Avvenire di Calabria

Nel 1991 l’illustre santagatino fu vittima di un grande torto che condizionò il suo lavoro e lo provò a livello personale

Saverio Strati, quel rifiuto che segnò una vita

Il libro "Tutta una vita" fu rifiutato da Mondadori che lo riteneva "non al passo coi tempi"

di Redazione Web

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Nel 1991 la grande delusione. La casa editrice Mondatori che all’epoca aveva pubblicato tutti i romanzi di Saverio Strati si rifiuta di dare alle stampe l’ultimo romanzo dello scrittore nato a Sant’Agata del Bianco, “Tutta una vita”.


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Saverio Strati, "Tutta una Vita" pubblicato postumo

Il libro per molti anni rimasto inedito è stato pubblicato postumo, di recente, per i caratteri della calabrese Rubbettino con prefazione di Vito Teti e posfazione di Pasquale Tuscano. Il rifiuto della Mondadori lasciò profondamente amareggiato lo scrittore. Fu per lui una delusione grande a tal punto da cambiare editore. Ma quell’episodio lasciò un segno in Saverio Strati che cadde in una depressione che lo portò ad allontanarsi dalle scena letteraria e pubblicare solo sporadicamente.

È in questo periodo che inizia a tenere un diario, dove annotava ciò che gli succedeva durante la giornata, le sue riflessioni più intime e che custodiva gelosamente in un cassetto, come testimoniano i suoi amici più cari. Insieme a questa sorta di “zibaldone” di circa duemila pagine, Strati teneva anche racconti e romanzi che non aveva mai fatto pubblicare. Dopo lo scottante rifiuto, Strati non provò mai più a far pubblicare “Tutta una vita”. Non sono noti i motivi per cui la Mondadori non accettò il romanzo: forse perché ritenuto un testo di forte carattere sociale, non il linea con il periodo storico del tempo e quindi ritenuto non appetibile al lettore.

Saverio Strati, "Tutta una Vita" il tassello mancante del suo Epos

Eppure, come ha avuto modo di sottolineare Vito Teti, “Tutta una vita” rientra a pieno nella tradizione dell’opera letteraria di Strati. E oggi, il grande pubblico può finalmente leggerlo e apprezzare la sensibilità e maestria dell’autore grazie alla casa editrice calabrese Rubbettino. “Tutta una vita” racconta l’esperienza, introiettata da Pino, personaggio principale, dell’incontro-scontro tra due cognizioni esistenziali della Nazione, del Sud e del Nord, dagli anni entusiastici del boom a quelli euforici di fine Novecento.

A differenza di quanto avviene in altri romanzi dell’epica “stratiana”, qui non è l’anelito all’affrancamento dal bisogno materiale a muovere il protagonista, ma il desiderio di emancipazione spirituale, di tagliare i ponti con l’immobilismo e i vincoli familistici della società da cui proviene, di fare ingresso nella modernità, di partecipare a una realtà libera, appagante, dove valgono altri e disinibiti principi morali, la dimensione contemplativa, l’arte, la bellezza: la civiltà. Il romanzo narra con estrema pietas il travaglio di un’esistenza che aspira al grande sogno, cercando di schivare, per come può, le insidie di un destino beffardo. Un’opera lucida e premonitrice che restituisce il senso della più recente storia calabrese.


PER APPROFONDIRE: La Calabria celebra Saverio Strati in vista del centesimo della nascita


Un libro che, non a caso, qualche critico contemporaneo ha definito il tassello mancante di tutta l’opera di Strati e del suo meridionalismo che vede nello stesso Sud, il riscatto del Sud. Ma quale sud e che Calabria viene fuori da queste pagine per lungo tempo rimaste chiuse dentro un cassetto? Sicuramente una regione che ha superato l’antico immobilismo. Strati ne vede la giusta allegoria nelle “marine”, prolungamenti costieri dei paesi interni che nascono in sordina e crescono in fretta, che hanno acquisito la velocità indefessa dei tempi moderni ma, di contro, hanno perso l’“anima” meridionale, quella schietta, generosa, accogliente umiltà che ancora caratterizza l’interno e che non ha più il suo contrappunto nel nuovo modo di vivere.

I nuovi ricchi, ancorati alla retorica dell’apparenza, possiedono case, terreni, ambizioni e una famelica voglia di riscatto, che li porta lontano dagli antichi princìpi. I nuovi poveri, sempre più poveri, subiscono la modernità con apprensione e languore, ultimi e inconsapevoli custodi di valori andati a male. Fra questi due mondi, l’intercapedine di una generazione che non si rassegna alla sconfitta e, rifuggendo sia dalla modernità scellerata che dalla tradizione superata, cerca un approdo nella nuova Italia che sorge al nord. In quest’ultimo lavoro, utile a ridestare le coscienze sopite, Strati, insomma, si fa portavoce di una generazione confusa, rimasta impigliata in tempi che fatica a comprendere e che, forse per questo, ha sempre più bisogno di riflettere.

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