Avvenire di Calabria

Che significato assume il tempo del fidanzamento all'epoca della Generazione Z? Una riflessione sulla festa di San Valentino oggi

Perché festeggiare San Valentino? Il fidanzamento al tempo della Generazione Z

Ma non solo: faremo un excursus biblico per scoprire come già dall'Antico Testamento si riflette sulla conoscenza tra nubendi

di Autori Vari

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Che significato assume il tempo del fidanzamento all'epoca della Generazione Z? Una riflessione sulla festa di San Valentino oggi. Ma non solo: faremo un excursus biblico per scoprire come già dall'Antico Testamento si riflette e si narra il tempo della conoscenza tra nubendi.

San Valentino e Generazione Z: un tempo "lento" all'epoca dell'iper velocità?

di Carla Amaddeo e Rosario Cassone - «Prendersi cura» è il titolo dell’iniziativa dell’Azione cattolica diocesana grazie alla quale ci siamo ri-conosciuti. Il nostro vescovo Fortunato Morrone era da pochissimi giorni arrivato in diocesi e il Settore giovani diocesano aveva promosso, a conclusione d’anno associativo, uno spazio di incontro e dialogo tra i giovani e gli operatori della carità sul nostro territorio, che si sarebbe concluso con la celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Morrone.

Il “noi” di Carla, funzionario di Prefettura e vice presidente di Azione cattolica, e Rosario, medico e rappresentante della Fondazione che porta il nome della madre, Clara Travia Cassone, è nato da questo esercizio di sinodalità, conoscenza ed ascolto. Siamo grati a Dio per averci voluto così tanto bene da far incrociare i nostri percorsi in modo tanto profetico da responsabilizzare il nostro cammino.


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Sin da subito abbiamo maturato la consapevolezza che il nostro incontro era un dono di Dio e che, come tale, avevamo il dovere di custodirlo ed alimentarlo nella Verità. Accogliere l’altro e abbracciarlo nelle faticose esperienze che la vita ha riservato, accettarlo per l’uomo e la donna che il tempo ha costruito sono state le prime sfide che abbiamo dovuto affrontare insieme.

Con tenerezza, spesso ri-cordiamo (cioè riportiamo al cuore, a volte per sostenerlo nei giorni di fatica) i primi passi della nostra storia: passi lenti, come lente sono le cose belle, passi misurati per darci il tempo di discernere la volontà di Dio, dopo anni di difficoltà personali e relazionali vissute da entrambi.

La lentezza, spezzata dal nostro reciproco “sì” al disegno di Dio, è stata soppiantata da un inaspettato (almeno per le nostre menti umane) dinamismo di grazia: il nostro cammino, infatti, da subito si è orientato al matrimonio; entrambi con spontaneità ci siamo manifestati il desiderio profondo e ardente di costruire qualcosa di più e di volerci impegnare ad edificarlo sulla roccia.

Siamo molto grati ai tanti amici che ci hanno sapientemente indirizzato verso esperienze spirituali che hanno “scoperchiato” le nostre zone d’ombra alla luce della Verità di Dio: ci sono servite per accettare l’idea che le ferite del cuore servono a creare lo spazio necessario perché l’amato possa accedervi per restare nell’Amore.

Siamo grati a don Mimmo Cartella, che ha saputo accompagnare, con pazienza di padre, l’evoluzione della vita e l’intreccio delle vite tra noi; siamo grati alla nostra Comunità parrocchiale (quella di Santa Lucia): il riferimento di tante coppie e famiglie più avanti di noi nel cammino ci è di sostengo e conforto.

Siamo grati alle nostre famiglie, a chi è qui con noi ma soprattutto a chi riusciamo a vedere solo con gli occhi del cuore: non smetteremo mai di credere e di testimoniare che l’amore vero è il riflesso dell’Amore più grande, il solo capace di dare la vita. Siamo grati a Dio. E crediamo sia proprio questo che ci rende forti, anche nelle tempeste.

La salda consapevolezza di essere dono l’uno per l’altra e che questo dono si ricapitoli in Cristo ci aiuti a ritrovarci tra gli smarrimenti delle beghe umane. Così, nella routine che a volte sa spezzare la nostra sintonia, chiediamo al Signore di donarci la sapienza di saper impastare nella nostra vita terra e cielo, di saper accogliere con fiducia la Sua volontà e di renderci casa accogliente per tutto ciò che sarà.

