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di Giorgio Neri - Ritrovarsi dopo 50 anni per rinnovare un patto di Fede, passare il ‘testimone’ di quell’impegno cristiano, spontaneo che negli anni ’70 consentì il ‘miracolo di costruire una Chiesa, creare una comunità di fedeli che in essa si è riconosciuta. È la storia della Parrocchia della Chiesa della Santa Croce di Santa Venere. Una piccola frazione sulle alture di Reggio. Una comunità per lo più agricola, alle coltivazioni, all’allevamento e gravata da un isolamento che non l’ha mai fatta sentire parte integrante della città. Forse presto avrà una strada degna di questo nome. Intanto le difficoltà sono quotidiane. Ma Santa Venere, non è mai stata sola. La Chiesa reggina ha sempre seguito e sostenuto quella manciata di gente che ambiva a diventare ‘chiesa’. Un sogno che divenne realtà grazie alla generosità ed alla disponibilità di tantissimi giovani reggini, studenti delle scuole superiori e all’Università che sotto la guida dei ‘capi mastri’ locali: Francesco Sapone, Nino Sapone, Francesco Cuzzocrea e Nicola Sapone, si trasformarono in manovali, impiantisti, assistenti piastrellisti, carpentieri.
In quattro anni, con turni di lavoro programmati dall’Azione Cattolica Diocesana, e la disponibilità di tanti parroci, quella chiesa prese forma e sostanza. Quella di una identità costruita con la fede, con l’amore di Dio e l’opera dell’uomo. E domenica, in tanti, con qualche capello bianco in più, o in meno, si sono ritrovati lassù, per rinsaldare quel patto di fede. Rinnovare un legame che ha alimentato una storia lunga mezzo secolo, fatta di incontri, di amicizia, di affetto, di preghiera, di vicinanza, di attenzione. «Una giornata di ricordo di una storia passata – ha commentato l’Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria-Bova, Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini - memoria che si fa impegno per il futuro». Nella Santa Messa concelebrata con molti parroci “protagonisti” di quegli anni, lo stesso presule, ha rivolto l’augurio che la Chiesa di Santa Venere «possa continuare ad essere l’identità, ma anche il segno di una identità del paese dove abitate, costruita attorno alla fede in Gesù Cristo. Ispirati dalla domanda che Gesù stesso fece ai suoi discepoli: "Ma voi chi dite chi io sia?". Ecco – ha aggiunto Monsignor Fiorini Morosini - chi è Gesù Cristo per voi. Vuol dire crescere sempre più con la fede in questa risposta: "Tu sei il Cristo, il Messia, il Figlio di Dio che è venuto nel mondo per salvarci". È questo l’augurio che vi faccio – ha concluso Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini - mentre rinnovo ai promotori di questa celebrazione il mio plauso e il mio ringraziamento. E a tutti coloro che sono risaliti, come tanti anni fa, a rivedere, a ripensare e a rivivere la storia passata in ringraziamento per quello che hanno fatto. A tutti voi la consegna di prendere in mano questa fiaccola, e di potarla avanti nel segno della speranza e della fede in Gesù Cristo».
Una giornata di preghiera e di festa, che è servita a ricordare chi non c’è più. In primis, don Lillo Spinelli che da assistente diocesano dell’Azione Cattolica reggina, si spese per quel progetto nato sulla scia dell’enciclica “Gaudium et Spes” scaturita dal Concilio Vaticano II. Monsignor Giovanni Ferro, l’arcivescovo che consacrò, dopo averla eretta a Parrocchia, la Chiesetta di Santa Venere, e don Giovanni Rongoni, «il prete del pulmino».
«Un seme che è diventato pianta e portato frutto», hanno scritto i fedeli di Santa Venere nel messaggio rivolto al Presule e ai tanti sacerdoti che si sono uniti nell’Eucarestia. Da don Umberto Lauro del Sacro Cuore di Gesù, a don Antonino Iachino, don Sebastiano Plutino, don Stefano Ripepi, don Tonino Sgrò, don Francesco Marrapodi, il parroco don Celestino e padre Gianfranco Zintu.
Ricordando il lavoro che dopo gli anni ’70 è proseguito con la costruzione della canonica, grazie all’intesa opera di don Matteo Plutino. Luogo che ha consentito di ospitare il gruppo delle Suore di Maria Bambina che hanno costantemente testimoniato il carisma della carità, soprattutto verso gli ammalati e verso le nuove generazioni. Una di loro, Suor Silvia, ha donato tutta se stessa, perdendo la vita in un incidente lungo la strada che portava alla piccola frazione montana.
E poi, i tanti ‘operai’ volontari di allora tra i 400 di quella storica impresa, con Bruno Praticò, Stefano Fazzello, che hanno fortemente voluto la celebrazione 50° anniversario. Santa Venere si è raccolta attorno a loro, non solo nella partecipazione sentita della Santa Messa, ma anche nell’incontro conviviale che ne è seguito, in cui agli ospiti è stato offerto quanto di meglio scaturisce dal lavoro quotidiano della terra, e delle altre attività agropastorali che fanno di Santa Venere una frazione viva, solidale, attiva.
«Dobbiamo riprendere a stare vicino a Santa Venere – ha auspicato – il Presidente diocesano dell’Azione Cattolica - Non è quello fatto per Santa Venere, ma quanto Santa Venere ha fatto per tutti facendo comprendere la condivisione, lo stare insieme e costruire il futuro».
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Nei giorni scorsi l’ex hotel era finito al centro delle polemiche circa l’eventuale nuova destinazione d’uso per accoglienza migranti.
Il 14 ottobre 1885 nasceva ad Agrigento il vescovo fondatore delle Suore Salesiane Oblate del Sacro Cuore. È stato Pastore di Bova dal 1933 al 1939.