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Il Collegio italiano dei primari di oncologia medica ospedaliera (Cipomo) esprime la sua preoccupazione per la recrudescenza degli atti di violenza verbale e fisica subiti dai professionisti sanitari, ampiamente sottostimati (in Italia, nel triennio 2019-2021, sono stati quasi 5mila i casi codificati dall’Inail) anche e soprattutto per l’indulgenza degli stessi professionisti, che talvolta giustificano tali comportamenti come una reazione ad una diagnosi di malattia o ad un peggioramento clinico, quando non a un decesso.
“Alle azioni intraprese dai vari governi in questi ultimi anni (campagna antiviolenza, inasprimento delle pene), ancora insufficienti a garantire serenità e protezione a chi ogni giorno lavora per migliorare le condizioni di salute dei malati che a noi si affidano – si legge in una nota appena diffusa -, l’aggiunta della proposta del ministro Schillaci di intervenire dal punto di vista legislativo, introducendo sempre l’arresto in flagranza di reato, anche differito, riteniamo possa contribuire a contenere il fenomeno. I medici sono però chiamati a denunciare e contrastare con tutti i mezzi legali la deriva che sta emergendo”. L’appello, inoltre, “ai nostri colleghi a non essere indulgenti, timorosi verso qualsiasi forma di violenza e sopraffazione. La disperazione di parenti, congiunti, per un proprio caro non può giustificare in nessun modo e in nessun caso il ricorso alla violenza. I medici sono chiamati a denunciare e contrastare con tutti i mezzi legali la deriva che sta emergendo”. Ma per i primari oncologi ospedalieri c’è anche un “problema culturale” che “implica analisi approfondite sul perché, sviluppo di azioni adeguate, rinnovamento del sistema nel suo insieme e, soprattutto tempo, forse anni. E nel frattempo non possiamo limitarci a contare le aggressioni. Proteggere chi protegge la salute – concludono – è un atto doveroso per continuare a rendere sicuro, a vantaggio di tutti, il nostro Sistema sanitario nazionale”.
Fonte: Agensir