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Una storia di violenza con protagonista una donna che, purtroppo, continua a consumarsi tra molte mura domestiche. Il racconto che vi proponiamo è reso unico dal disagio vissuto in prima persona dalla vittima e dalla sua reazione. Rita (nome di fantasia), oggi, ci dice che è «una donna rinata».
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Un percorso di rinascita non semplice e per nulla veloce, ma reso possibile grazie al consiglio di un’amica e all’incontro con specialisti dalla grande sensibilità del Centro antiviolenza “Angela Morabito” dell’Associazione Piccola Opera Papa Giovanni onlus di Reggio Calabria.
Grazie a delle amiche che considero vere e proprie sorelle. Non si sono girate dall’altra parte. Una, in particolare, mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: «non posso provare pena per te, voglio esserti davvero amica, ma da sola io non posso aiutarti. C’è bisogno di gente competente». Così mi ha indicato il Centro “Angela Morabito”, in un momento della mia vita in cui non riuscivo più a riconoscere me stessa e ad accettarmi.
Mi ero ridotta a una sorta di zerbino. Ad accettare la violenza come qualcosa di normale. Chi mi ha seguito in questo cammino, invece, mi ha aiutata non solo ad accettarmi come sono ma anche a comprendere che chiudersi nel silenzio non aiuta. Che bisogna avere il coraggio di ragionare con la propria testa e saper dire: «no, tutto questo non lo posso più accettare». Quando ha detto: «finalmente mi sento una donna rinata»? Quando sono riuscita ad avere la mia casa, quando mi sono riscoperta, come donna e come persona. Quando ho cominciato a fare le mie scelte senza farmi condizionare. Quando sei donna vittima di violenza anche decidere di lavarsi la faccia o farsi una doccia non è così automatico. Anche la cosa più banale diventa una sofferenza.
Che è possibile liberarsi dalla morsa della violenza e riconoscersi finalmente come donne. È necessario, però, che siamo innanzitutto noi a rispettarci, ad avere autostima e a non ritenerci fragili o sbagliate. Il primo passo è la vittima a doverlo compiere. Bisogna crederci ed avere pazienza, anche nel denunciare. La denuncia è anch’essa frutto di un percorso di accompagnamento a cui io, personalmente, mi sono affidata proprio presso il centro gestito dalla Piccola Opera Papa Giovanni.
Innanzitutto, non è che una donna si rivolge al Centro antiviolenza e subito scatta la denuncia. Il Centro, semmai, ti aiuta a riconoscere che quanto stai subendo è violenza. Impari, insomma, a riconoscerla, mettendo tassello sopra tassello. Una volta acquisita la consapevolezza e dopo adeguato sostegno psicologico e alla persona, ecco che allora scatta la denuncia presso le forze dell’ordine e della magistratura.
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Certo, c’è ancora tanto da fare, soprattutto sul fronte giudiziario. La rigidità di alcune norme, nonostante i passi avanti fatti negli ultimi anni, non sempre agevola il cammino. Tuttavia incontri veri amici, capaci di sostenerti nel tuo percorso di emancipazione dalla violenza. Mi hanno aiutata a tornare ad essere una persona completa: come donna, lavoratrice e mamma.
Mia figlia. Pensi che, prima di venire qui, qualcuno mi aveva suggerito di abortire. Io, invece, mi sono rivolta al Signore accettando la sua volontà. Ed oggi mi posso ritenere una mamma felice, soprattutto perché, grazie a mia figlia, ho riscoperto il vero significato di “amore”: puro e sincero.
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