Avvenire di Calabria

Tra gli emigranti dell’ultimo anno, i calabresi rappresentano il 4,4% del totale

Analisi del ”Rapporto Migrantes”: fuga dalla Calabria

Davide Imeneo

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Nel rapporto “Italiani nel mondo”, presentato questa mattina a Roma, segnala che nel 2018 hanno registrato la loro residenza fuori dei confini nazionali 128.583 italiani, 400 persone in più rispetto all’anno precedente. In pratica, è come fosse sparita in un solo anno una città come Sassari. «Il numero di partenze è uguale a quello del 2017, ma il problema è che la mobilità italiana è diventata un dato strutturale – ha evidenziato la curatrice del rapporto Delfina Licata –. Da quattro anni sono oltre 100mila gli emigranti registrati ogni anno, da due anni sono oltre 128mila. Perdiamo cittadini italiani che finiscono con l’arricchire i luoghi in cui si trasferiscono». Allargando lo spettro della ricerca, emerge un altro dato. Dal 2006 al 2019 – si legge nel report –, la mobilità italiana all’estero è aumentata del 70,2%. In pratica, il numero degli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) negli ultimi 13 anni è passato, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni a quasi 5,3 milioni.
A spingere tanti giovani a lasciare l’Italia è soprattutto l’esigenza di trovare un’occupazione o un lavoro all’altezza delle loro aspettative. Lo conferma il presidente della Fondazione Migrantes, monsignor Guerino Di Tora: «Tanti giovani, con un elevato livello di istruzione, non trovano lavoro o trovano solo possibilità di lavoretti – ha detto il sacerdote –. Sentendo che all’estero c’è una maggiore facilità di impiego, emigrano con la speranza di trovare situazioni migliori. Allo stesso modo, altri giovani vanno via per motivi di studio. Tante università offrono possibilità di scambi». Un tema sul quale anche le Acli hanno effettuato delle ricerche che hanno portato a una conclusione. «All’estero è più facile che i ragazzi abbiano non solo un lavoro ma una carriera. In Italia anche con un titolo di studio elevato si rischia di essere inquadrati con qualifiche inferiori », ha spiegato il presidente Roberto Rossini, che ha evidenziato un ulteriore problema. «La mobilità sociale in Italia è prossima allo zero. Un lavoratore su tre nel nostro Paese è disposto a perdere qualcuno dei propri diritti pur di mantenere il proprio lavoro. All’estero il rapporto è di uno su dieci. Questo perché negli altri Paesi vi è un lavoro meno ricattabile».
Tra gli emigranti dell’ultimo anno, i calabresi rappresentano il 4,4% del totale: hanno lasciato la punta dello stivale ben 5621 persone nel 2018, la stragande maggioranza è composta da giovani laureati. Per effetto dei trasferimenti verso il Centro–Nord, si contano circa 220mila laureati in meno tra i residenti del Mezzogiorno, senza considerare la crescente quota di pendolari di medio e lungo raggio. Il fenomeno ha assunto connotazioni preoccupanti, soprattutto se si considera che nel 2017 ben il 27% dei migranti totali da Sud a Nord erano laureati rispetto al solo 5% nel 1980 e che nel 2017 circa il 40% dei residenti al Meridione iscritti presso un corso di laurea magistrale, si è spostato presso un ateneo del Centro–Nord. Davanti a questo impoverimento della Calabria, la politica locale sembra dormire sonni tranquilli. A parte sporadici annunci, infatti, non si registrano nuove iniziative tese a favorire l’occupazione giovanile. Anzi, al contrario, il peggioramento dei collegamenti aerei impedisce a quei giovani calabresi che vivono fuori, di far ritorno in Calabria anche solo per un weekend.
La politica nazionale si prefigge obiettivi ambiziosi. Per frenare il fenomeno migratorio verso l’estero, il Governo sta studiando un Piano per il Sud. Il ministro per il Mezzogiorno e la coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, ha annunciato «interventi nelle aree interne, nelle campagne deindustrializzate». Sono annunciate alcune misure nella prossima manovra, ma la questione cruciale è sempre la stessa. La politica riuscirà a passare dalle parole ai fatti?

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