Avvenire di Calabria

I fatti risalgono al mese di gennaio, le indagini partite dopo la denuncia dei familiari di alcuni detenuti campani

Torture al carcere di Reggio, provvedimenti verso 8 agenti della polizia penitenziaria

Per 6 agenti sono scattati gli arresti domiciliari per altri due la sospensione dall'esercizio di pubblico ufficio

di Redazione Web

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Tortura e lesioni ai danni di un detenuto del carcere di Reggio Calabria, è il reato di cui sono accusati otto agenti della Polizia penitenziaria, oggi raggiunti da provvedimenti cautelari. A darne notizia la Procura di Reggio Calabria e la Polizia di Stato che ha eseguito l'ordinanza disposta dal Gip del tribunale reggino.

Nella mattinata di oggi 28 novembre, personale della Polizia di Stato, su delega della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, ha dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari, disposta dal GIP del Tribunale reggino, a carico di 8 appartenenti alla Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria.

In particolare, si legge in una nota di Polizia di Stato e Procura della Repubblica di Reggio Calabria, «per sei di essi è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, mentre per gli altri due la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio».

Carcere di Reggio Calabria, i reati contestati

Agli indagati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, si apprende ancora dalla nota, «sono contestati i reati di tortura e lesioni personali aggravate ai danni di un detenuto dell’istituto penitenziario ove prestano servizio. Al Comandante del Reparto, che figura tra gli indagati ed al quale è stata applicata la misura degli arresti domiciliari, vengono contestati anche i reati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio, di calunnia e tentata concussione».

Oltre ai destinatari delle misure cautelari, fanno sapere gli inquirenti, «sono sottoposti ad indagine ulteriori 4 poliziotti penitenziari, ai quali viene contestato il reato di tortura e lesioni personali in concorso, per i quali il GIP si è riservato di valutare la richiesta di applicazione della misura cautelare interdittiva formulata dalla Procura all’esito dell’interrogatorio, ed il medico dell’Istituto Penitenziario, indagato per il reato di depistaggio, per aver reso false dichiarazioni al Pubblico Ministero, per il quale il GIP, sempre all’esito dell’interrogatorio, valuterà la richiesta di applicazione della misura della sospensione dalla professione medica».

Torture e lesioni nel Carcere di Reggio Calabria, ecco cosa è successo

I fatti contestati agli indagati, informano ancora polizia di Stato e procura di Reggio Calabria, risalgono al 22 gennaio 2022 e vedono come parte offesa un solo detenuto, che aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di far rientro nella cella dopo aver usufruito del previsto passeggio esterno. 

In risposta a tale condotta, secondo il provvisorio capo di imputazione, gli indagati «conducevano illegittimamente il detenuto in una cella di isolamento, senza alcuna preventiva decisione del Consiglio di disciplina ovvero senza alcuna previa decisione adottata in via cautelare dal Direttore, serbando gratuite condotte di violenza e di sopraffazione fisica che cagionavano al detenuto acute sofferenze fisiche mediante più condotte e sottoponendolo ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona».

Nello specifico - spiegano gli inquirenti -  «secondo la ricostruzione operata allo stato degli atti e fatti salvi i necessari successivi accertamenti  di merito,  le condotte si sostanziavano nel colpire ripetutamente il detenuto con i manganelli in dotazione di reparto, ma anche con dei pugni, facendolo spogliare e lasciandolo semi nudo per oltre due ore nella cella ove era stato condotto».

Coinvolto comandante del Reparto in cui era reclusa la presunta vittima

Per coprire tali condotte, ed evitare conseguenze per una eventuale denuncia da parte del detenuto, «il Comandante del Reparto, avrebbe poi redatto una serie di atti (relazione di servizio, comunicazione di notizie di reato ed informative al Direttore del carcere), in relazione ai quali gli vengono contestati i delitti di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio e di calunnia».

Nei giorni successivi, prosegue la nota degli inquirenti, «lo stesso ufficiale avrebbe tentato di costringere, illegittimamente, un suo sottoposto a mostrargli delle relazioni di servizio relative alla sorveglianza dello stesso detenuto, e per tale motivo è stata formulata a suo carico anche l’ipotesi di reato di tentata concussione».

Le indagini, dopo la denuncia dei familiari di alcuni detenuti

Le indagini, affidate dalla Procura di Reggio Calabria, alla Squadra Mobile, sono state avviate dopo la denuncia sporta dai familiari di alcuni detenuti, tutti di origine campana, a cui le persone recluse, nel corso di colloqui telefonici, avevano riferito di essere stati malmenati all’interno del carcere.

I successivi approfondimenti investigativi, anche attraverso l’escussione dei reclusi da parte del Pubblico Ministero titolare delle indagini, avevano permesso già in una prima fase di circoscrivere ad un solo detenuto le condotte violente, così come poi confermato dalla visione e analisi delle telecamere interne dell’istituto di pena.  


PER APPROFONDIRE: Reggio Calabria, dignità calpestata dentro le carceri?


Va segnalato che le gravi condotte contestate sono ascrivibili, si legge ancora nel comunicato della Polizia di Stato della procura di Reggio Calabria, «alla responsabilità personale solo di alcuni appartenenti alla Polizia Penitenziaria, che presta servizio all’interno della struttura penitenziaria in questione con abnegazione, sacrificio e senso del dovere, e con pieno rispetto  dei diritti e della dignità dei detenuti ivi ristretti».

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