio. C’è un esempio che vorrei segnalarvi: quello della Fondazione di comunità di Messina.

Le diocesi possono avere un ruolo nella costituzione e nell’operato delle Fondazioni di comunità?

Il ruolo degli Enti religiosi è importante perché fanno parte della comunità: da sempre tali enti hanno fatto parte del meccanismo della sussidiarietà. Adesso più che mai rivestono una funzione importante, non solo perché la riforma del Terzo Settore ha confermato la possibilità per gli Enti del Terzo settore di costituire dei rami, ma perché questi Enti guardano con interesse alla contaminazione tra le attività di religione e di culto e le attività di interesse generale a servizio della collettività: questa commistione crea un grande valore aggiunto.

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