Avvenire di Calabria

L'appello condiviso da tutti è «io resto a casa», ma quanto quelle quattro mura diventano una prigione di brutalità: cosa si deve fare?

Covid-19 e violenza sulle donne, l’operatrice: «Vuoto normativo»

Redazione Web

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Una piattaforma unica nazionale legata al 1522 per garantire un livello di ascolto e assistenza di base per le donne che subiscono violenza da parte delle operatrici dei centri sul territorio e una dotazione materiale di mascherine e guanti per continuare a mantenere attive in modo contingentato le sedi dei centri antiviolenza. Secondo Marta Picardi, operatrice di accoglienza del centro antiviolenza «Roberta Lanzino» di Cosenza inserito nella rete nazionale D.i.Re, sono questi i due strumenti necessari per non lasciare indietro le donne che subiscono violenza in questa fase di emergenza coronavirus.

«Mentre iniziava l’emergenza, qui a Cosenza c’è stata una forte scossa di terremoto che ha leggermente lesionato la nostra sede- racconta Picardi- Abbiamo chiuso aspettando i vigili che venissero a visionare l’edificio, poi siamo rimaste in sospeso. Dopo il primo decreto del Governo per il contenimento del virus abbiamo deciso di chiudere al pubblico, ma restare in sede a rispondere al telefono. Con l’ultimo abbiamo deciso che le operatrici non sarebbero piu’ andate in sede e ci siamo lasciate la reperibilità telefonica con la linea di emergenza h24 che risponde al numero: 3298981723. Garantiamo accoglienza telefonica e ascolto, mentre i colloqui sono rimandati almeno fino al 3 aprile. Le donne che hanno iniziato un percorso stabile al centro, invece, le stiamo sentendo anche con videochiamate.

Anche al Cav «Roberta Lanzino» di Cosenza, dove nel 2019 sono state accolte 110 donne, «le chiamate sono calate dall’inizio dell’emergenza e la preoccupazione è che si creino situazioni abnormi, perché in questo momento molte donne pensano che è meglio sopportare e non far esplodere partner violenti. Abbiamo il timore che ci sia un incremento di femminicidi e violenze domestiche che non verranno denunciate». Tra gli aspetti presi in esame dal decreto, poi, «c’è la separazione, con una clausola che garantisce il rispetto delle sentenze. È molto generica e nei casi particolari che seguiamo noi, si creano delle complicazioni. Molte dopo la separazione tornano a casa con la mamma anziana e se il bambino viene preso dal padre che magari lavora in un supermercato potrebbe essere piu’ esposto, tornare a casa e contagiare la nonna, che è l’unico aiuto della donna. Ma con l’uomo violento non c’è buon senso e mediazione e su questo ambito non c’è mai la giusta attenzione, quindi il coronavirus può diventare uno dei tanti terreni con cui questi uomini continuano ad esercitare violenza».

Dalle istituzioni «non abbiamo avuto indicazioni e linee guida, né dispositivi di sicurezza, ci aspettavamo almeno una comunicazione dalla Regione che ci finanzia». «Andrà tutto bene», è la frase che, in linea con il messaggio di ottimismo lanciato in tutta Italia con striscioni e post-it, Marta Picardi intende lanciare alle donne: «Devono sapere che possono anche in questo momento mettersi in salvo se hanno bisogno di farlo perché ci siamo noi. E anche se i servizi non sono di persona, sono organizzati per esserci, sia per chi vuole scappare sia per chi vuole parlare. La violenza si combatte sempre, i nostri presidi non possono smettere di esistere». Per questo, secondo l’operatrice, sarebbe utile una «piattaforma unica nazionale in grado di garantire un livello minimo a tutte le donne, data la grande disomogeneità territoriale; pensare di fornire alle operatrici una dotazione minima per continuare a ricevere la chiamate e incontrare le donne, soprattutto quelle che hanno bisogno di consulenza legale o psicologica, difficile da portare avanti al telefono».

L’#iorestoacasa potrebbe essere vissuto da molte come un «#comerestoacasa, perché se fuori non è sicuro e dentro non lo è, questo ha un grosso impatto psicologico su donne traumatizzate. Per questo- conclude Picardi- bisognerebbe accelerare i provvedimenti cautelari, gli allontanamenti, e fare in modo che se una donna è in pericolo stia a casa e sia l’uomo a doversi allontanare».

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