Avvenire di Calabria

Il docente universitario e ricercatore della Mediterranea analizza la crisi ambientale già in atto in Calabria

Rischio desertificazione, la Calabria chiede aiuto: parla Giuseppe Bombino

L'esperto di idraulica agraria e difesa del suolo avverte: «Suolo compromesso, fiumare aggredite e coste erose contribuiscono ad alimentare il fenomeno nella regione»

di Francesco Chindemi

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In Calabria non si parla di rischio futuro, ma di una crisi ambientale già in atto. Quasi il 30% del territorio italiano è a rischio desertificazione e la nostra regione, fragile per morfologia e carenze strutturali, è tra le più esposte.



In occasione della Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione, il professor Giuseppe Bombino, docente di idraulica agraria e difesa del suolo all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, lancia l’allarme: fiumare aggredite, aree interne abbandonate, incendi e cementificazione stanno accelerando il collasso del territorio. Ecco l'intervista esclusiva rilasciata ad Avvenire di Calabria.

Ascolta l'episodio del Podcast Good Morning Calabria col professor Giuseppe Bombino🎙️👇

Professore, la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione punta i riflettori su un fenomeno globale. Ma in Calabria, quanto è già realtà questo rischio?

Attualmente, oltre il 28% del territorio italiano è a rischio desertificazione. In Calabria, il fenomeno interessa l’intera regione, soprattutto le aree più antropizzate. I segni del degrado si manifestano in forme diverse e spesso estreme: «dall’erosione alla salinizzazione, dalla compattazione alla contaminazione, all’impermeabilizzazio-ne ». I cambiamenti climatici aggravano ulteriormente la situazione, colpendo suoli già compromessi da un uso non sostenibile. La progressiva degradazione del suolo e la desertificazione riducono la superficie coltivabile, con gravi ripercussioni sull’agricoltura.

Lei ha spesso parlato della “terra che si consuma in silenzio”. Quali sono i segnali più evidenti — ma spesso ignorati — del degrado del suolo nei nostri territori?

Il suolo è una risorsa che accoglie, sostiene e alimenta la vita. La sua degradazione e l’alterazione degli equilibri fisico-chimici e biologici compromettono questa funzione. Abbiamo verso il suolo un atteggiamento predatorio, trattandolo come elemento sterile, inerte. Ma non è così! I segnali del degrado sono vari: occupazione, consumo e impermeabilizzazione del territorio, sversamento di sostanze inquinanti, abusivismo edilizio, anche su aree costiere o vicine ai corsi d’acqua. Le conseguenze non sono solo fisiche, ma comportano l’interruzione delle connessioni vitali del suolo e l’alterazione dei processi che regolano la circolazione delle acque, fino all’inquinamento delle falde.

Qual è il ruolo delle aree interne, delle fiumare e delle zone collinari nella resilienza ambientale? Stiamo facendo abbastanza per tutelarle?

Le aree interne sono fondamentali per il presidio del territorio. La storia della Calabria, mostra come la degradazione del suolo e il dissesto idrogeologico avanzano insieme allo spopolamento. Le fiumare, in una visione integrata tra ambiente terrestre, costiero e marino, costituiscono un continuum ecologico, connettendo entroterra e costa anche attraverso il trasporto dei sedimenti che nutrono le spiagge. Ma anche qui l’intervento umano è stato dannoso: spopolamento, abbandono del territorio, cementificazione e costrizione delle fiumare, abusivismo sulle coste. Tutto ciò ha favorito l’erosione costiera, interrompendo gli equilibri naturali. Siamo ancora lontani da una piena consapevolezza nelle azioni di tutela del suolo, nonostante il quadro normativo lo preveda.

Gli incendi boschivi, sempre più frequenti e intensi, accelerano il degrado del suolo. In che modo questi eventi si collegano al rischio di desertificazione in territori fragili come quelli calabresi?

Gli incendi forestali causano gravi danni ambientali ed ecologici, lasciando pendici e versanti denudati esposti a erosione e dissesto idrogeologico, segni della degradazione del suolo e della desertificazione. La Calabria, tra le regioni più “instabili” d’Italia, soffre per l’assenza della protezione boschiva dopo gli incendi, causa primaria di dissesto in un contesto già fragile. I boschi, grandi regolatori del clima, assorbono anidride carbonica: conservarli e rafforzarne la resilienza è fondamentale per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

La gestione dell’acqua è un nodo cruciale: invasi, agricoltura, forestazione. Quali soluzioni concrete oggi possiamo mettere in campo per invertire la rotta?

La scarsità d’acqua è un problema globale che inciderà anche sulle migrazioni. In Calabria, con 750 km di costa, una soluzione concreta è la dissalazione: rendere utilizzabile l’acqua di mare o salmastra per le attività umane. La Spagna è leader in Europa con il 68% degli impianti (oltre 700). In Italia, la legge “Salvamare” del 2022 la consente solo in casi eccezionali. Il costo energetico incide per quasi il 40% sul prezzo dell’acqua.


PER APPROFONDIRE: Siccità in Calabria, Coldiretti: «Serve un nuovo patto per l’acqua che metta al centro i territori»


Un’azienda canadese ha sviluppato un sistema alimentato dal moto ondoso, ambito in cui l’Università Mediterranea eccelle. Occorre ottimizzare l’uso dell’acqua in agricoltura riducendo sprechi e usando fonti alternative: acque reflue agroalimentari o urbane per l’irrigazione. In Calabria, molte dighe accumulano milioni di metri cubi d’acqua ma sono poco sfruttate. La riforestazione, infine, aiuta a trattenere la risorsa nel sottosuolo.

Cosa può fare un cittadino comune — o un’amministrazione locale — per contribuire alla lotta contro la desertificazione? La prevenzione può partire dal basso?

Certamente! Dobbiamo pensare al suolo e all’acqua come risorse finite, oltre che vitali. I nostri comportamenti, pertanto, anche quelli quotidiani cui diamo scarsa importanza, devono essere conseguenziali. Occorre sensibilizzare la cittadinanza ad un uso consapevole di queste risorse, comprendere che la loro degradazione e il loro consumo irrazionale, ormai, ha effetti immediati e negativi sul nostro presente, sotto diverse forme. Basterebbe pensare, fuori da ogni retorica suggestione, a quanto importante sia un litro di acqua nelle regioni del mondo in cui questa risorsa non è disponibile. Quello stesso litro che noi sprechiamo in pochi secondi quando, lavandoci i denti, lasciamo il rubinetto aperto per rispondere al telefonino.

Infine parliamo di ricerca. Quali sono le progettualità che il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea sta conducendo sul fronte della desertificazione e della resilienza ambientale? Ci sono esperienze calabresi che meritano di essere conosciute?

Tra le altre, ne cito due, in particolare, entrambe sviluppate nell’ambito del PNRR che ha finanziato un importante Progetto di Ricerca coordinato dal Dipartimento di Agraria, denominato “TECH4YOU”.



In sintesi, una è rivolta alla individuazione di genotipi dei grani antichi, più resistenti alla carenza idrica, per ricombinarli con le specie “moderne”, che sono invece più produttive. L’altra, invece, mira alla sperimentazione di misure naturalistiche anti-erosive che stabilizzino i versanti e favoriscano l’autorigenerazione del bosco dopo il passaggio di un incendio estremo. Entrambe le ricerche hanno già prodotto risultati assai incoraggianti, proposti all’attenzione della comunità scientifica internazionale.

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