Avvenire di Calabria

Il paradosso è tutto reggino: per questi trent'anni si è portata avanti una sperimentazione oggi adottata ovunque

Assistenti educativi. Il servizio costa di più, ma rende di meno

Federico Minniti

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Assistenza socio–educativa agli alunni con disabilità: una situazione davvero paradossale. Sì, non c’è termine più azzeccato: dal greco pará (contrario) e dóksa (opinione). E di contrapposizioni, questa vicenda, ne è zeppa. Spesso – vale la pena dirlo – fortemente influenzati dagli steccati partitico–ideologici, ma ridurlo a semplice dialettica sarebbe ingeneroso visto che il dato di fatto è incontrovertibile: non tutti i bambi disabili di Reggio Calabria, al momento, hanno l’assistenza educativa prevista dalle leggi (la 104/92 e la 170/2010).

Su questo ritardo, indipendentemente dalle giustificazioni, l’Amministrazione comunale dovrebbe scusarsi con questi cittadini che vedono ancora i propri diritti come «di serie B». Da un lato, l’istituzione scolastica scarseggia – nel suo arzigogolato sistema – di risorse umane professionalizzate da destinare alle docenze di sostegno; dall’altro – nello specifico – mancano quelle figure di assistenza educative che sono “a carico” degli Enti Locali.

Esistono diverse “buone prassi” che a Reggio Calabria vengono ignorate puntando alla creazione di short–list (sulle quali si abbattono puntualmente centinaia di ricorsi ad personam) da cui attingere. In zone virtuose del Paese, a esempio, l’appalto è pluriennale ed è affidato a più realtà sociali (cooperative o enti no profit) che si assumono la responsabilità di portare avanti il servizio assumendo i professionisti in modo stabile. Una pratica – in vero – che paradossalmente ebbe un’esperienza pioneristica proprio in riva allo Stretto, a partire dal 1986 sino al 2014. Chi c’era, all’epoca dei fatti, racconta come quest’idea «nacque a casa di Italo Falcomatà, padre dell’attuale sindaco, assieme all’assessore alle Politiche sociali del tempo, Gianni Pensabene». A raccontarcelo è Mirella Gangeri dell’Agedi, l’associazione dei genitori disabili.

Quello che era un esperimento di alcune volontarie portò a un servizio perfettibile, ma funzionante. Il tutto al costo – negli ultimi anni – di 800mila euro annui. La “buona prassi” – che attraversò diverse ere po- litiche – fu stralciata per 100mila euro da aggiungere al budget in virtù dell’introduzione del Job Act, come spiegano dall’associazione. Di idea diversa il Comune che, però, a conti fatti attualmente spende ben oltre il milione di euro per pagare le spettanze agli assistenti educativi scelti dalla short list.

Tornando alla strettissima attualità. Nei giorni scorsi sia il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, Mary Caracciolo, che i vertici della Cisl reggina, Rosy Perrone ed Enzo Sera, hanno denunciato l’anomalia registrata in aula dai genitori dei bambini disabili. «La mancata assegnazione degli assistenti educativi ed alla comunicazione per i bambini diversamente abili, è inaccettabile; è la testimonianza di un fallimento. I disagi causati alle famiglie ed ai bambini segnano un punto di non ritorno», si legge nella nota dei sindacalisti. Ancora più duro è l’attacco della consigliera forzista: «Non bastano le parole per tutelare i bambini, servono azioni e servizi».

Non si è fatta attendere la replica dell’assessore comunale alle Politiche sociali, Lucia Nucera: «L’amministrazione ha agito in tempi record. La gara non poteva essere pubblicata prima del 6 di agosto, in quanto per poter usufruire dei fondi Poc Metro era necessario indicare nella procedura la data stessa di approvazione del bilancio che, come è noto, è stata ritardata non certo per responsabilità dell’Amministrazione comunale. Il Comune si è prodigato per reperire i fondi europei necessari. L’ amministrazione Falcomatà ha assunto un impegno di spesa di 1 milione e 350 mila euro. Questo – conclude l’assessore – nonostante le difficoltà economiche che il comune comunque ha e che evidenzia un’attenzione particolare nei riguardi dei bambini e delle loro famiglie».

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