Avvenire di Calabria

L'arcivescovo ordinario militare per l'Italia cita la celebre frase pronunciata da San Tommaso riportata dal Vangelo di Giovanni

«Mio Signore e mio Dio!», il messaggio di Pasqua di monsignor Marcianò

Il presule: «Sperimentiamo nella Luce della Pasqua la gioia di poter accogliere, vivere e portare a tutti l'amore di Gesù Risorto»

di Redazione Web

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«Gridiamo anche noi, come Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». E sarà la gioia della Pasqua!». Sceglie il celebre passo del Vangelo di Giovanni, monsignor Santo Marcianò,  arcivescovo ordinario militare per l’Italia, per il suo messaggio di Pasqua.

Il messaggio di Pasqua dell'Ordinario militare, monsignor Santo Marcianò

Tommaso non era con loro quando Gesù Risorto apparve agli apostoli; così, non credette ai suoi fratelli che annunciavano la Risurrezione. Voleva vedere i segni dei chiodi, toccare le ferite di Gesù.

È strano. Sotto la Croce Tommaso, come gli altri, era fuggito. Non aveva voluto guardare le ferite dei chiodi e il Volto del Cristo sofferente; non aveva voluto farsi toccare dal sangue di quella morte. Paura, delusione, scoraggiamento… incapacità di reggere il dolore. Consapevolezza che quei chiodi avrebbero trafitto anche lui. Perché il dolore, se lo guardi in faccia, non può non attraversarti.


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Ma quel dolore non vissuto, quel dolore “rimosso”, gli era rimasto dentro come un vuoto, un’occasione persa, che lo aveva persino allontanato dagli altri, dalla comunità. Un vuoto d’amore!

Scappiamo spesso anche noi dalle ferite nostre, dei fratelli vicini, dell’umanità. Scappiamo sfoderando le armi dell’indifferenza celata da impegni più urgenti, della deresponsabilizzazione nascosta dalla negazione, della falsa pietà che elimina il sofferente per eliminare la sofferenza …

Il dolore e la morte fanno paura. Ma ci restano dentro, sepolti sotto la nostra incapacità di amare. I dubbi di Tommaso, in fondo, sono le sue paure. Gesù lo capisce e gli offre una nuova possibilità di accostare la sofferenza. Gli mostra, attraverso le Sue ferite, quell’Amore che ha vinto la morte per sempre. Glielo mostra e colma il vuoto d’amore con il Suo amore: donando nuovamente le Sue ferite dona, a Tommaso e a noi, la Sua stessa capacità di amare.

Sì, il dolore e la morte fanno paura. Ma non si può credere alla Risurrezione, non si può risorgere, non si può amare senza lasciarsene attraversare. E quando tocchi veramente i chiodi, quando ti lasci attraversare dal dolore, quando scruti in profondità le ferite umane, vedi inspiegabilmente una luce. È la Luce del Risorto, dell’Amore che vince la morte: non la evita, la vince!

Fratello, sorella, vai anche tu incontro al Risorto, cogliendo la chiamata di Dio a vivere la sofferenza o accompagnare le ferite del dolore umano. Le ferite della malattia e della solitudine, della violenza e della guerra, della fame e della disperazione, dell’abbandono o della fuga, della discriminazione o dello scarto... Sperimenterai anche tu, nella Luce della Pasqua, la gioia di poter accogliere, vivere e portare a tutti l’amore stesso di Gesù Risorto.

Ma non scoraggiarti se non ci riesci sempre, se non ci riesci subito. Se, come Tommaso, sei fuggito, ancora una volta, dalla tua o altrui croce, e forse dalla compagnia dei fratelli. Gesù Risorto ti da oggi una nuova possibilità. È Lui che ti chiama, è Lui che si carica le tue sofferenze e prende su di Sé quelle ferite che tu non riesci ad accogliere.


PER APPROFONDIRE: «Essere sacerdoti oggi», l’omelia di Marcianò alla Messa del Crisma


Sì. Le Sue ferite hanno guarito le nostre ferite, il Suo dolore ha consolato il nostro dolore, la Sua morte ha vinto la nostra morte, il Suo amore ha fatto risorgere il nostro amore. E Lui, il Risorto, viene incontro a noi se anche noi non sappiamo andare incontro a Lui. Gridiamo anche noi, come Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». E sarà la gioia della Pasqua!

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