Avvenire di Calabria

Il racconto del sacerdote reggino in questi giorni a Gerusalemme

Il Capodanno ebraico raccontato da don Valerio Chiovaro

Valerio Chiovaro

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A Gerusalemme si vive un'atmosfera particolare oggi (ieri per chi legge, ndr), 20 settembre e sarà così per almeno una decina di giorni. Si celebra, infatti, il capo d'anno ebraico (Rosh haShanah), entriamo nell'anno 5778. La festa, tutta religiosa, ha antica tradizione e coinciderebbe col giorno della creazione di Adamo. Inaugura un periodo penitenziale che si concluderà, entro 10 giorni, con lo Yom Kippur.

È la festa del giudizio personale, del ricordo della vita passata che prelude alla festa del perdono, alla convalida del giudizio da Parte di Dio (lo Yom Kippur). Tra giudizio e perdono vi è il ricordo: al pio ebreo è chiesta -anche con particolari preghiere da recitare- la rilettura della vita di tutto l'anno per verificare le mancanze contro i precetti: gli errori verso Dio, verso se stessi, verso l'altro. E' pertanto il periodo nel quale, prima di arrivare allo Yom Kippur, si deve chiedere scusa all'altro, ci si deve riconciliare con i propri simili offesi durante l'anno dai comportamenti erronei, bisogna chiedere scusa e il perdono, a meno di casi specifici, non può essere rifiutato.

L'anno comincia, così, con la rilettura del precedente e nel segno del perdono, del rinnovamento. Tra i tanti riti e costumi vi è il suono dello shofar che copre le accusa del diavolo. Poi il seder, la cena, con i nuovi frutti quali il melograno e parti del capo di animali, ancora i fichi, i finocchi, la zucca, la mela, la bietola, i pesci, i datteri... Ogni pietanza, anche con riferimento al nome ebraico, ha un significato: concludere, addolcire, strappare, proliferare... Tutto in linea con il lieto pronostico della dolcezza del nuovo anno e la necessità di allontanare il peccato. Alle preghiere della cena se ne aggiunge una: la Shehecheyanu

Benedetto sei tu Adonai, nostro Dio e Re per sempre/ Tu che ci hai concesso la vita (shehecheyanu) e ci hai sostenuto/ e ci hai permesso di giungere a questa occasione

È una benedizione che si recita in tante altre situazioni, come la nascita di un bambino, o quando si incontra un amico che non si vede da tanto tempo. Si saluta, con questo senso di novità e di continuità, il nuovo anno, benedicendo il Signore che concede la vita.

È un modo per riconoscere la bellezza delle primizie, l'idea che con l'anno nuovo e i frutti nuovi tutto si rinnova. Così, l'aspetto penitenziale è profondamente legato a quello della gioia, della novità per le cose che si rinnovano per un cuore libero dal peccato.

Altro rito è il tashlik, consiste nel gettare in un corso d'acqua corrente (oggi anche una fontana) dei sassi come simbolo dei peccati che spariscono nella profondità del mare (Michea, 7,18-20). Il peccato, pertanto, non solo è ricordato e accusato, ma anche dimenticato ed eliminato.

Preghiera, riti, segni, ricchi di una storia che ci precede, che segna le nostre radici. Contenuti e tradizioni che riecheggiano nelle pagine del nuovo testamento (specialmente nei temi paolini della rinascita, come nelle parole del Padre Nostro, e ancor più nel libro dell'Apocalisse, la colonna sonora del quale è il suono della tromba, dello shofar).

Ricchi anche di questa bellezza, nonostante il nostro mese di settembre vada a finire, auguriamoci l'un l'altro Shannah Tovah e mediamo dai nostri fratelli maggiori questa buona occasione per vivere la gioia del perdono e la festa del rinnovamento.

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