Avvenire di Calabria

Domani ricorre la Giornata mondiale per le vittime sul lavoro e dell'amianto: gli incidenti, spesso mortali, non diminuiscono in Calabria

Vittime e incidenti sul lavoro, i settori più esposti in Calabria

Ci siamo confrontati su caporalato, lavoro nero nell'edilizia e le difficoltà irrisolte della fibra killer: l'amianto; voce agli stakeholders locali

di Federico Minniti

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Domani ricorre la Giornata mondiale per le vittime sul lavoro e dell'amianto: gli incidenti, spesso mortali, non diminuiscono in Calabria. Ci siamo confrontati su caporalato, lavoro nero nell'edilizia e le difficoltà irrisolte della fibra killer: l'amianto; voce agli stakeholders locali.

Incidenti e vittime sul lavoro, le criticità in Calabria

l 28 aprile si celebrano due giornate commemorative molto importanti: la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro e la Giornata mondiale per le vittime dell’amianto.

Due temi “collaterali” e che inducono l’opinione pubblica a riflettere sulle cosiddette morti bianche e su alcune condizioni a rischio sui posti di lavoro, anche domestico.

Col nostro reportage intendiamo dare voce a quanti si battono quotidianamente per tutelare i diritti dei lavoratori e dei soggetti più esposti sotto il profilo della sicurezza sanitaria.

Anche in Calabria sono previste diverse iniziative dalle associazioni di categorie e dai movimenti di natura ecclesiale per sensibilizzare le comunità calabresi sulla tematica degli incidenti e delle morti innocenti sul posto di lavoro.

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Il lavoro nei campi? «Una nuova schiavitù»

Cecè Alampi è un uomo di trincea. Il suo essere diacono nella diocesi di Oppido Mamertina - Palmi l’ha spinto a stare tra gli ultimi che spesso e volentieri trovano posto nella tendopoli di San Ferdinando dove caporalato troppo spesso è sinonimo di schiavitù. Attualmente Alampi è il direttore dell’Osservatorio diocesano sulle ultimanze. Lo abbiamo intervistato.

Caporalato e sfruttamento, ci può fornire i suoi dati sul fenomeno in Calabria? Quali sono le aree maggiormente a rischio?

Il caporalato sfrutta i vari modi di lavoro irregolare che ha diverse fasce di gravità economica e sociale e, moralmente, il caporalato si configura come il modo più deplorevole e ripugnante, perché si raffigura come un vero e proprio traffico di esseri umani, una sorta di nuova schiavitù. In Calabria il fenomeno ha assunto una rilevanza notevole per via della presenza di immigrati, molti dei quali irregolari, braccianti agricoli, in cerca di lavoro nelle zone della Piana di Gioia Tauro, della Piana di Lamezia, nella Piana di Sibari e nella Zona del Crotonese, di Cirò e del Marchesato.

Quante sono le persone che hanno perso la vita negli ultimi anni nei campi o nelle tendopoli che le ospitano?

I morti negli ultimi anni sono otto: Sekiné Traoré, Moussa Ba, Becky Moses, Soumaila Sacko, Surawa Jaiteh, Sylla Noumo, Amadou Traorè e Gora Gassama.

Parliamo della Tendopoli di San Ferdinando: i provvedimenti presi dalle Istituzioni hanno migliorato qualcosa?

Attualmente nella tendopoli ci sono 76 tende, ormai logore e oltre cento baracche costruite negli ultimi mesi, quando la tendopoli è rimasta incustodita. Nella tendopoli ci sono 3 container con 4 bagni ciascuno e 5 container con 2 bagni e 2 docce ciascuno. La tendopolifin dal primo momento ha mostrato molte criticità che non sono state mai risolte definitivamente a causa dei mancati finanziamenti da parte delle autorità competenti.

In che modo a suo avviso la criminalità organizzata sfrutta questi soggetti?

La criminalità organizzata sfrutta i migranti sia come caporali e sia come mano d’opera in agricoltura, ma negli ultimi anni anche come spacciatori di droga. Sono persone ricattabili perché sono clandestini, a volte invisibili proprio, senza alcun documento, e senza alcuna protezione sociale.

Come la società civile e la Chiesa possono aiutare a invertire la rotta?

