
di Mirella Gangeri * - Anche quest’anno è arrivata l’estate e noi familiari di persone disabili, siamo nuovamente qui a constatare tristemente che i nostri governanti non hanno risposto, anzi hanno del tutto ignorato i bisogni dei nostri amici e congiunti disabili. Abbiamo già fatto presente come la disabilità non va mai in vacanza e come durante il periodo estivo i problemi di gestione dei nostri figli aumentano in modo esponenziale. Già il resto dell’anno ci vede gestire il quotidiano con grande difficoltà per la scarsa o totale assenza di servizi, nonostante i nostri amministratori continuino ad autolodarsi senza alcun reale riscontro; almeno la smettano di farsi pubblicità sulle nostre spalle, vantando inesistenti sensibilità e attenzioni ai bisogni dei più deboli, ma senza averne reale contezza. Anche quest’anno noi familiari, dobbiamo lavorare per vivere e fare salti mortali per organizzare la vita della famiglia. E mentre noi ci impegniamo oltre ogni limite, cosa fanno i nostri amministratori? Come associazione di genitori di ragazzi con disabilità abbiamo sempre messo a disposizione, a titolo gratuito, la nostra esperienza, ma mai siamo stati ascoltati.
Forse perché ancora vige la mentalità preistorica secondo la quale i familiari delle persone disabili sono dei poveracci avviliti e travolti dalla loro disgrazia e quindi non si rivolge loro la giusta considerazione. Non si vuole capire che siamo noi i veri conoscitori dei bisogni dei nostri parenti e che se si volesse davvero affrontare il problema socio-assistenziale, bisognerebbe innanzitutto vestirsi di umiltà e ascoltare, parlare, chiedere informazioni. Dove sono i piani-spiaggia? Quali sono le strutture ricettive che possono ospitare le persone disabili? Quali servizi di sollievo vengono offerti alle famiglie? Per programmare bastano risorse umane attente e competenti, per la parte economica, si applichi, secondo legge però, la regola della compartecipazione alla spesa, che condividiamo a pieno solo a fronte di una offerta di servizi strutturati e realmente corrispondente ad una analisi accurata del fabbisogno delle famiglie.
Diciamo questo poiché si dice che dovremmo compartecipare per il servizio di assistenza domiciliare che però viene erogato per 3-4 ore settimanali. Il resto delle ore, alle quali deve provvedere la famiglia di propria tasca, non è più che compartecipazione? Cambierà mai qualcosa? Vogliamo essere ottimisti.
* presidente Agedi