Avvenire di Calabria

Il 16 novembre si celebra, come da tradizione, la Giornata mondiale della Filosofia. Ne abbiamo parlato con tre docenti di questa splendida disciplina: padre Gaetano Lombardo, Francesca Crisarà e Giorgio Sottilotta

Giornata della filosofia, amanti dell’Infinito e curiosi nel sapere

I primi due, in particolare, sono impegnati nell’insegnamento ai futuri presbiteri di quella che, per anni, è stata considerata «l’ancella della teologia»

di Autori Vari

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Il 16 novembre si celebra, come da tradizione, la Giornata mondiale della Filosofia. Ne abbiamo parlato con tre docenti di questa splendida disciplina: padre Gaetano Lombardo, Francesca Crisarà e Giorgio Sottilotta.

I primi due, in particolare, sono impegnati nell’insegnamento ai futuri presbiteri di quella che, per anni, è stata considerata «l’ancella della teologia».

Dalle loro parole emerge l’importanza degli studi filosofici nei percorsi di formazione al sacerdozio così come.

Nell’articolo di Sottilotta, invece, si prova a tracciare nuovi orizzonti per gli interessi “filosofici” degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado.

Oggi la Giornata della Filosofia: quale rapporto con la preparazione al sacerdozio?

di Gaetano Lombardo * - “Tutti gli uomini sono protesi per natura alla conoscenza” scriveva Aristotele, nell’incipit della Metafisica, ricordandoci che l’uomo, per sua natura, è portato a porsi delle domande e a cercare la verità: da dove ha origine il mondo? Perché l’essere e non il nulla? Chi è l’uomo? Cosa possiamo conoscere? Cosa determina la moralità di un’azione? 

Sapere nato dal genio dei greci nel VI sec. a.c., la filosofia non è altro che il tentativo di rispondere a questi e a tanti altri interrogativi fondamentali con la luce della sola ragione. Nonostante sembri attraversare oggi una grande “crisi”, poiché molti dei suoi campi di ricerca sono stati occupati dalle scienze sperimentali, essa conserva ancora per l’uomo contemporaneo un valore inestimabile: educarlo alla ricerca della verità, mai compresa definitivamente, eccedente la mente umana, dinanzi alla quale bisogna ripetere la socratica lezione: “So di non sapere” e, perciò, dialogare, interrogare, ascoltare, ricercare. 


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È in quest'ottica che bisogna comprendere il senso del percorso di studi filosofici previsto nei seminari. Già l’Optatam Totius, circa lo studio della filosofia da parte dei candidati al sacerdozio, affermava: “Le discipline filosofiche vengano insegnate in maniera che gli alunni siano anzitutto guidati all’acquisto di una solida e armonica conoscenza dell’uomo, del mondo e di Dio. […] Così i seminaristi […], potranno opportunamente prepararsi al dialogo con gli uomini del loro tempo” (OT 15).

Il documento conciliare ci fornisce le coordinate che permettono di comprendere il valore dello studio della filosofia per i chierici: armonica conoscenza dell’uomo, del mondo e di Dio; capacità di dialogare con gli uomini del proprio tempo. Il ministero pastorale, infatti, pone i sacerdoti sempre più a contatto con uomini e donne che non condividono le risposte fornite dalla fede, ai quali bisogna saper rispondere dando ragione della propria speranza (cfr. 1 Pt 3,15). 

Tale formazione filosofica, sostiene San Giovanni Paolo II, nella Pastores dabo vobis, risulta urgente e necessaria dinanzi alla situazione culturale contemporanea che esalta il soggettivismo come “criterio e misura della verità” (PdV 52). Soltanto – prosegue il santo pontefice – “una sana filosofia può aiutare i candidati al sacerdozio a sviluppare una coscienza riflessa del rapporto costitutivo che esiste tra lo spirito umano e la verità, quella verità che si rivela a noi pienamente in Gesù Cristo” (PdV 52). 

Lo studio delle discipline filosofiche nel percorso seminariale resta, dunque, imprescindibile per un’adeguata formazione dei futuri sacerdoti. Esso li rende capaci di esercitare il ministero pastorale come “servizio” alla verità, e conseguentemente, come amore alla Verità perenne che è Dio stesso.

Nella nostra diocesi, presso l’Istituto teologico Pio XI, tale servizio è stato reso validamente da tanti e tante docenti preparati/e. Due di loro vogliamo, in particolare, ricordare in questo articolo: Mons. Domenico Farias e Mons. Pietro Lazzaro. Figure eminenti del clero reggino, che come veri formatori, hanno seminato nel cuore di generazioni di sacerdoti il gusto della riflessione, esortandoli a non dare mai risposte facili, ma a mettersi sempre in “cammino verso la verità”.

* Docente di filosofia della natura presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma e di antropologia filosofica presso l’Istituto teologico Pio XI di Reggio Calabria.


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L'esperienza all'Istituto Teologico

di Francesca Crisarà * - Insegnare da molti anni all'Istituto Teologico è sempre stata per me un'esperienza professionale e relazionale  particolarmente significativa. Nel corso di questo mio impegno ho conosciuto e lavorato insieme a sacerdoti tornati già da tempo nell'abbraccio di Dio; i miei colleghi di adesso sono  miei ex alunni, cosa che mi provoca quel pizzico di orgoglio legittimo di chi si sente affiancato e superato dai propri ragazzi.

Sono una docente di filosofia: che dice sovente ai seminaristi :“Io non sono una teologa. Non mi esprimo su ciò di cui non mi intendo. Ma qualcosa di filosofia ve la posso raccontare. E vedrete quanto vi servirà”.