La Chiesa, tramite la Caritas ha dato sempre la sua disponibilità ed è vicina ai migranti con i suoi animatori ed operatori, fornendo alimenti, vestiario, coperte e quant’altro ha potuto. È vicina, altresì con l’ascolto costante e cercando di costruire relazioni e vicinanza con tutti i migranti, per abbattere pure i muri dell’intolleranza e dell’indifferenza.


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Edilizia, sui cantieri gli stranieri muoiono il doppio degli italiani

Il settore edile, per decenni, ha sofferto cronicamente di morti bianche. In occasione della Giornata mondiale della Sicurezza e della Salute sul Lavoro che si celebra, ogni anno, il 28 aprile, abbiamo registrato l’opinione sul tema al presidente dell’Ance, l’associazione dei costruttori edili, di Reggio Calabria, Michele Laganà.

Morti bianche e cantieri, ci può fornire i suoi dati sul fenomeno in Calabria? Si continua a morire di lavoro?

Nel 2022 in Italia sono avvenuti complessivamente 1.090 infortuni mortali sul lavoro. Con la scomparsa tra gli infortuni mortali delle morti per “Covid”, i dati del 2022 sono del tutto analoghi a quelli del 2019, epoca precovid, a dimostrazione che il tragico fenomeno delle morti sul lavoro sostanzialmente non subisce diminuzioni da anni.

Nel 2022 le regioni che hanno segnato i più alti indici infortunistici di mortalità (elaborazioni Osservatorio Vega su dati INAIL) sono: Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Basilicata, Marche, Umbria e Campania seguono Puglia e Calabria.

Quest’ultima presenta un indice di incidenza delle morti in occasione di lavoro (con l’esclusione di quelle in itinere) pari a 42 pari al 2,8 % dei morti sul lavoro totali. Tra i dati più rilevanti ci sono quelli dei lavoratori stranieri.

Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono il 19% del totale. Anche qui l’analisi sull’incidenza infortunistica svela chiaramente come gli stranieri abbiano un rischio di morte sul lavoro più che doppio rispetto agli italiani.

Quanto e come il lavoro nero aumenta esponenzialmente i fattori di rischio per gli operai? I controlli delle Autorità preposte sono sufficienti?

Nel settore delle costruzioni, proprio per il fattore di rischio specifico, la complessa ed avanzata normativa anche contrattuale che regola i rapporti di lavoro rappresenta certamente un argine importante al fenomeno delle morti bianche e degli incidenti in cantiere.

Ciò nonostante il settore resta tra quelli più a rischio soprattutto in alcune fasce di età e per alcune categorie di lavoratori anche per l’incidenza del lavoro nero e più in generale per la disapplicazione delle norme e del corretto contratto collettivo dell’edilizia che tradizionalmente prevede importanti voci a supporto della sicurezza nei cantieri.

Si può sostenere che provvedimenti come il Superbonus abbiano “limitato” le incidenze di rischio? Cantieri più monitorati, ditte soggette a più controlli… oppure è solo un’impressione dall’esterno?

Certamente il sistema di norme e di controlli tecnico-amministrativi previsto dalla normativa sul Superbonus, come ad esempio la previsione della qualificazione SOA obbligatoria per le imprese esecutrici di appalti superbonus superiori ai 516.000,00 euro, per alcuni aspetti simili all’apparato previsto nelle opere pubbliche, rappresenta un forte deterrente per arginare il lavoro irregolare e quindi gli incidenti sul lavoro.

È però vero che nell’ambito della vigilanza “110 in sicurezza 2023” promossa e coordinata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro si è svolta nel marzo scorso un’operazione straordinaria. L’attività ispettiva ha evidenziato una rilevante la presenza di lavoratori a nero nei cantieri edili. Per tali evidenze, non possiamo abbassare la guardia.

In che modo la sua organizzazione è impegnata sul versante degli incidenti sul lavoro?

Di recente e precisamente il 7 giugno 2021 abbiamo sottoscritto il Protocollo di Intesa tra Ispettorato del Lavoro, ANCE e Cassa Edile per il “Contrasto del lavoro irregolare e l’innalzamento degli standard di sicurezza nel settore edile reggino”, attuativo dell’accordo quadro nazionale tra l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) e la Commissione Nazionale delle Casse Edili (CNCE), prevedendo la costituzione di un tavolo tecnico permanente per la condivisione dei dati aggregati relativi ad imprese, lavoratori e cantieri, anche in tema di ammortizzatori sociali, nonché per l’attivazione di attività in materia di salute e sicurezza e per lo sviluppo delle conoscenze dei lavoratori e delle imprese del settore edilizia.

