Avvenire di Calabria

Irrisolti emotivi, invadenza delle famiglie di origine e assenza di dialogo: così esplodono i conflitti in famiglia

Come affrontare i conflitti in famiglia? Parola agli esperti

«Non partire sempre all’attacco dell’altro» è il consiglio della consulente, «mettere subito i paletti» dice lo psicologo

di Davide Imeneo e Federico Minniti

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Irrisolti emotivi, invadenza delle famiglie di origine e assenza di dialogo: così esplodono i conflitti in famiglia. Giovanna Macrina è una consulente che prova a ricucire gli strappi di coppia «Non partire sempre all’attacco dell’altro» è il suo consiglio.

Conflitti in famiglia, la mediatrice: «Lavorare sulla capacità di ascolto dell'altro»

Conflittualità in famiglia: come prevenirle? E se si arriva “in ritardo” come curarle? Ne parliamo con Giovanna Guarna Macrina, consulente familiare del Consultorio familiare diocesano Raffa.

Quali sono le principali cause delle conflittualità familiari che hai riscontrato nella tua esperienza come consulente familiare?

Io prevalentemente seguo coppie o singoli per problemi di coppia. Nelle coppie si riscontrano difficoltà di comunicazione, comunicazioni distorte, incomprensioni reciproche, stanchezza della routine quotidiana, problemi con i figli, mancato distacco dalla famigli di origine e casi di infedeltà di uno dei due partner: quest’ultime sono le più difficili da affrontare.


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Quali sono le strategie o gli approcci che consigli alle famiglie per affrontare e risolvere le loro conflittualità in modo costruttivo?

Le strategie consigliate possono essere diverse a seconda della coppia che ho davanti. È importante, innanzitutto, il mio atteggiamento nei loro confronti, che deve essere accogliente, mai giudicante, di attenzione a non creare alleanze con uno dei due partner. Insomma essere imparziale. Inoltre è importante essere attenta osservatrice del loro comportamento: chi parla per primo? Come si siedono? L’uno rispetta l’altro? Durante il colloquio bisogna cogliere le rispettive capacità di ascolto così come le piccole attenzioni se se le saranno date e le comunicazioni non verbali. Dopo i primi incontri, anche individuali, per narrare la storia personale, si propongono degli strumenti di lavoro, quali può essere la scala dell’amore o la visione di immagini di coppie nella quali possono ritrovarsi, che aiutino e guidino all’autoascolto e all’ascolto reciproco. Delle proprie emozioni, dei propri bisogni e dei propri desideri. In caso di bisogno, poi, si possono utilizzare altri strumenti che aiutino a modificare le dinamiche relazionali, per condurli verso un dialogo costruttivo.

Quali sono i principali errori o atteggiamenti da evitare quando si affrontano i conflitti familiari?

I principali errori o atteggiamenti da evitare sono il colpevolizzare l’altro o l’altra della situazione di crisi. Io consiglio sempre di cominciare a guardare se stessi e vedere cosa si può cambiare dei propri atteggiamenti e, soprattutto, nel proprio modo di guardare all’altro o altra. È importante capire che bisogna lavorare su se stessi e aiutare, inoltre, i due partner a leggere le ferite, le fragilità e i bisogni dell’altro o dell’altra e avere, in questo, uno sguardo di misericordia.


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Quali sono i segnali che indicano che una famiglia potrebbe aver bisogno di cercare l’aiuto di un consulente familiare?

I segnali che indicano che si potrebbe avere bisogno di aiuto possono essere la chiusura, la mancanza totale di dialogo o una comunicazione distorta che porta a frequenti litigi. È consigliabile non appena si ravvisano questi segnali, chiedere subito aiuto prima che la situazione si incancrenisca e si sollevino muri di rancore, di risentimento, di ripicche.

Quali consigli o suggerimenti puoi offrire alle famiglie che desiderano coltivare relazioni familiari sane e armoniose?

Consigli e suggerimenti non sono facili, anche perché le situazioni e le persone sono diverse e diversi sono i bisogni e i desideri. Posso suggerire che è importante quando l’altro o l’altra fa o dice cose sulle quali non si è d’accordo cercare subito un dialogo non accusatorio, ma esprimendo le proprie emozioni e il proprio pensiero per tentare di arrivare insieme ad un accordo. Il “non detto” nella coppia, nella famiglia, è molto pericoloso. Inoltre, è indispensabile in famiglia fare un percorso che abitui al perdono reciproco. Sempre dobbiamo perdonare. Il perdono per essere autentico deve essere fatto con tutto il cuore e questo non è per niente facile. Per ultimo trovo essenziale nella vita della coppia e della famiglia non dimenticare mai di mettere in pratica le tre parole che spesso ci indica papa Francesco: «Grazie, scusa, permesso».

Lo psicologo: «Le famiglie d’origine tra invadenza e affetto. Stabilire subito i limiti»

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Adulti fragili, coppie fragilissime: come sono i genitori 4.0? Che fatiche li attraversano?

