Avvenire di Calabria

Dal centro antiviolenza e casa rifugio "Angela Morabito" di Reggio Calabria l'appello a cambiare mentalità

Fermare la violenza sulle donne è possibile. «Servono più cultura e educazione»

Intervista alla responsabile Francesca Mallamaci, una vita la sua accanto alle "donne violate"

di Davide Imeneo

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Alla vigilia della Festa della Donna abbiamo raggiunto Francesca Mallamaci, responsabile del Centro antiviolenza (Cav) e della Casa rifugio “Angela Morabito” della Piccola opera. Con lei abbiamo fatto il punto su una tematica scottante, la violenza sulle donne. A pochi giorni dall’8 marzo, il desiderio comune è che questa piaga si interrompa immediatamente. L’esperienza di Francesca, tuttavia, ci rivela che la realtà è molto distante da questo auspicio.


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«Nel 1995, racconta Francesca Mallamaci, ho iniziato ad occuparmi delle donne vittime di violenza e dei loro figli accolte nei servizi residenziali dell’arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova, che accoglievano gestanti, madri nubili e donne in difficoltà. Donne la cui maternità era frutto di incesti, di violenza sessuale intrafamiliare. Donne accolte perché in fuga dal maltrattante vittime di violenza fisica, psicologica ed economica unitamente ai propri figli. Donne dal vissuto caratterizzato da un’esperienza infantile ed adolescenziale sviluppatasi in un contesto di assuefazione alla violenza».


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Proprio dal contatto con queste vittime è nata la vocazione di Francesca: «Ci si è resi conto che le donne e i loro figli vittime di violenza avevano necessità di essere accolti in servizi a bassa intensità assistenziale appositamente costruiti, dedicati e specializzati, con un approccio di genere ed integrato di più figure professionali aventi competenze specifiche, formate e in costante supervisione. Nell’aprile 2013 sono stati quindi attivati il Cav e la Casa Rifugio “Angela Morabito” mediante una progettualità finanziata con fondi del Dipartimento pari opportunità, che ho iniziato a coordinare anche quando i servizi sono passati alla Piccola Opera».

Nel corso della tua esperienza, quali cambiamenti hai osservato nell’atteggiamento della società nei confronti della violenza di genere e quali ostacoli persistono ancora oggi?

Il sistema giudiziario italiano si è arricchito di nuove norme di contrasto. La Riforma Cartabia ha dettato specifici criteri per garantire la tutela delle vittime anche in ambito civile e minorile. Nonostante ciò i femminicidi sono in aumento, così come le violenze e abusi sulle donne, indice questo che non si può investire solo su norme penali e interventi repressivi. La Convenzione di Istanbul, il più efficace e giuridicamente vincolante strumento internazionale, ancora oggi non è applicata in maniera omogenea. Permane ancora una “difficoltà” nel riconoscerla a causa di pregiudizi di genere e radicati stereotipi specie in ambito familiare, che inevitabilmente entrano anche nelle aule dei tribunali, ma anche nei servizi sociali, ove ancora spesso la violenza domestica è confusa con le liti familiari.


PER APPROFONDIRE: Reggio Calabria, la disparità di genere è ancora un fatto


Nella nostra società ancora oggi vi è una disparità di genere e manca di efficaci ed articolate risposte di prevenzione, emersione e contrasto alla violenza. Innanzi tutto non vi sono percorsi seri e strutturati all’interno delle scuole di lavoro con i ragazzi su una cultura del rispetto e sull’educazione all’affettività e alla sessualità, affidati a figure professionali formate, specializzate, affiancate dalle operatrici dei Cav e delle Case rifugio. Poi vi è l’assenza di politiche integrate: abitative, formazione professionale, incentivi per occupazione e inserimento lavorativo, accesso privilegiato ai servizi per l’infanzia, servizi di supporto per la conciliazione lavorofamiglia; infine i fondi ai Cav sono sempre più esigui e per brevi progettualità, rischiano di non garantire continuità nelle risposte ai bisogni delle donne.

C’è un messaggio che vorresti trasmettere a tutte le donne che potrebbero trovarsi in una situazione di pericolo o di disagio ma esitano a cercare aiuto?