Il fidanzamento nell'Antico Testamento

di Antonino Sgrò * - Nel contesto dell’Antico testamento, il fidanzamento consiste in un periodo breve, che si colloca tra la promessa derivante dall’accordo preso dal padre del futuro sposo con i genitori della ragazza e la festa solenne che precedeva il momento dell’unione.

Dunque l’incontro tra i nubendi era frutto di un contratto, sebbene si potesse arrivare alle nozze anche per seduzione o per schiavitù. In realtà dovremmo parlare di prima fase del matrimonio, il cui atto iniziale era la richiesta formale di prendere la donna in moglie, avanzata dal ragazzo nella casa di lei, cui seguiva una trattativa.

Tra gli aspetti contrattuali, il più significativo era il mohar, il prezzo d’acquisto da versare al padre della sposa, o meglio una cauzione per rafforzare il vincolo tra le famiglie, che poteva consistere in denaro o in prestazione d’opera.

Nel Libro della Genesi, per trovare una moglie adatta a Isacco, il servo di Abramo si reca ad Aram Naharàim e, alla vista di Rebecca, «estrasse oggetti d’argento, oggetti d’oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e alla madre di lei». Sempre la Genesi descrive la richiesta di Sichem e del padre Camor a Giacobbe e ai suoi figli per avere Dina in moglie.


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In Giudici, Sansone scende a Timna con i genitori per ottenere in moglie una filistea. Davide, dopo la morte di Nabal, marito di Abigàil, «mandò messaggeri e annunciò ad Abigàil che voleva prenderla in moglie».

I tempi del fidanzamento si allungavano soltanto nel caso in cui fosse gravoso corrispondere il mohar: Giacobbe deve prestare servizio presso Labano sette anni prima di sposare Rachele; gli viene data in moglie con l’inganno Lia e il patriarca lavora altri sette anni per poter unirsi a Rachele.

L’impegno in vista delle nozze era considerato così vincolante che la fidanzata, sorpresa a intrattenere rapporti sessuali con un uomo diverso dal suo promesso sposo, veniva considerata un’adultera e lapidata, così come l’uomo, «perché ha disonorato la donna del suo prossimo». Lo sposo, invece, era esente dal servizio militare per tutto il periodo di fidanzamento.

Entrambe le prescrizioni denotano l’intento della legislazione israelitica di preservare la discendenza da qualsiasi detrimento: «la prima cercava non solo di assicurare la sacralità dell’unione sessuale tra marito e moglie, ma anche di proteggere la coesione patrilineare della famiglia; l’adulterio, infatti, avrebbe potuto introdurre un elemento estraneo. Scopo della seconda norma, invece, era proteggere la vita dello sposo fino alla consumazione del matrimonio. Se fosse stato ucciso in battaglia, la sua linea di discendenza si sarebbe estinta» (AaVv, La famiglia nell’antico Israele, Roma 2021, 9).

Il periodo di fidanzamento aveva anche una funzione pratica. Esso doveva servire affinché la futura sposa perfezionasse rapidamente le sue capacità di gestire la casa e i figli, guidata della madre e della nonna, oltre a dare tempo alla famiglia di prepararle la dote. Questa era indicata col termine silluhim, «comunemente ricollegato a silleah, “mandar via”. La “dote” equivarrebbe, in tal caso, a “liquidazione”: una “buonuscita”, che estingue ogni diritto della donna sul patrimonio paterno» (A. Tosato, Il matrimonio israelitico. Una teoria generale, Roma 2001, 98).

Nel frattempo lo sposo, con l’ausilio dal padre e dai fratelli, trascorreva quel periodo costruendo la casa per la coppia e consolidando la posizione economica e sociale del nascente nucleo familiare, nell’ambito più grande della famiglia allargata. Per quanto riguarda i Profeti, nella traduzione Cei di Geremia, «amore al tempo del tuo fidanzamento» potremmo renderlo «il tuo amore di sposa»; Osea che ripete per tre volte «ti farò mia sposa», dovrebbe essere tradotto «ti fidanzerò».

