Da diversi giorni sta circolando un messaggio "a catena" che inviterebbe tutti i genitori a postare, sul proprio profilo social, una diffida alla scuola di appartenenza dei figli affinché non si adottino le misure previste nei protocolli di sicurezza ministeriali in caso di sintomi riconducibili al coronavirus.
«In presenza di sintomatologia respiratoria o temperatura superiore a 37,5° durante l'orario scolastico - si legge in questi stralci - per gli alunni scatta una rigida procedura», che prevederebbe, tra l'altro, che «i genitori non potranno in alcun modo prelevare il proprio figlio da scuola, che sarà affidato all'autorità sanitaria». Se non fosse già chiaro ed evidente a tutti, il Garante dell'infanzia e dell'Adolescenza del Comune di Reggio Calabria Valentina Arcidiaco, sottolinea come ciò costituisca una totale bufala.
È tuttavia impressionante la diffusione che tale fake news sta avendo grazie a genitori allarmati che si sono precipitati a postare sui propri profili questa diffida: «Il 14 settembre io non autorizzo nessun personale della scuola ad isolare mio figlio se dovesse presentare improvvisamente qualche linea di febbre… Nessun personale sanitario può prelevare mio figlio da scuola in mia assenza traumatizzandolo! Non firmerò nessun foglio di autorizzazione che prevede questo tipo di trattamento… Fino alla maggiore età io genitore sono unico tutore di mio figlio!».
«Chiariamo una volta per tutte - dice il Garante - che non succederà nulla di quanto contenuto nell'allarmante comunicato. Si tratta solo dell'ennesima catena di Sant'Antonio in cui siamo incappati. Trasmettiamo messaggi positivi ai bambini e ai ragazzi. Verifichiamo sempre le notizie sui siti attendibili e ufficiali. Non facciamoci portatori di bufale e fake news e diamo soprattutto, come adulti, genitori ed educatori, il buon esempio di un uso corretto dei social. Questi sono un valido strumento di trasmissione di notizie e informazioni utili anche ai fini della prevenzione del contagio ma non devono, in questa come in altre occasioni, trasformarsi in veicolo di messaggi scorretti e distorti. Insomma, non postiamo "a muzzo"!».