Avvenire di Calabria

Vivere il Concilio, accanto ai poveri e agli ultimi

Le persone senza fissa dimore a volte scelgono di non spostarsi. La precarietà diventa quindi una sicurezza. Ecco perché è importante stare accanto e farsi prossimi, senza pregiudizi

Sergio Conti

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«È facile fare demagogia parlando dei poveri ma poi bisogna incontrare volti, storie e situazioni e avere questa attenzione là dove essi vivono». Non le manda di certo a dire don Nino Pangallo il direttore della Caritas diocesana, che evidenzia proprio la necessità di farsi prossimi, vicini a queste persone. « Più che pensare a una accoglienza secondo i nostri schemi la cosa fondamentale è stare accanto - evidenzia don Nino -. In questi giorni è un continuo bombardamento sul tema “Ma perché quella signora che sta su quel bordo della banca non si sposta? Non c'è un posto dove accoglierla? E allora devi andare a spiegare che magari non si vuole spostare, perché chi vive sulla strada a volte lo ha scelto, ha strutturato anche psicologicamente una condizione di provvisorietà che diventa per lui o lei una sicurezza». Sembra paradossale, ma stando all’esperienza di don Nino anche la condizione ai limiti della sopravvivenza può diventare una sicurezza per chi non ha nemmeno una piccola certezza nella vita. «C’è tanto bisogno di aiuti e in tutte le parrocchie è alta l’attenzione: nel nostro territorio è molto più il bene del male che fa rumore» spiega il responsabile della Caritas a Reggio. Nella sua parrocchia, quella di San Giorgio Martire, la mensa dei poveri è aperta settimanalmente e poi nella splendida festa durante i giorni di Natale in cui la chiesa viene trasformata in una grande mensa per bisognosi. «L’esperienza del giro su strada è di fondamentale importanza - ricorda don Nino - ma bisogna sempre tenere desta l'attenzione nei confronti del disagio perché la tentazione potrebbe essere quella di chiudersi chiudersi nei nostri mondi, anche sicuri, e vivere anche la percezione dell’assedio». Per il parroco della chiesa di San Giorgio Martire il fatto che siano diminuite le risorse economiche e anche umane, che il mondo sia secolarizzato e non creda più in Dio non deve far perdere la speranza ai cristiani. Per don Nino «Ci viene chiesto di vivere in pieno il Concilio, che aveva aperto a una nuova mentalità: le gioie e dolori, le angosce e le speranze soprattutto dei più poveri e dei più fragili trovano ascolto nel cuore della chiesa». Insomma il cristiano non può girarsi dall’altra parte, la comunità cristiana intera non può non essere aperta al mondo e in ascolto del mondo.

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