Anna e Marco, poco meno che quarantenni, un figlio piccolo ed un altro in arrivo; campano doc lui, italo-greca lei, dalla Calabria ci erano già passati ma solo il tempo di arrivare ad un’altra destinazione. «Questa strana estate ci ha fatto scoprire una terra bellissima che ci ha accolto come figli suoi». Già perché il distanziamento sociale, loro che lavorano in ambito sanitario, se lo sono imposti. Certo, difficile pensare a cosa fare in tarda primavera quando però anche il piccolo Michele (nome di fantasia) comunque dava come tutti i primi segni di diffidenza verso il prossimo dopo i duri mesi di lockdown. Alla ricerca di un posto lontano dal caos che permettesse a tutti di ritrovarsi nei loro ritmi familiari, alla fine Anna e Marco chiedono ad un amico ospitalità per qualche settimana ad agosto nel reggino.
Affascinati da chi raccontava di una possibile vacanza diversa e sicura in una terra che certo ha pochi servizi ma capace di offrire spazi “incontaminati e selvaggi”. Casa vista mare e un silenzio che riconcilia, arriva il battesimo della famiglia campana nell’estremo sud italiano dopo il lungo viaggio da “bollino nero”. La solitudine tanto agognata già il pomeriggio del giorno dopo diventa momento di condivisione. Pochi turisti nel senso classico del termine abitano quel tratto di mare sulla jonica reggina poco lontano da Reggio.
Ci sono ragazzi, famiglie, bambini. Due parole sui piccoli e il sole, il cane del vicino che sembra nato nell’acqua e ci si ritrova per una lunga chiacchierata fino a sera. «Grazie, è un paradiso» è il primo wzp al proprietario di casa. Il caldo agostano acquieta l’inquietudine figlia dello stress e cresce la voglia di scoprire questo territorio con un bambino che lascia pian piano il pianto per il sorriso. Prima tappa la vicina Bova, due passi nel vecchio borgo e il tempo di qualche foto ai piedi della locomotiva, che la cena arriva in tavola. La caratteristica “lestopitta” è il preludio al test per eccellenza la pizza. Anche qui la terra calabrese passa l’esame con due che nella patria della pizza ci sono nati. «Sembra assurdo ma siamo dovuti arrivare fin qui per una pizza che non ci rimanesse sullo stomaco. Ho chiesto il segreto e ci hanno risposto che è nel lievito madre».
Il giorno dopo è tempo di pulire la spiaggia insieme ai vicini di casa e fare nuove amicizie. Arrivano dalla Sicilia, altri vivono fuori e sono tornati a casa per trovare la famiglia, c’è anche una coppia giovane di Roma. I sacchi vengono lasciati al tramonto fuori dai cancelli. Due passi nelle vicinanze a caccia di un caffè per chiudere la giornata ma il bar ahimè è chiuso. Anna e Marco chiedono ad alcuni signori che sono lì vicino. Purtroppo non riaprirà, ma il tempo di salutare il bambino che l’anziana signora arriva con i caffè in mano per tutti, “offre la casa”. «Sono dovuto venire in Calabria per ritrovare in un caffè lo spirito dell’Italia raccontata dai miei nonni, dai miei genitori». Il quinto giorno è tappa obbligata Chianalea, la “Venezia del Sud”. Il turismo lento si intreccia con quello dei grandi numeri ma le file anche per il gelato non cancellano la magia del borgo sul mare. Alla fine il panino col pescespada ripaga dell’attesa e di un’altra giornata da raccontarsi mentre il piccolo Michele già dorme sul seggiolone.
L’area grecanica continua a essere la più gettonata nelle ricerche sul cellulare. Ma prima arriva Pentedattilo. Certo non facile arrivare fin lassù con una carrozzina ma una volta in cima, ci pensano i pochi abitanti a restituire il senso della fatica. Raccontano di un marchese, di una Pasqua lontana e del fascino della roccia dalle cinque dita. Il padrone di casa si ricorda finalmente di dargli le chiavi dell’armadietto. Via in acqua con maschera e pinne alla scoperta di un fondale ricco di polpi, ricci e stelle marine. E poi ancora le vecchie mura del paese distrutto dal terremoto inabissate. Una pescata al tramonto a questo punto ci sta tutta.
Il giorno la coppia campana si aggrega ai turisti di ritorno come li chiamano da queste parti per una improvvisata quanto serissima lezione di yoga in spiaggia. I ragazzi giocano più lontano e il vicino di casa comincia a raccontare di sua nonna, del greco di Calabria e di quel paese Gallicianò. Il giorno dopo stanno già risalendo l’Amendolea. Il silenzio delle montagne dove il popolo si rifugiava dagli attacchi sulle coste ha mantenuto grazie proprio alla sua lontananza dalle grandi vie di comunicazione, le sue radici. Il museo etnografico, la chiesa di San Giovanni, la chiesa ortodossa e quell’anfiteatro che fanno sentire Anna «finalmente a casa» anche se quest’anno non ha preso la nave dalla Puglia. Il tempo scorre veloce, il tempo di un ultimo tuffo e la spiaggia ormai semi deserta rimanda alla promessa di un ritorno non troppo lontano per ritrovarsi e riscoprire la terra di Calabria.