Avvenire di Calabria

Il Gay Pride ha sfilato per le vie di Reggio Calabria con il sindaco in cima, ma i diritti hanno lo stesso peso?

Caro Falcomatà, basta doppia morale sui diritti

L'uso strumentale delle parole di don Italo Calabrò e le troppe emergenze «escluse» dall'agenda dell'Amministrazione

Davide Imeneo e Federico Minniti

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Non è passata inosservata la presenza di Giuseppe Falcomatà, sindaco metropolitano di Reggio Calabria, al Gay Pride dello scorso 27 luglio in riva allo Stretto. Il primo cittadino era in cima al corteo per ribadire la sua vicinanza ai promotori dell'iniziativa. Immancabile, come di consueto, la nota social di Falcomatà che nel suo scrivere ha rilanciato lo slogan «Nessuno escluso, mai».

 
Queste parole rappresentano - in modo sintetico - l'intimità sacerdotale di don Italo Calabrò, il prete degli ultimi, che ha speso la sua vita e il suo ministero nella città di Reggio Calabria. Chiariamo un principio: nessuno può pretendere di avere l'esclusiva su una figura, quella di don Italo, poco valorizzata e conosciuta in Città nonostante la sua azione pastorale e sociale abbia una portata nazionale tale dall'essere definito il «don Milani del Sud». Discorso diverso - ed è la base di questa riflessione - è difendere quei valori non negoziabili che lo stesso don Italo ha salvaguardato, senza ideologizzare mai il suo agire né accettando di essere etichettato. Un esempio su tutti: don Italo non si è mai definito un prete “antimafia”, pur essendo un prete che ha contrastato la ‘ndrangheta.
 
Ha ragione Falcomatà quando dice «Nessuno escluso mai» riferendosi ai diritti. Ciò che interroga, però, è l'uso a intermittenza della coscienza politica in tema di famiglia; una doppia morale che, in questi lunghi 5 anni di governo a Reggio Calabria, ha avuto diverse manifestazioni.
Ci chiediamo, infatti, perché il Comune abbia stigmatizzato la manifestazione del Bus delle Famiglia: la tappa reggina, infatti, è stata osteggiata dalla Commissione Pari Opportunità di Palazzo San Giorgio. Ma come? Una Commissione comunale vocata all'inclusione sociale che «esclude» a mezzo stampa chi la pensa differentemente dalla Comunità Lgbt? Sindaco Falcomatà, la sua presenza in prima fila al Gay Pride, quindi che significato assume? Può dirci pubblicamente se sostiene anche le posizioni più progressive dei soggetti promotori che sfilavano accanto a lei, quali l’adozione e l’affido dei figli alle coppie omosessuali?
 
Caro Sindaco, il motto di don Italo era una difesa dei più deboli. I «pazzi» degli anni '80 che il sacerdote reggino liberò dalla struttura-lager di Modena (ex manicomio). Le chiediamo, allora, perché il suo «Nessuno escluso mai» non è indirizzato verso tutti i poveri di oggi. Pensiamo, ad esempio, alla fuga generazionale che sta provocando una emorragia demografica nella nostra città: chi tutela i diritti dei giovani? Come mai non si è mai preoccupato della solitudine sociale dei papà divorziati? O ancora dei genitori costretti a emigrare da Reggio Calabria per poter sostenere i propri figli? O verso quanti, nella nostra Reggio, vivono la triste condizione del disagio abitativo e a cui non si danno risposte da decenni? Perché dall'agenda politica comunale sono «escluse» le famiglie numerose?
 
È vero, don Italo Calabrò era un prete "di parte". Stava coi poveri, li ospitava a casa sua. Parlava poco ed evitava palcoscenici e megafoni. Le sue parole non sono slogan da sbandierare sospinte dal vento dell'ideologia. Ce lo consenta di dirlo. Un sindaco, e lei ha avuto un grande esempio in famiglia, è un primus inter pares, garante delle istanze di tutti. Probabilmente, evitando l'insidioso gioco delle parti, né del Gay Pride né del Family Day, ma dei cittadini che soffrono, senza alcuna distinzione ideologica.
 
Chiediamo a lei, sindaco, e agli assessori e consiglieri comunali che pubblicamente, a più riprese, si sono dichiarati cattolici: perché i diritti non hanno lo stesso peso?

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