I centri e le case rifugio, autorizzate al funzionamento, rappresentano quei luoghi specializzati che garantiscono protezione e sicurezza, nel rispetto della piena riservatezza ed anonimato di ciascuna donna, dove costruire con efficacia il proprio percorso verso l’autonomia e fuoriuscita dalla condizione di violenza. Le consulenze sociali, psicologiche e legali che vengono offerte gratuitamente si fondano sul diritto all’autodeterminazione della donna e sulla sua libertà di scegliere e decidere.

Che consiglio daresti a qualcuno che vuole “fare la differenza” nella lotta contro la violenza di genere?

Per sradicare questo fenomeno, che è strutturale, serve una strategia di lungo periodo per cambiare in maniera profonda la società, che metta al centro la donna e utilizzi una “pratica di lavoro di rete”, che coinvolga in un processo di progettazione e cooperazione condivisa enti ed agenzie territoriali a partire da una visione e l’utilizzo di linguaggi comuni del problema da prevenire, affrontare e contrastare, che si fonda su una formazione congiunta che deve necessariamente riguardare tutti i nodi della rete: magistratura, forze dell’ordine, enti locali ed Asp, ordini professionali.

Qual è la “lezione” più importante che hai imparato dal tuo lavoro presso il centro antiviolenza?

Ho sempre più chiaro che la violenza non è una questione privata dei soggetti coinvolti. Occorre accrescere la consapevolezza collettiva perché il contrasto alla violenza contro le donne sia considerato una responsabilità della politica, intesa come polis, poiché è un fenomeno di pericolosità sociale il cui contrasto consiste nel cambiamento radicale di cultura e mentalità, nella rappresentanza appropriata delle donne e degli uomini in ogni ambito della società, nell’uso non sessista del linguaggio, anche nei media, al fine di promuovere un rapporto rispettoso e un livello di potere equo tra donne e uomini.

La mission del Cav e della Casa rifugio "Angela Morabito"

È un servizio prezioso che si compie da oltre 10 anni. Il Centro Antiviolenza (Cav) e la Casa rifugio “Angela Morabito” - di cui la dottoressa Francesca Mallamaci è la responsabile - sono dal 2013 un vero e proprio punto di riferimento per molte donne vittime di violenza di genere e per i loro figli. In dieci anni hanno “accolto” quasi 4 mila donne bisognose di aiuto.

272 sono state le madri con 462 minori assistiti presso il centro antiviolenza, insieme alle 102 donne con rispettivi 104 figli minori accolte presso la casa rifugio. Nell’ultimo anno, il centro ha seguito una decina di donne e due minori, mentre nella casa rifugio ha dato ospitalità a 4 donne e 7 minori. A questi numeri si aggiungono quelli dei due sportelli della provincia, aperti nel 2021 a Polistena (con 10 donne assistite) e nel 2022 ad Ardore Marina (con 5 donne assistite), che hanno ricevuto numerosi contatti in un’area precedentemente priva di tale servizio.


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Le donne che si rivolgono al Cav hanno una varietà di età e oltre ad avere diversi livelli di istruzione appartengono a tutti i ceti sociali. Ma la fascia più comune è tra i 30 e i 40 anni. Le tipologie più frequenti di violenza affrontate sono quelle all’interno delle mura familiari (124 casi), assistita (107) e durante la gravidanza (68). Sono più le donne italiane (585) rispetto alle immigrate (124) ad essere rivolte al Cav. La casa rifugio, invece, ha visto una prevalenza di utenti più giovani, tra i 26 e i 30 anni, con violenza prevalentemente assistita e una proporzione simile di donne italiane e straniere. Presso il centro è attivo uno sportello d’ascolto aperto cinque giorni a settimana. In supporto, c’è anche un numero verde di reperibilità legato al numero di pronto intervento antiviolenza “1522”.

Al fine di accompagnare le donne vittime di violenza di genere nella rielaborazione dell’esperienza traumatica e nella definizione di un nuovo progetto di vita, il Cav e la Casa rifugio “Angela Morabito” si avvalgono di figure professionali qualificate e con esperienza già maturata nel settore. Le équipe assicurano infatti alle donne un sistema integrato di servizi, totalmente gratuiti, che garantiscono piena riservatezza ed anonimato. Per offrire adeguata protezione alle donne vittime di violenza di genere e rendere più incisivi gli interventi di contrasto al fenomeno, il Cav e la casa rifugio collaborano con le Forze dell’ordine, gli enti pubblici e del privato sociale che, per loro missione istituzionale, operano in questa direzione.

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