
Angelica Cosentino va in pensione: «Insegnare religione oggi è ricerca di un’identità in un mondo che cambia»
Il commosso saluto di una docente di religione al termine della sua lunga esperienza professionale nella scuola
Tra i banchi di scuola la religione diventa notizia: la suora‐professoressa apre il giornale vaticano, i ragazzi chiudono lo smartphone e l’ora di lezione si trasforma in un vivace confronto fra cronaca ecclesiale e ricerca di senso.
Ogni mattina, quando Suor Rita De Bonis varca la soglia del Liceo Montessori di Roma con l’edizione fresca di stampa de L’Osservatore Romano piegata sotto il braccio, nelle aule si accende un brusio inatteso: lo scricchiolio della carta sfida la luce fredda degli smartphone e invita i ragazzi ad alzarsi dalla sedia per sfogliare, leggere, curiosare, domandare. Quell’istante basta a rovesciare la prospettiva: l’ora di Religione diventa laboratorio di attualità, luogo in cui la cronaca ecclesiale si intreccia con la ricerca di senso degli adolescenti.
Dietro quello che a prima vista potrebbe sembrare un semplice gesto didattico, c’è la storia di una donna che ha incontrato il Vangelo proprio nei corridoi di un liceo e vi ha scoperto la propria vocazione. Consacrata tra le Suore del Sacro Cuore di Gesù – la congregazione fondata dalla Beata Maria Schininà a Ragusa – Suor Rita oggi accompagna oltre duecento studenti romani in un percorso che tiene insieme radici e futuro: la passione per la verità, l’esercizio del discernimento, la custodia della dignità umana nell’epoca dell’intelligenza artificiale.
La sua sfida quotidiana non è solo «spiegare» la religione, ma farne esperienza viva, costruendo ponti di dialogo dove spesso regnano stereotipi e fake news. Con lo stesso candore con cui cita le parole del Papa sull’incontro come via maestra, invita i ragazzi a maneggiare le pagine del giornale vaticano per «sentire» il respiro di una Chiesa che si sporca le mani nella storia. È da qui che prende avvio la nostra conversazione con Suor Rita: un dialogo sul potere educativo della stampa cattolica, sull’urgenza di un pensiero critico, sull’alleanza possibile tra fede, cultura e nuove tecnologie.
Quando per la prima volta mi sono trovata in classe davanti a dei liceali, ho avvertito subito quale potesse essere la sfida più grande che mi attendeva nel percorso dell’insegnamento della religione cattolica, ma anche la responsabilità di essere ancora di più una Testimone di quel Vangelo che ha trasformato la mia vita di non credente durante i miei ultimi anni di liceo.
Leggendo l’Osservatore Romano, mi sono resa conto che c’erano degli articoli molto interessanti per l’approccio di talune tematiche non sempre facili da affrontare in classe e, un giorno, mi son detta che forse avrei potuto presentarlo ai ragazzi! È stata una delle lezioni più partecipate e, da quel momento, di tanto in tanto, mi presento in classe con l’Osservatore Romano sotto il braccio e noto sempre una certa curiosità che spesso è legata a tutto quello che riguarda la Chiesa e i temi di attualità che la rendono protagonista.
Direi che la curiosità è tanta, trovi anche quello studente che si alza e viene alla cattedra per sfogliarlo; è straordinario vedere i ragazzi a contatto con quella carta che ormai è quasi sempre sostituita dallo schermo degli smartphone. Pur percependo una Chiesa spesso distante e legata a stereotipi, ho notato che l’approccio degli studenti all’Osservatore è molto costruttivo, riflessivo nonché interattivo per i contenuti attenti alle sfide contemporanee e per il linguaggio che consente un dialogo che in classe diventa motivo di discernimento.
Papa Leone XIV nel suo primo discorso ci ha parlato di “costruire ponti con il dialogo e l’incontro” e, anche in altre occasioni, non ha rinunciato all’invito nel testimoniare che la bellezza del Cristianesimo sta nell’incontro e nella condivisione. Credo che sia bella la sfida dell’Osservatore Romano di essere ponte tra la Chiesa e le nuove generazioni alle quali fornisce linguaggi e contenuti aperti al dialogo e alla riflessione mettendo al centro l’educazione alla verità. Stando a contatto quotidianamente con i giovani (ho circa 250 studenti), mi rendo conto che le loro informazioni sono contaminate da fake news che sono difficili da smascherare, anche perché appaiono plausibili. Ed è questa la provocazione che sento più vicina: mettere a disposizione strumenti, come quello della stampa cattolica, che possano aiutare a sviluppare un pensiero critico, un atteggiamento di discernimento che consenta ai giovani di essere i veri protagonisti nella ricerca della verità.
È vero: quella di Religione è l’ora nella quale gli studenti hanno grandi aspettative. Entrando in aula, una delle prime domande è: “Prof., che facciamo oggi?”. Uno studente mi ha confidato che tutta la settimana attende la lezione di Religione che, oserei dire, è un’ora che mette al centro la meraviglia, un momento in cui ci si connette più profondamente con se stessi e con il buio che abita le esistenze. Ed è per questo che davanti alle nuove tecnologie, che stanno trasformando il modo di vivere e comunicare, l’insegnamento della religione dovrà sicuramente imbattersi in nuove modalità di comunicazione, di evangelizzazione e di riflessione etica. Credo sia proprio questo uno dei campi in cui il docente di religione dovrà necessariamente consentire un dialogo tra il messaggio cristiano e l’IA perché si rispetti la dignità umana e i giovani non diventino strumenti di manipolazione e disinformazione.
Tolkien diceva “Se volete trovare qualcosa, non c’è niente di meglio che cercare”; mi sembra interessante osservare come nel cammino esistenziale, mentre si cerca la felicità, ci si imbatta in un esodo necessario per ritrovare se stessi. Come poter cercare? Ritengo che la lettura sia una bussola culturale e spirituale per i giovani che vivono in un mondo disorientante e che sono in cerca di umanità. Leggere insieme la rubrica #CantiereGiovani dell’Osservatore Romano incrementa le competenze civiche, morali ed etiche di un futuro cittadino e apre uno spazio di ascolto e di formazione con uno sguardo culturale ispirato al Vangelo. Insieme a Papa Leone anch’io posso dire che “la più grave povertà è non conoscere Dio”, e la più grande ricchezza di un docente di Religione è poterlo presentare a quegli studenti che, smarriti, si mettono in cammino con il Faraone della disinformazione, dell’apparenza e della credulità alle spalle. Pertanto, consiglierei ai miei colleghi di Religione di rivalutare la stampa cattolica per dare agli studenti un mezzo che stimoli “un modo sano e forte di sentire e di volere”, proprio come affermava Paolo VI agli iscritti all’Unione Cattolica Stampa Italiana nel lontano 1963.
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