
Marina Casini: «Difendere la vita, scelta e responsabilità»
In questa intervista esclusiva, la presidente del Movimento per la Vita richiama alla necessità di un dialogo costruttivo con i giovani per difendere la dignità umana.
Le battaglie ideologiche sull’eutanasia, male evitabile. Medici cattolici, il presidente della sezione di Reggio Calabria prova ad approfondire il tema. Singer, Enghelard e Newmann sono le guide della riflessione.
Con il termine eutanasia si intende l’anticipo della morte. Si distingue il suicidio medicalmente assistito, dove la decisione finale spetta al paziente, dall’eutanasia dove la decisione finale spetta a terzi. L’atto eutanasico può essere compiuto, nella sua specifica decisione finale potrebbe essere compiuto dallo Stato. Donde nasce tale decisione?
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Probabilmente da una società non più in cammino per essere comunità, cioè non adeguatamente disposta verso l’etica della cura, verso il fare rete a sostegno dell’altro, verso l’essere persone in fieri, con ethos condiviso di riconoscimento reciproco in parità di dignità entro spazi interpersonali di crescita comunitaria secondo criteri umani di solidarietà e sostegno reciproco.
Il suicidio medicalmente ricade nell’articolo 579 del Codice penale che punisce l’omicidio del consenziente con una pena prevista da 5 a 15 anni di reclusione e configurando, pertanto, il reato di istigazione o aiuto al suicidio. Il referendum lanciato dall’associazione “Luca Coscioni”, nell’estate dello scorso anno e mirante ad abolire tale articolo del codice penale è stato comunque ritenuto dalla Corte Costituzionale non valido perché la vita della persona umana non è mai un bene disponibile.
In caso contrario ci si ritrova sulla linea culturale del quadro bioetico libertario di Singer ed Enghelard i quali, negando che tutte le persone appartengano alla specie umana erroneamente ritengono che determinati quadri clinici escludano dall’appartenenza alla umana dignità. Tali pazienti, secondo tale visione ideologica, sono così resi di fatto, disponibili alla volontà e gestione di altre persone ritenute, invece, arbitrariamente come le sole appartenenti alla specie umana.
Codesto referendum avrebbe voluto portare in Italia un autentico diritto a morire che invece, di fatto non esiste. Infatti, poiché ai diritti di qualcuno corrispondono i doveri di altri, il sanitario dovrebbe avere consequenzialmente, a sua volta, il dovere di uccidere su richiesta, il che è assurdo: nessun medico può su richiesta del paziente o dello Stato, avere un tale dovere che offenderebbe la sua stessa deontologia professionale.
PER APPROFONDIRE: Il Papa sull’eutanasia: «La vita è un diritto, non la morte»
Spesso si confonde accanimento terapeutico che è prolungamento dell’agonia con l’ eutanasia che è anticipo della morte, ma ogni medico, conoscendo razionalmente le specifiche differenze tra le due condizioni cliniche ed esistenziali, secondo scienza e coscienza, sa sempre distinguere, a partire dalle inferenze scientifiche, dalla pratica clinica concreta e quotidiana, da certezze spesso tacite, nella sua ragione prudenziale dell’hic et nunc, le giuste ragioni per ogni scelta corretta di cure proporzionate.
Il nostro codice deontologico ci è sufficiente, e non abbisogna né di dispositivi soggettivizzanti di legge costruiti ad hoc, né di algoritmi procedurali comandati da un’ intelligenza artificiale, perché come diceva il cardinale Newmann nella sua «grammatica dell’ assenso»: ogni essere umano sa sempre giudicare secondo ragione e coscienza, sulla verità della realtà, nella libertà, a partire da determinate deduzioni, che, per noi medici appartengono, ovviamente, alla storia clinica ed esistenziale del paziente nella sua insostituibile unicità di persona, ovvero con “senso illativo”.
* presidente Amci Reggio Calabria
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Il convegno regionale svolto nel segno del commovente ricordo della dottoressa Romeo scomparsa recentemente in circostanze drammatiche.