Diocesi: Siena, il 7 ottobre il card. Lojudice guiderà il Rosario per la pace
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L’integrazione e il recupero sociale dei detenuti passano attraverso lo sport e vanno a meta. Il progetto “Rugby oltre le sbarre” approda nella casa di reclusione di Ranza a San Gimignano dopo aver già affondato le radici nella casa circondariale Le Sughere di Livorno. I detenuti hanno così la possibilità di allenarsi e di conoscere il mondo del rugby, nonostante la misura restrittiva cui sono sottoposti. Giocano, si allenano, partecipano a campionati affrontando anche lunghe trasferte. Possono pure prendere parte a corsi per ottenere la qualifica di arbitro. Centrali nel progetto i valori educativi del rugby: il rispetto delle regole, dell’avversario, dell’arbitro, il sostegno del compagno.
Il progetto è stato presentato oggi nella sala del Consiglio del Comune di San Gimignano alla presenza delle istituzioni comunali e regionali, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, della Polizia penitenziaria, di esponenti della Federazione italiana rugby, del Comitato regionale Toscano rugby, del settore Sport e salute insieme a referenti delle squadre Old toscane Rugby.
“Allenamento, condivisione e soprattutto ‘il terzo tempo’ nel rispetto del più profondo valore del rugby – ha sottolineato il sindaco di San Gimignano, Andrea Marrucci –. Crediamo fortemente in questo progetto che potrà far vivere ai detenuti momenti formativi all’insegna dello sport di squadra. I veri valori del rugby saranno fondamentali per il percorso di recupero sociale dei detenuti. Per questo la nostra Amministrazione, sempre attenta a ciò che accade nella Casa di reclusione di Ranza, sostiene e condivide le finalità di questo progetto”. “Sappiamo quanto lo sport sia un fattore di benessere e di crescita personale e collettiva – ha detto Serena Spinelli, assessora regionale alle Politiche sociali –. Per i detenuti far parte di una squadra di rugby, gli allenamenti, la condivisione delle regole e dell’impegno in campo, è una opportunità preziosa di salute e di nuove motivazioni, favorendo quindi la prospettiva di reinserimento sociale e la finalità rieducativa della detenzione, che deve essere sempre il primo obiettivo”.
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