Tale apertura interpretativa si spiega per l’intima connessione dei due istituti: anzi nella Bibbia ebraica esiste l’unico istituto matrimoniale, di cui il fidanzamento rappresenta il necessario antecedente temporale. Inoltre, trattandosi in entrambi i passi di Yhwh quale soggetto della relazione di alleanza descritta mediante la metafora matrimoniale, stabilire un esatto riferimento alla condizione di fidanzamento o sponsalità con cui Egli si rapporterebbe a Israele, non renderebbe ragione dell’eccedenza dell’amore divino, che supera ogni analogia umana.

* Biblista


I consigli dello psicologo

di Gianni Trudu * - Chi ci sta ad essere “felice” un giorno, quello del matrimonio, e poi magari “pagarlo” per il resto della vita? Penso pochi, quasi nessuno. Eppure tanti giovani si sposano e qualche tempo dopo si separano.

Con la separazione si pagano “costi” elevati che coinvolgono sposi, figli (se ne nascono) e familiari più stretti. Costi che condizionano la vita. Costi emotivi come la grande sofferenza di tutti i soggetti coinvolti, soprattutto dei figli. Costi economici quali le spese sostenute per affrontare un matrimonio e non sono poche. Spese che spesso ricadono anche sui genitori degli sposi.

Analizzando il fenomeno ci si rende conto che si tratta di giovani che non hanno valorizzato pienamente il tempo del fidanzamento. Spesso scambiano l’attrazione per il sentimento. Considerano il sentimento e pochi altri criteri per stabilire se sposarsi o meno. Certo il sentimento è fondamentale ma non è sufficiente.

La psicologia può aiutare i singoli fidanzati e la coppia, per prevenire prima di curare. Propongo alcuni aspetti su cui riflettere. Innanzitutto è bene per i fidanzati considerare le caratteristiche di personalità di entrambi. Comprendere (prendere insieme) prima del matrimonio aiuta a decidere. Chi si sposerebbe se avesse consapevolezza che sta per sposare un narcisista? Chi fonderebbe il proprio matrimonio sulla dipendenza affettiva?


PER APPROFONDIRE: San Valentino, fidanzamento, Generazione Z: per molti l'orizzonte futuro non è la famiglia


Il fidanzamento è anche un tempo prezioso per verificare la compatibilità psicologica fra i fidanzati e i loro caratteri. Anche i nostri nonni consideravano il fidanzamento il tempo in cui i fidanzati si “prendono di carattere” ovvero si conoscono reciprocamente negli aspetti abituali e tipici dei comportamenti che possono risultare apprezzabili, accettabili ma anche intollerabili.

Ci sono poi aspetti psicologici più profondi da scandagliare, insidiosi. I fidanzati si possono aiutare con una semplice domanda che ognuno può rivolgere a se stesso, proposta al femminile ma valida anche al maschile. «Mi sono innamorata di lui o mi sono innamorata dell’idea che di lui mi sono fatta?».

Rispondere sinceramente a questa domanda evita di basare il rapporto su un fraintendimento di fondo che, prima o poi, esplode e mette in grave crisi la coppia. C’è da valutare poi un altro elemento ed è sorprendente. Analizzando le statistiche delle cause che provocano le separazioni ci si aspetterebbe al primo posto il tradimento coniugale.

Invece, la causa principale delle separazioni sono le ingerenze delle famiglie d’origine nella vita dei figli sposati. Le ingerenze dei genitori sono permesse dai figli che ancora, seppur giovani adulti, non hanno realizzato la loro autonomia, indipendenza psicologica ed economica.

Essere indipendenti dai genitori non significa far venire meno l’affetto nei loro confronti. Significa essere impegnati, protagonisti nella “costruzione” del rapporto di coppia, da fidanzati e da sposati. Impegnati nella costruzione solida di una nuova famiglia. Ancora un elemento importante che deve essere già presente durante il fidanzamento è il progetto di coppia condiviso.

Pensare e iniziare a realizzare il progetto di coppia condiviso unisce e rafforza i fidanzati e gli sposi. Aiuta a definire l’identità di coppia per cui da “io” e “tu” scaturisce il “noi”. La specificità e unicità della coppia la rende più solida e capace di affrontare le avversità della vita, che non mancheranno.

* Psicologo

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