Oggi i genitori sono una categoria molto composita, ma se volessimo individuare alcuni punti in comune che interessano a tutti i genitori, questi mi paiono essere la confusione e il disorientamento. I genitori di oggi sono confusi e disorientati ed è comprensibile. Siamo tutti immersi in un modo che cambia di continuo e il cambiamento continuo genera confusione e smarrimento, disorientamento. Ciò che è ritenuto valido oggi non sappiamo se lo sarà ancora da qui a qualche mese. I genitori reagiscono al cambiamento continuo in vari modi, ci sono quelli che provano a resistere e ripropongono in modo quasi inalterato il modello educativo dei propri genitori, senza aggiornarlo al presente. Altri genitori, presi da un’ansia permanente, sono iperprotettivi nei confronti dei figli fino a sostituirsi a loro, che poi è il miglior modo per renderli profondamente insicuri e fragili. Poi ci sono i genitori che si lasciano andare e così lasciano fare ai figli, al massimo distrattamente delegano il compito educativo ad altri genitori. Infine ci sono i genitori più attenti, capaci, che hanno il senso dell’essere genitori e sono genitori che cercano di leggere il tempo presente, che non si disorientano perché hanno dei punti di riferimento. Fermi, stabili, validi per ogni epoca, utili per fare chiarezza nella confusione e sulla base di quelli declinano il compito educativo. I genitori non possono fermare il cambiamento, ma possono gestirlo e se non sanno fare lo possono imparare.


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C’è un pensiero che si sta radicando che indica i figli come “ostacoli” per la felicità individuale e di coppia. Lei riscontra questa tendenza? 

Sì, sembra che oggi certe volte un figlio si vissuto come un impiccio. E ci sono anche coppie che scelgono di non avere figli. È un fenomeno che ci dovrebbe interrogare anche sotto il profilo psicologico. Secondo me dobbiamo partire da un punto fermo, l’essere umano non può esistere a prescindere dalla dimensione relazionale e dalle sue dinamiche. Siamo fatti e viviamo anche di relazioni. Da ciò discende e che non può esistere felicità che non consideri gli altri, figli compresi. Non si può essere felici da soli. La felicità non è una condizione di vita, data una volta per tutte. È un percorso da realizzare giorno dopo giorno, a partire dalle piccole cose, dai piccoli gestiti, dalle attenzioni verso l’altro. Avere un figlio comporta gioie, felicità, cambiamenti, fatica, sacrificio. Questo è uno dei paradossi in cui ci dibattiamo, vorremo essere felici senza fare la fatica necessaria per conquistarla la felicità, ma non è possibile. Allora ci accontentiamo dell'effimero che ci lascia infelici. Un figlio è anche quella fatica necessaria per rendersi felici. Un figlio non è un ostacolo, ma in una parte consistente del percorso che ci può portare alla felicità.

Quante volte, invece, sono i conflitti tra coniugi a comportare traumi gravi per la felicità (e il benessere) dei figli?

L’ascolto di tanti genitori e figli mi ha fatto capire che dietro un figlio che sta male, ci sono dei genitori che stanno peggio e non a causa dei figli. Allora da cosa deriva il problema? Secondo me, ognuno di noi, nelle relazioni, nei rapporti, porta se stesso, con le sue bellezze e anche le miserie di cui siamo capaci. Nei rapporti, compresi quelli coniugali, portiamo quelli che io chiamo “irrisolti”. Per “irrisolti” intendo le esperienze che fin da bambini, ma non solo, ci hanno lasciato una ferita, una segno profondo nella nostra psiche. Se nel percorso di crescita non curo, non faccio i conti, con le mie ferie, con i miei “irrisolti”, queste mi condizioneranno nel rapporto con gli altri, talvolta anche pesantemente, arrivando persino a determinare il mio modo di essere e i miei comportamenti. I modi di pensare, le mie scelte e le mie decisioni. Quando i coniugi portano nel rapporto di coppia i loro “irrisolti” e di cui spesso possono essere inconsapevoli, allora la conflittualità è dietro l'angolo, e i figli ne sono le prime vittime incolpevoli. I coniugi che vogliono essere persone e genitori responsabili preventivamente o alle prime avvisaglie, guardino in faccia i propri “irrisolti", li affrontino, li risolvano senza causare sofferenze che possono diventare gravi traumi nei figli.

Infine, come gestire il rapporto con le famiglie di origine e come queste possono essere “tossiche” per la vita delle nuove coppie?

In Italia i rapporti disfunzionali che le coppie intrattengono con le famiglie d’origine sono la prima causa delle separazioni coniugali. Infatti è un tema che tratto quando sono invitato a tenere incontro con i fidanzati che si preparano al matrimonio. La disfunzionalità del rapporto consiste nell’ingerenza dei genitori nella vita delle giovani coppie. E l’ingerenza è giustificata, si fa per dire, dalla dipendenza affettiva, economica oppure organizzativo del figlio invaso nei confronti del genitore invasore. Siamo in presenza di figli che non hanno ancora realizzato lo svincolo, ovvero il processo di autonomia nei confronti della famigli d’origine. Questo è un esempio di irrisolto che le coppie possono portare dentro il loro rapporto. Ma come gestire la situazione? In sintesi si possono fare i seguenti passi: rendersi pienamente autonomi sotto ogni aspetto, quanto prima possibile; evitare di sottostare ai ricatti affettivi e alle colpevolizzazioni che il genitore invasore può attivare; affrontare. In particolare, affrontare - delimitare - il genitore invadente è compite che tocca al figlio invaso senza lasciare che sia l’altro componente della coppia a prendere l’iniziativa. E poi è importante frequentare, osservare e ascoltare, prima del matrimonio, i genitori di lui o di lei per conoscere e verificare se sono potenzialmente invadenti e, infine, stabilire un accordo prima del matrimonio sui confini invalicabili che devono essere eretti a difesa da entrambi. Tutto questo non esclude l’amore per i propri genitori, significa gettare le basi per un solido rapporto di coppia e esserne felici.

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