
“Caos a Broadway” va in scena al Teatro San Bruno
Lo spettacolo è prodotto da Calabria dietro le quinte, in collaborazione con la compagnia Blu
Trent'anni fa veniva ucciso il giudice Antonino Scopelliti. Un omicidio rimasto senza giustizia. Un uomo dello Stato dimenticato dai «salotti dell'antimafia parolaia» come dice la figlia, Rosanna, in occasione dell'anniversario.
9 agosto 1991. Stava rientrando a casa dopo una giornata di mare. La mano assassina si accosta alla sua Bmw all'altezza di Piale, una frazione di Villa San Giovanni. Una pioggia di proiettili lo raggiunge colpendolo alla testa. L'agguato è fatale è la macchina finisce fuori strada.
Antonino Scopelliti è un magistrato reggino. Rappresentò la pubblica accusa in alcuni dei processi più importanti della storia giudiziaria italiana come quelli alle Brigate Rosse e a Cosa Nostra.
Ma chi ha ucciso Antonino Scopelliti? Per lo Stato, ad oggi, nessuno. L'oblio calato sulla vicenda della magistrato reggino fa rabbrividire.
Solo pochissimi anni fa il caso di è riaperto. Nel 2019, per l’omicidio del giudice Scopelliti, infatti, il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha iscritto sul registro degli indagati 17 persone. E per la prima volta in elenco sono comparsi anche i calabresi: Giuseppe Piromalli, Giovanni e Paquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti.
Furono loro a pianificare l'attentato in accordo coi vertici di Cosa Nostra, "feriti" dalle condanne inflitte nel Maxi-processo. Scopelliti sarebbe il primo magistrato a morire in seguito della strategia stragista voluta dai vertici della mafie, Riina da una parte e il gotha della 'ndrangheta dall'altra.
«Oggi le uniche parole che mi riecheggiano in testa sono: “Verità e giustizia”». A scriverlo è Rosanna Scopelliti, figlia del giudice assassinata a Piale il 9 agosto 1991. «Di parole ne ho sentite tante, troppe. Resta il fatto che niente cambia e io non so più come affrontare questa doppia mancanza che affligge da anni le nostre vite. Non so più a quale speranza aggrapparmi, non ho una risposta sincera alla domanda: “ne è valsa la pena?”».
Prosegue Scopelliti: «Ecco io a volte non lo so più se ne è valsa la pena. O meglio, lo so perché lo vedo negli occhi di mia figlia quando afferma orgogliosa di essere la nipote del “nonno Nino”, ma vacillo quando resto sola con il mio dolore e col peso dell’assenza».
In occasione del trentesimo anniversario dalla morte sarà celebrata una messa in suffragio a Campo Calabro, oggi, alle 19. A concelebrarla il parroco, don Francesco Megale, e don Luigi Ciotti, fondatore di Libera.
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