È necessario quindi che gli imprenditori, i lavoratori ed i committenti assumano un ruolo proattivo in relazione ai temi della sicurezza sui luoghi di lavoro, favorendo nelle aziende la cultura della prevenzione dei rischi di infortunio, solo così si potrà finalmente assistere ad una decisa inversione di rotta, anche perché le esperienze passate ci hanno dimostrato che ogni altro tentativo è risultato vano.


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Amianto, «in Calabria leggi disattese dagli enti locali»

Uno tosto, battagliero, che non ha paura di denunciare anni di silenzi e negligenze. Così ci appare Massimo Alampi, presidente della sezione di Reggio Calabria dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) che abbiamo sentito in occasione della Giornata mondiale per le vittime dell’amianto (28 aprile).

Nel commentare la situazione calabrese, Alampi non ha dubbi: «È una battaglia lunga anni, con pochi passi in avanti». Una deduzione laconica alla quale segue una spiegazione precisa: «Sul problema dell’amianto in Calabria, le istituzioni sono rimaste in gran parte sorde».

Secondo il presidente dell’Ona Reggio Calabria, infatti, ci sarebbero «molte inadempienze da parte della Regione Calabria, inadempienze che si trascinano da tempo e da governance in governance».

Al centro di tutto, «una legge regionale che è del 2011, ma che è rimasta in gran parte lettera morta» sigmatizza Alampi: «All’interno, prescrizioni che la Regione stessa – che quelle regole si è data – non ha rispettato e non ha fatto rispettare ai comuni. Eppure i dati, provenienti dal telerilevamento fatto dalla Regione Calabria nel 2016 mettono in luce una situazione drammatica».

Parliamo di «11 milioni di metri quadri di coperture, ma si tratta di una cifra sottostimata almeno del 10/15%», spiega Massimo Alampi che poi snocciola i dati suddivisi per provincia: «La situazione peggiore è Vibo Valentia, con 11,14 metri quadri ad abitante; seguono Crotone con 8,94 e Catanzaro con 8,60; infine Reggio Calabria con 4,14 e Cosenza 2,75».

Entrando più nello specifico, Alampi ha analizzato con noi anche la situazione dell’area metropolitana di Reggio Calabria che lui causticamente definisce «la Repubblica dell’amianto».

«Nonostante l’altissimo prezzo che Reggio Calabria ha pagato in termini di vittime per esposizione professionale all’amianto e le tante malattie che stanno emergendo per esposizione “ambientale”, la salute dei cittadini per l’ennesima volta e messa sotto i piedi da chi la deve garantire» l’accusa del presidente dell’Ona Reggio Calabria.

Secondo Alampi «manca un interlocutore “dedicato” al servizio del cittadino che necessita di informazioni, non c’è la modulistica aggiornata per le segnalazioni e non vi è traccia della mappatura aggiornata e georeferenziata».

Insomma, secondo Massimo Alampi «il problema amianto non è nell’agenda di questa giunta comunale, che a quanto pare, non intende applicare le norme vigenti». L’Osservatorio nazionale amianto si rivolge al sindaco facente funzioni Paolo Brunetti che detiene anche la delega specifica: «A tutt’oggi non risulta neanche un accenno al contrasto della fibra killer. Perché è caduta nel vuoto l’istituzione dello Sportello comunale amianto?».

In sintesi, sentendo l’Ona di Reggio Calabria non si sarebbe «mai presa in considerazione la Legge Regionale 14/2011 né tantomeno il piano regionale amianto Calabria (PRAC) e non si è mai accennato al Piano Comunale Amianto (PAC)».

Tra gli impegni dell’associazione c’è anche un numero di telefono gestito da volontari per le consulenze e dispone di applicazione scaricabile gratuitamente su play store “Mappatura Amianto” per le segnalazioni anonime geolocalizzate dei siti inquinati.

«C’è un impegno costante per sensibilizzare i cittadini sulla pericolosità della fibra killer, ma manca totalmente il supporto delle istituzioni preposte» conclude Alampi ai nostri taccuini.

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