Il rischio delle disabilità costrette nelle aule virtuali
Bes, una perdita di contatti umani
Tatiana Muraca
2 Giugno 2020
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Viviamo in un periodo storico in cui tutto è messo alla prova: la vita sociale, le abitudini, le paure. In pochi mesi il cambiamento si è fatto sempre più prepotente, un mutare delle cose dovuto all’emergenza sanitaria che ci ha investiti. L’insegnamento ha subìto un contraccolpo significativo quando a seguito della chiusura delle scuole si è iniziato a pensare ad una nuova didattica. La Dad (Didattica a Distanza) ha pro e contro; di questo, ce ne parla meglio Antonella Puntillo, già dirigente scolastico all’Istituto comprensivo Galluppi– Collodi – Bevacqua di Reggio Calabria, dirigente comandato presso l’università Mediterranea e presidente Andis (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici) Calabria. Secondo la dirigente Puntillo, la didattica a distanza non ha nulla a che vedere con quella tradizionale, ma va considerata solo come un’alternativa visto il momento che stiamo vivendo. «La didattica è interazione, socialità, è condividere con l’altro – parole di Antonella Puntillo – Dunque dal punto di vista pedagogico–didattico la distanza è fallimentare». Come specifica la docente, i ragazzi con disabilità gravi hanno bisogno di un percorso duale con il docente: nello specifico, soprattutto per i giovani affetti da sordità, per gli ipovedenti, per tutti coloro che soffrono di un ritardo cognitivo importale, è fondamentale il rapporto umano, visivo e tattile. Gli iperattivi e i Dsa, poi, necessitano di una didattica personalizzata, fatta di strategie particolari. «Si apre, ancora – aggiunge la professoressa Puntillo – il vasto scenario dei giovani che vivono uno svantaggio sociale ed economico. Tale condizione non permette loro di usufruire di strumenti informatici e in molti sfuggono dalla scuola. Nel periodo di isolamento sociale imposto dalla pandemia, tantissimi sono stati gli alunni, specialmente i più grandi di età, a sfuggire all’apprendimento online. Tralasciando le scuole superiori, dove pare che la DaD funzioni meglio, una buona parte di istituti italiani non ha potuto attivare la procedura per i ragazzi con disabilità». Come spiega Antonella Puntillo facendo l’esempio delle scuole dell’infanzia, è fondamentale il rapporto emotivo creatosi con gli insegnanti ed il gruppo di pari. A causa della DaD, però, viene meno il clima della classe ed il contatto con i docenti. «Ci sono bambini – continua la docente – come quelli soggetti ai disturbi dello spettro autistico, che sono molto metodici: l’insegnante di sostegno, infatti, deve stare attento a gestire ogni minimo cambiamento. Pensando in prospettiva futura, alla possibile riapertura delle scuole, questo rappresenta un problema significativo, in quanto anche dal punto di vista sociale tutto è cambiato». Parlando di Bes, in definitiva, le attività di gruppo, tra cui quella scolastica, non fanno altro che aiutare, «pertanto questi alunni speciali dovrebbero essere i primi a tornare in classe, ovviamente dotati di tutti gli strumenti utili. Come Andis – conclude Antonella Puntillo – abbiamo già avviato alcune proposte per il reinserimento dei ragazzi nelle scuole, ma la situazione è ancora troppo incerta per poter prevedere qualcosa».
Si parla tanto (e spesso a sproposito) di diritti e inclusione: ma Reggio Calabria è diventata una città a misura di persona con disabilità? A sentire i diretti interessati sembrerebbe proprio di no: il binomio autonomia e disabilità è quanto mai lontano nonostante gli sforzi fatti dalla politica.
Abbandono scolastico, violenza minorile, il rapporto con le famiglie, sono solo alcune delle emergenze al centro dell’incontro con il direttore generale dell’Usr, Antonella Iunti.
Non un catechista ma un vero insegnante. Il direttore diocesano spiega come cambia il ruolo del docente di religione cattolica all’interno del mondo della scuola.
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