Avvenire di Calabria

Dal 30 ottobre, c’è un nuovo cappellano presso l’ospedale "Tiberio Evoli" di Melito di Porto Salvo. Conosciamolo in questa intervista

Don Vincenzo Pace e la cura degli ultimi in corsia: «È incontro col Signore»

Per il presbitero si tratta di un ritorno tra i reparti: «Come volontario ho già svolto servizio accanto ai malati del Gom»

di Domenico Marino

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Lunedì 30 ottobre 2023 ha segnato l’inizio del ministero pastorale quale nuovo cappellano dell’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito di Porto Salvo di don Vincenzo Pace, ordinato presbitero il 24 giugno scorso dall’arcivescovo Fortunato Morrone, nel duomo di Reggio Calabria.

Quello di don Vincenzo è un ministero che guarda lontano e che, facendo leva su quanto intrapreso dai suoi predecessori, andrà a riempire, il vuoto lasciato da don Nipote, all’indomani della nomina a rettore del Santuario di Maria Santissima di Porto Salvo.


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La presenza silenziosa del cappellano, oltre a essere un dono prezioso per l’ammalato, lo è allo stesso tempo, anche per le famiglie e il personale che si trova a operare tra reparti e corsie; è qui che un cappellano mette a disposizione di tutti, non solo quelli che sono i propri carismi, ma anche l’accompagnamento e la consolazione, che aiutano a non sentirsi soli. È parte integrante di un respiro missionario che vede in lui quel “samaritano” che si ferma a curare le ferite del pellegrino trovato lungo il suo cammino.

La Pastorale della Salute raccontata da don Vincenzo Evoli

Don Vincenzo oltre ad essere stato nominato cappellano all’Evoli è anche amministratore parrocchiale di Santa Maria Regina della Pace in San Leo di Pellaro. Dopo poco tempo dalla nomina, abbiamo chiesto a don Vincenzo di raccontarsi e raccontarci e lo abbiamo fatto, attraverso alcune semplici domande, che hanno lo scopo di farci conoscere cosa realmente significhi calarsi in una realtà dove dolore e speranze convivono quotidianamente.

La presenza del cappellano in una struttura sanitaria è di massima importanza. Cosa ha pensato nel momento in cui l’arcivescovo Fortunato le ha affidato questo incarico?

Avendo avuto la possibilità da circa otto anni di svolgere il servizio di volontariato al Gom di Reggio Calabria, grazie alla disponibilità e la presenza del cappellano don Stefano Iacopino, nel momento in cui l’arcivescovo ha reso noto che avrei iniziato parte del mio ministero sacerdotale in ospedale a Melito Porto Salvo, sono stato contento di dire “sì” a questa chiamata nella consapevolezza che vivere da sacerdote questo servizio richieda ancora di più da parte mia dedizione e attenzione verso tutti.


PER APPROFONDIRE: Il Centro Nascita del Gom e l’eccellenza dell’umanità


Quali differenze esistono tra la pastorale parrocchiale e quella ospedaliera e come pensa di conciliare questi due aspetti del suo incarico presbiterale?

In fondo anche in parrocchia la visita degli ammalati richiede attenzione da parte di ogni parroco; certo essere direttamente a contatto con il mondo ospedaliero ti permette di stare vicino a tutti a 360 gradi, oltre ai pazienti c’è bisogno di attenzione verso i parenti degli infermi e verso tutto il personale medico e paramedico di tutta la struttura ospedaliera. I due incarichi richiedono certamente uno sforzo da parte mia, ma sento la necessità di dovermi spendere per una giusta causa e sul mandato dell’arcivescovo monsignor Morrone. Il mio cammino vocazionale è iniziato mentre mi dedicavo agli ultimi.

Quali emozioni e preghiere ha raccolto dalle persone che ha incontrato nel suo cammino e come immagina la sua presenza tra le mura di questo ospedale?

Ogni esperienza deve tenere conto del territorio in cui avviene, Reggio e il suo ospedale vivono dinamiche molto diverse da Melito Porto Salvo e dal “Tiberio Evoli”, ma in comune c’è la cura degli ultimi che, se sono tali, ci interrogano tutti a chiederci dove abbiamo sbagliato, come società sulla giustizia sociale.

Come pensa di poter svolgere questo servizio in questo ospedale e come intende coinvolgere il personale medico, paramedico e amministrativo in questo compito così delicato, per una pastorale sanitaria che abbia a cuore la vita di quanti si rivolgono giornalmente e da degenti di breve e lunga durata all’ospedale Tiberio Evoli?

La mia presenza è per tutti ovviamente, in maniera costante e prolungata nel tempo. Ho voluto iniziare il mio servizio qui, non a caso con la Santa Messa domenica 5 novembre, nella certezza che per primo in ogni luogo del “Tiberio Evoli” deve entrare Gesù Cristo per dare conforto e sollievo ad ogni tipo di malattia non soltanto medica ma anche spirituale.

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