Avvenire di Calabria

Arghillà, da «terra di nessuno» a «cosa di tutti»

La riflessione del presidente del Csi Reggio Calabria che ha coadiuvato (grazie ai volontari dell'animazione sportiva di strada) l'iniziativa dell'Associazione nazionale magistrati tenutasi lo scorso 22 maggio nel quartiere a nord della Città dello Stretto.

Paolo Cicciù *

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«Mister, ogni minuto ci sono i ragazzi che giocano». Il whatsapp di Christian è farcito di emoticon con cuoricini e facce che ridono. Lui vive in un casermone che fa da “spalti” al nuovo campetto di Arghillà Nord. Tra i colossi di cemento, infatti, è (ri)sorto uno spazio libero, in terra battuta. Un luogo vintage che, però, profuma di novità. Era un canneto, poi trasformato in ricettacolo di furti, una sorta di deposito, e – infine – divenuto discarica a cielo aperto.

Storie di ordinaria marginalità, ai confini di una Città metropolitana che – grazie all’iniziativa dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) – è riuscita a intervenire con una bonifica mai vista prima: l’immondizia, spesso bruciata, che costeggiava il ciglio stradale è stata rimossa così come sono stata (ri)accese le lampadine dell’illuminazione pubblica. Infine, anche quel campetto è stato realizzato grazie a uomini e mezzi della Pubblica Amministrazione. Un regalo che i ragazzi di Arghillà avevano iniziato, in verità, a impacchettarsi da soli: armati di pale e rastrelli avevano avviato la fase di bonifica del terreno comunale assieme ai volontari del Csi che, in virtù del progetto “Lavoro di Squadra” con Action Aid e il Consorzio Macramé, sta “giocando” con venti adolescenti del quartiere. «Ragazzi fuori», per parafrasare il titolo di un film anch’esso vintage, dal circuito scolastico e lontani dal cercare (e trovare) una prima occupazione legale.
 
La grande forza dell’idea dell’Anm è stata quella di far uscire i magistrati dagli uffici giudiziari. Uomini dello Stato che si sono «contaminati» con le forze positive del territorio: svestita la toga e indossata la tuta sono stati i primi a proiettare l’attenzione collettiva proprio su Arghillà, quella che alcuni media nazionali (a ragione) avevano definito «la terra di nessuno».
 
Adesso Arghillà è di qualcuno: è di Christian, di Stefano, di Mimmo, di Eleonora e di tanti altri. Residenti e non: Arghillà è «cosa di tutti». E per questo è necessario dare seguito alla straordinarietà del 22 maggio con azioni concrete e continuative. Occorre varare un piano–speciale, coinvolgendo la città, ma anche il Paese; saper intercettare i fondi pubblici e privati, per proseguire sul cammino appena iniziato. Dal potere dei sogni alla forza dei segni, il passo può e deve essere breve. Ognuno secondo la propria vocazione.

Arghillà Nord, quel Largo Modenelle adesso (ri) nominato piazza Don Italo Calabrò, deve diventare il simbolo della rinascita di tutti i reggini onesti. Il fallimento, come la legge dello sport insegna, è – però – dietro l’angolo. Basta cullarsi troppo dei risultati ottenuti. Reggio, il 22 maggio, ad Arghillà non ha vinto. Forse ha solo pareggiato i conti con la propria coscienza.
 
* Presidente Csi Reggio Calabria

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