La vecchia storia secondo la quale la filosofia è ancella della teologia sembra ancora aleggiare tra le aule dell'Istituto con il rischio costante  di un'interpretazione superficiale che possa attivare un progressivo disamore, una lenta ma inesorabile riduzione nel tessuto formativo del ruolo dell'insegnamento filosofico.

In realtà la formazione dei futuri sacerdoti corre lungo un curricolum ricco di spunti di studio diversificati (basti pensare a tutti i settori delle Scienze umane e sociali), contributi che si incardinano nella struttura teologica. Ma la filosofia, declinata nei vari ambiti, è quella che apre strade, che insegna parole e concetti  nuovi, che si propone come esercizio continuo della ragione.

Il biennio filosofico nell'Istituto Teologico è l'opera che dissoda il terreno dove la formazione teologica troverà dimora; più profonda sarà l'azione del dissodare e preparare,  più viva sarà la speranza di un futuro raccolto. Ovviamente non è una questione di “quantità” dell'insegnamento filosofico, quanto piuttosto di un uso dello stesso per un continuo confronto fra approcci, onde superare visioni unilaterali che la banalizzazione del rapporto “ancillare” potrebbe creare.

La ragione  non è proprietà esclusiva dei filosofi, né dei teologi. La ragione, che è logos, porta con sé la relazione dei suoi  duplici significati: è ragione umana,  investigativa e discorsiva, ed è Ragione – Principio, Senso iniziale ed ultimo,  Parola  che contiene tutte le parole. Inoltre lo studio della filosofia contemporanea  è fondamentale per una conoscenza più attenta e profonda della realtà in cui tutti viviamo e in cui i futuri presbiteri andranno ad operare.

Dopo il Concilio Vaticano II la sensibilità della Chiesa e dei Pontefici in tal senso si è particolarmente accentuata: “La formazione dei sacerdoti futuri dovrà offrire orientamenti e indirizzi utili per dialogare con le culture contemporanee. La formazione umana e culturale va pertanto significativamente rafforzata e sostenuta” (Benedetto XVI, 2008).

E va rafforzato (Fides et ratio) il riconoscimento che “la teologia continua ad avere bisogno della filosofia” per i suoi rimandi continui alla forza e  alla debolezza del pensiero, alla scoperta della  post verità che tenta la delegittimazione della verità stessa, all'homo non più sapiens ma esclusivamente faber che stiamo incubando.  

* Docente di Filosofia


PER APPROFONDIRE: La non – violenza tra diritto e la filosofia all’Istituto “Lanza” di Reggio Calabria


La voce dai banchi di scuola

di Giorgio Sottilotta * - Ogni terzo giovedì di novembre si celebra la Giornata mondiale della filosofia, giornata che trova comunemente risalto nella vita dei Licei. In questa occasione sorge spontanea una domanda: ha ancora senso l’insegnamento della filosofia?

È comune sentire legare la parola filosofia allo studio fatto ai tempi del Liceo. Ma è ancora più impresso nell’immaginario collettivo pensare alla filosofia come la disciplina teorica per eccellenza, spesso ritenuta troppo lontana dalla pratica per poter essere “sfruttata” nella vita di tutti i giorni. A tal proposito, risuona nelle mie orecchie una filastrocca: «la filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale il mondo rimane tale e quale». Sarà vero? L’insegnamento della filosofia lascia i giovani tali e quali a come sarebbero in assenza di tale disciplina?

Da insegnante di filosofia potrei facilmente appellarmi a Platone o ad Aristotele e declamare la superiorità della riflessione filosofica sugli altri saperi. Ma quello che valeva 2500 anni fa oggi potrebbe risultare, a ragione, ridicolo per chi, come noi, è assuefatto da un modo “strumentale” di ragionare, ormai ben radicato nel nostro inconscio, che anche negli studenti trova manifestazione in affermazioni del tipo: «faccio questo perché mi serve», «studio di più questa disciplina perché mi servirà di più per l’Università e in vista del lavoro che voglio svolgere», oppure, ancora più tragicamente, «Non ho tempo… oltre allo studio devo andare a inglese due volte a settimana e poi ai corsi per superare i test di medicina». Ecco la “ragione strumentale” (banalizzo): lo faccio perché mi serve per qualcosa che poi mi servirà. Ma nel frattempo… la vita scorre.

Scrivo questo articolo rientrato a casa dopo aver offerto gli ultimi chiarimenti su Hegel. Ho dedicato parte della lezione a restituire agli studenti, “attoniti” di fronte al complesso sistema hegeliano, il senso di quanto detto nelle ultime lezioni. Obiettivo: trasmettere a chi avevo di fronte il valore delle espressioni “spirituali” (riprendendo Hegel: arte, religione e filosofia) che hanno fatto la storia dell’umanità e che oggi vengono spesso trattate come un “di più” superfluo o una perdita di tempo. Tale obiettivo, ancor più che propedeutico allo studio di Hegel, nasceva da una “mia” esigenza: chiedere agli studenti se dedicassero tempo alla cura della propria spiritualità, della propria persona, al di là delle “cose da fare”. La risposta è stato un silenzio carico di imbarazzo, forse anche di riflessione, unito a qualche cenno di negazione.

Ecco allora un possibile senso dell’insegnamento della filosofia: “costringere” gli studenti al travaglio della domanda. Al di là di ogni idealizzazione, il senso dell’insegnamento della filosofia penso riposi anche nell’offrire un’opportunità a generazioni la cui vita spesso si gioca tra un’eccessiva frenesia e un senso di vuoto continuamente in cerca di riempimenti occasionali: l’opportunità è semplicemente quella di “fermarsi”, abbracciare il dubbio e, magari, ricentrare la propria esistenza. 

* Docente di Filosofia

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