Avvenire di Calabria

La Procura generale di Reggio Calabria aveva chiesto 10 anni e 5 mesi di reclusione per l'ex sindaco

Accoglienza, «Il modello Riace non era criminale»

La sentenza dei giudici della Corte d'appello: cadono le principali accuse nei confronti di Mimmo Lucano

di Francesco Chindemi

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Il “modello Riace” non era criminale. Ci sono volute sette ore perché i giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria giungessero ieri a questa conclusione, facendo – nei fatti – venire meno le accuse più pesanti contestate all’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano.

Mimmo Lucano e il modello Riace "graziati" dai giudici della Corte d'appello di Reggio Calabria

Lucano, accusato di irregolarità nella gestione dell'accoglienza nella cittadina della Locride che ha guidato per quasi tre legislature facendola diventare celebre nel mondo come esempio di accoglienza ed integrazione, era stato condannato dal Tribunale di Locri nel settembre 2021 a 13 anni e 2 mesi di carcere per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d'ufficio.


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Accuse tutte cadute in appello ad eccezione di un falso per una delibera del 2017 per il quale è stato condannato a un anno e sei mesi, con pena sospesa, contro la richiesta della Procura generale di una pena a 10 anni e 5 mesi. Assolti anche tutti gli altri 17 imputati nel processo. Un lungo applauso ha accolto la lettura del dispositivo da parte della presidente della Corte Elisabetta Palumbo, in un'aula gremita di persone che, all'uscita, hanno intonato "Bella ciao".

«È la fine di un incubo che in questi anni mi ha abbattuto tanto, umiliato, offeso» è stato il commento commosso di Lucano, raccolto dal corrispondente dell’agenzia Ansa, Lucio Musolino subito dopo la sentenza. L’ex sindaco ha scelto di attendere il verdetto nella sua Riace.

Un incubo iniziato il 2 ottobre 2018 quando fu sottoposto agli arresti domiciliari dalla Guardia di finanza nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Procura di Locri. «Per anni, ingiustamente, mi ha reso agli occhi della gente come un delinquente», il tutto «per distruggere il “modello Riace”, la straordinaria opportunità creata per accogliere centinaia di persone che avevano bisogno e per ridare vita e ripopolare i centri della Calabria». Ancora il commento all’Ansa di Mimmo Lucano nel ribadire di aver «sempre agito con l'obiettivo e la volontà di aiutare i più deboli e di contribuire all'accoglienza e all'integrazione di bambini, donne e uomini che fuggivano dalla fame, dalla guerra, dalle torture».

L'idea di Lucano, dall'esaltazione alla demonizzazione

Servirà la sentenza a riabilitare il modello di accoglienza Riace? Certo è in quasi sette anni in cui si sono incrociate ispezioni prefettizie, indagini e inchieste giudiziarie, è stato un continuo demonizzare un’esperienza che, è opinione di molti, anche autorevoli osservatori esteri, si sarebbe potuta cavalcare e replicare. Basti pensare a cosa scriveva la prestigiosa rivista Fortune nel marzo 2016 a proposito di Mimmo Lucano, inserito nella lista dei 50 leader più influenti al mondo proprio in virtù della sua esperienza conosciuta e apprezzata ovunque.


PER APPROFONDIRE: Condanna Lucano, depositate le motivazioni: «Migranti strumentalizzati»


Tutto questo, mentre il dibattito politico ha continuato ad arrancare e, ancora oggi, stenta a trovare soluzioni e dare risposte sui temi dell’immigrazione. Ed emblematico è che la sentenza sia arrivata proprio in un frangente storico-politico che vede al governo la coalizione della Meloni che ha fatto dell’immigrazione il successo della sua campagna elettorale, ma sui cui a fatica porta avanti la sua azione.

Modello Riace "riabilitato", il precedente

Già in un'altra sede della giustizia, ma di quella amministrativa, il "modello" Riace - d'accoglienza diffusa - è stato definito «encomiabile». Ad esprimersi in tal senso erano stati i giudici della terza sezione del Consiglio di Stato il 28 maggio 2001, nell'accogliere il ricorso del Comune ionico contro il provvedimento del Ministero dell'Interno del 9 ottobre 2018 (al tempo guidato da Matteo Salvini) che disponeva la revoca dei benefici relativi al sistema d'accoglienza, escludendo Riace dall'allora Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e i rifugiati.

Una questione politica, fatta di vedute divergenti sul tema dell'accoglienza, verrebbe da dire. Lucano è di sinistra, mentre risaputa è la posizione del leader della Lega che al tempo in cui è stato al Viminale ha avuto l'occasione buona per dimostrare le ragioni della sua politica sull'immigrazione.  

In realtà, l'esperienza di Lucano e di conseguenza il modello Riace sono stati messi in dubbio quanto a guidare il ministero dell'Interno c'era un esponente del centrosinistra e calabrese, il reggino del Pd Marco Minniti. Le prime ispezioni che porteranno alla chiusura dello Sprar su cui poi ha messo la firma Salvini, risalgono proprio a quel periodo.

Quegli atti che hanno decretato la morte dei progetti, hanno sentenziato prima il Tar e poi il Consiglio di Stato, erano illegittimi. Una conferma che arriva adesso anche dalla giustizia penale.

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