In questo momento delicato che vive il nostro Paese a causa della emergenza covid-19, Libera fin da subito ha posto l’attenzione sul fatto che la criminalità organizzata e i poteri corruttivi potessero approfittare della grave situazione determinatasi. La nostra preoccupazione è stata finalizzata ad alzare l’attenzione da parte di tutti per non permettere alle mafie di espandere il loro dominio territoriale ed economico proprio in un frangente di maggiore fragilità socio-economica delle persone e delle imprese, oltre alle nuove fragilità umane. Abbiamo voluto dire che era arrivato il momento di sollecitare una politica e una cultura della prevenzione, per evitare il ripetersi di cose già viste nei momenti difficili del Paese, come nel caso di terremoti o altre calamità.
Diverse sono state le voci che si sono alzate e questo per noi è un segnale significativo: le mafie, che vivono di segni e segnali, sono disturbate da tanta attenzione. È opportuno sottolineare, ancora una volta, che alle mafie non si devono concedere possibilità di insediamento e infiltrazione e per questo è importante non lasciare spazio a diritti negati e garantire i diritti di tutti. Oggi quindi è ancora più importante dare un messaggio chiaro ai boss mafiosi detenuti al 41 bis. Non si deve permettere ai detenuti che si sono macchiati di gravi reati, di stragi per cui ancora oggi la memoria è viva nella carne del Paese, di poter utilizzare l’emergenza sanitaria per chiedere l’esecuzione della pena al proprio domicilio, e quindi ritornare negli stessi territori che hanno dominato.
E allora nessun passo indietro: per i detenuti al 41 bis non può sussistere alcuna possibilità di concessione relativa a forme di esecuzione della pena diversa da quella della detenzione al 41 bis, garantendo, pare ovvio ma lo rimarchiamo, l'assistenza sanitaria lì dove necessaria. Così come è fondamentale essere ancora più rigorosi nell’esaminare le istanze dei detenuti che potrebbero richiedere il differimento dell’esecuzione della pena residua nelle forme della detenzione domiciliare. Nella richiesta di tale massima attenzione è insito il senso di quanto chiediamo, in quanto, oggi come ieri, conta ricordare l'assenza, da parte di numerosi detenuti per gravi reati di stampo mafioso, di comportamenti di collaborazione con le autorità giudiziarie, o evidenti messaggi di allontanamento dalle logiche e dalla sub cultura mafiosa.
Lo Stato, anche in questo aspetto così determinante, non può arretrare nella lotta contro le mafie, lo dobbiamo soprattutto ai familiari delle vittime di mafie, la maggioranza dei quali non conosce ancora la verità sulla morte dei loro cari e non ha avuto una risposta di giustizia e verità, che, invece, un comportamento collaborativo da parte di alcuni soggetti appartenenti ai vari clan mafiosi, avrebbe potuto facilitare. In questi anni, i familiari hanno camminato con Noi, ne abbiamo apprezzato il coraggio e la fermezza d’animo, il rispetto per le istituzioni e la volontà di trasformare il dolore in impegno e l'instancabile contributo alla costruzione di una società più civile e più giusta.
La Fondazione intitolata al giudice Antonino Scopelliti ha presentato la quarta edizione del premio nazionale per le scuole. Il magistrato reggino attende ancora giustizia. Ma la società civile prova a ricordare il suo esempio alle giovani generazioni.
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