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Potrebbe sembrare un evento non molto importante l’intestazione di una strada cittadina, soprattutto oggi che le città sono spesso afflitte da un numero elevato di problemi dinnanzi ai quali la toponomastica potrebbe apparire secondaria se non addirittura superflua. Così non è, se per città non si intende solo un complesso urbano, né l’insieme dei suoi abitanti, se si ritiene che Città è anche lo spazio dell’abitare.
In questo senso, accanto ad esigenze di altro tipo, si posiziona quella – non solo simbolica – della toponomastica che lavora per attivare luoghi permaneti della memoria; e la cosa è ancora meno marginale se il nuovo titolare della via si chiama Vittorio Bachelet. Nome noto, soprattutto alle generazioni meno giovani, perché legato a doppio filo alla vita nelle istituzioni come l’università, come il Consiglio superiore della Magistratura, come l’Azione cattolica.
Bachelet, nato a Roma nel 1926 e morto martire del terrorismo il 12 febbraio 1980, non è solo stato un importante giurista e professore universitario che ha con la propria riflessione proposto un modello nuovo nel modo di concepire l’amministrazione e dunque un rapporto Stato-cittadino diverso, non è stato solo una delle figure principali, tra quelle legate ad Aldo Moro, che nella Democrazia cristiana riflettevano sul tipo di impostazione politica per l’Italia del dopoguerra, non è stato solo il Vice-Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura dando prova dell’equilibrio e della caratura istituzionale, non è stato solo il presidente dell’Azione cattolica che ha segnato un modo di vedere l’azione del laicato dopo il Concilio, Bachelet è stato tutto questo riuscendo a eleggere la coerenza della sua persona con l’azione del suo partecipare alla vita del Paese. In questo è divenuto un modello e un punto di riferimento per tante generazioni
Appare dunque molto opportuna la decisione del Comune di Reggio Calabria di intestare una via a questo personaggio che con Reggio, e questo forse è meno noto ma importante, ha mantenuto un significativo rapporto attraverso l’Istituto Superiore di Studi Politici (ISESP) presso il quale ha insegnato in diverse occasioni sin dai primi anni di fondazione dell’ISESP. Basterà ricordare la sua presenza ai due Convegni del 1973 e del 1975 su P.A. sviluppo e formazione dei quadri.
Non occasioni isolate né un contributo marginale questo che Bachelet ha profuso anche nella realtà reggina ma rientrante in quel tentativo mai interrotto, da parte dell’ISESP, di contribuire alla riflessione sulla qualità e il livello politico del territorio. Se Città significa lo spazio dell’abitare, Via Bachelet può essere un ulteriore modo non solo di ricordare Bachelet ma di proporre il ‘modello Bachelet’ e quello che può rappresentare. Può essere non solo esercizio di memoria ma anche progetto di futuro.
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