Si è conclusa poco fa la Via Crucis presieduta dall'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova, monsignor Fortunato Morrone. Il rito del Venerdì Santo è stato vissuto all'interno della Basilica Cattedrale intitolata a Maria Santissima Assunta in Cielo.
La cronaca della Via Crucis con l'arcivescovo Morrone
«Rimetti la spada nel fodero». Questo è il filo conduttore delle riflessioni che monsignor Fortunato Morrone ha fatto coi fedeli di Reggio Calabria durante il Venerdì Santo.
Una Via Crucis «scomoda» come si legge già dal sussidio di preghiera proposto per l'occasione dall'Ufficio liturgico diocesano, presieduto da don Nicola Casuscelli.
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«Ho udito il grido del mio popolo e sono sceso a liberarlo», si legge nel Libro dell'Esodo. La Via Crucis in Cattedrale ripercorre e valorizza la fragilità come «un passaggio necessario, ma transitorio».
Nel ripercorrere le quattordici stazioni, dalla condanna a morte di Gesù al sepolcro, i fedeli radunati nella Basilica reggina hanno condiviso la sofferenza del Cristo attraverso le meditazioni proposte.
Una sofferenza che non giunge come «rassegnazione passiva, ma è accoglimento della croce, è accettazione della volontà del Padre».
Le meditazioni in Cattedrale
Le persone che, uno dopo l'altro, si alternano in quel cammino stanco del Signore sono segni per la fede di tutti. Un esempio? Simone di Cirene: «Innamorarsi di Gesù, vuol dire accogliere senza sconti le esigenze del Vangelo, soprattutto quando abbiamo una croce da portare» si legge in Cattedrale meditando sulla quinta stazione.
Che dire, poi, della Veronica? Una donna capace «credere alla forza dei piccoli gesti d’amore, capaci di consolare il cuore di chi sta sotto il peso della sua croce».
Commentando la decima stazione (Gesù è spogliato delle vesti), le meditazioni proposte dall'Ufficio liturgico diocesano fanno un invito ai credenti: «Il suo sacrificio ci deve aiutare a toglierci le vesti del tornaconto e dell’interesse personale e a indossare l’abito della condivisione».
PER APPROFONDIRE: Passione del Signore, la celebrazione di Morrone in Cattedrale
La crocifissione, la morte. Gesù, infine, deposto dalla croce (tredicesima stazione). Spunta un'altra persona-simbolo della Via Crucis: Giuseppe d'Arimatea: «Ogni cristiano, oggi, non solo deve accogliere la sua croce, ma deve anche schiodare coloro che vi sono appesi, eliminare tutte le ingiustizie, liberare tutti gli oppressi, sollevare tutti i sofferenti e i fragili».
Davanti al silenzio del sepolcro, infine, il clima è una «riconciliazione con la gioia». Perché, infatti, la Pasqua, ormai imminente, «è la festa degli ex delusi della vita, nel cui cuore all’improvviso nasce la speranza».