
Autismo e scuola: «Costruire relazioni è il primo passo verso l’inclusione»
La professoressa Annamaria Curatola, docente e formatrice, analizza il significato profondo dell’inclusione scolastica per gli studenti con disturbo dello spettro autistico
I nonni rappresentano una grande risorsa per le nostre famiglie: il loro donarsi quotidiano permette ai genitori di avere un valido sostegno nell'educazione dei figli. E ai nipoti fa scoprire un altro valore quasi dissolto nel nulla: la tenerezza.
Dice il Papa: «Donare la vita, non possederla, e questo è quello che fanno le madri». Con poche parole Francesco ci aiuta a cogliere il senso della vita mettendo insieme il significato del «donare la vita» con la tenerissima rappresentazione della donna (madre) che genera, meraviglioso mistero della procreazione che Gesù spiega ai discepoli durante l’Ultima cena, così raccontato nel Vangelo di Giovanni: «La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo».
Il senso del «donare la vita» ha questa origine, collegata strettamente alla nascita, che non finisce col partorire un figlio, ma continua per tutta la vita della madre e del figlio. Nell’atto del donare, s’intuisce anche il sentimento di affinità con l’amore e la fede. Lo ha spiegato qualche domenica fa il papa, recitando l’Angelus da Malta, dov’era in visita: «La fede cresce nella gioia e si rafforza nel dono».
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Ma è soprattutto nel significato del senso della vita, che troviamo la relazione col donare la vita, poiché entrambe sono percezioni nate con l’uomo, con l’inizio della storia dell’umanità, che risale anche a prima delle religioni, al tempo in cui la vita era scandita dalle stagioni, determinata dal suo bisogno più elementare: l’alimentazione del corpo, cui, con l’evoluzione, ha fatto seguito anche il bisogno non secondario, ma anch’esso vitale, del nutrire lo spirito. Il valore interiore, il senso della famiglia, l’uomo l’avvertiva già alle origini, perché è con la famiglia che diventa più naturale, più facile, donare. C’è l’impulso, l’istinto che viene dalla cosa più vicina a noi, il sangue del nostro sangue.
Ma oggi possiamo ancora contare su questo impulso naturale del donare la vita? In una società segnata dal dominio del denaro, da un accentuato individualismo, dall’ egoismo, c’è ancora posto per il donare? È difficile rispondere a queste domande, che ciascuno di noi può farsi, in un tempo di smarrimento caratterizzato dalla ricerca ad ogni costo dei beni materiali. Ma se si restringe il campo del “destinatario” del dono, ci accorgiamo che tutto diventa più facile, perché la spinta viene dalla vicinanza, che è la famiglia. Donare se stessi ai figli, ai nipoti, dà più senso alla vita trascorsa, vissuta, modesta o eccellente che sia stata. Certo, ognuno è responsabile del senso della propria vita, e può decidere se ha senso donarla, oppure no.
Di mezzo c’è l’educazione familiare e cristiana per chi crede, che sono fondamentali. Ricevere in eredità valori, esempi, dedizione, gesti, presenza e lezioni sulla percezione del bene, è determinante. Tutto ciò ci collega alla dimensione importante della famiglia, verso la quale oggi ci sono poche attenzioni a livello istituzionale.
È lì, in quell’ambito, che si fonda la capacità relazionale dell’individuo, è lì che impariamo a relazionarci con il mondo e con le persone. Se penso ai miei genitori, Giuseppe e Domenica (meglio Peppino e Mimma come tutti li conoscevano) avverto la totalità del dono della loro vita.
Apprendo (e mi sono educato) quanta convinzione profonda c’era in loro nel donarsi totalmente. E questo, personalmente, mi aiuta, oltre a interrogarmi sul senso della vita, a farmi diventare naturale la predisposizione al dono nei confronti della mia sposa, di mia figlia, dei miei nipoti, avendo presente, in questa esperienza, che la logica del dono è forte se prima di ogni cosa prevede l’assenza della reciprocità. Il donare, cioè, deve avere il carattere della gratuità, come ci insegnano i vangeli. La domanda però che bisogna porsi oggi, al di fuori dalle esperienze e dalla convinzioni personali di ciascuno di noi, è se esiste ancora il dono, quantomeno la predisposizione, in una società smarrita, contrassegnata da individualismo, attratta da valori falsi o ambigui.
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La risposta non è né semplice né facile, ancora una volta ci viene in soccorso papa Francesco “l’uomo contemporaneo” più contemporaneo di tutti: «Il “dono” non è un concetto astratto, un generico richiamo al “regalo”, ma un atteggiamento e un’azione che hanno le proprie radici nel messaggio del Vangelo. Tutti, specialmente i ragazzi e i giovani, sono chiamati a fare la stupenda esperienza del dono. Si tratta di un’esperienza educativa che fa crescere umanamente e spiritualmente, aprendo la mente e il cuore agli ampi spazi della fraternità e della condivisione. Così si costruisce la civiltà dell’amore».
La professoressa Annamaria Curatola, docente e formatrice, analizza il significato profondo dell’inclusione scolastica per gli studenti con disturbo dello spettro autistico
Un evento di riflessione e confronto guidato dallo psicologo Gianni Trudu, promosso dalla Parrocchia Abbaziale S. Maria e i XII Apostoli.
La testimonianza: quando il cammino verso l’adozione diventa un’esperienza di fede e speranza condivisa.