Avvenire di Calabria

Le eccellenze made in Italy costrette ad andarsene. Gli ultimi ostacoli ed opportunità generati dall'epidemia da Coronavirus

«Cervelli in fuga», fenomeno in evoluzione

Tatiana Muraca

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Partire o restare. È questo il dubbio che riecheggiava nei pensieri dei giovani che una volta terminati gli studi superiori, vogliono scegliere che strada imboccare. Sia che si tratti di studio che di lavoro, la domanda sorge spontanea, dal momento che davvero pochi riescono a trovare quello che cercano al sud d’Italia. La maggior parte decide di approfondire le proprie passioni e conoscenze conseguendo la laurea. Se prima la scelta era solamente tra restare a casa o trasferirsi “al nord”, ormai da anni le cose sono decisamente cambiate. Ai giovani meridionali emigrati al nord non basta più rimanere a lavorare in Italia: sognano l’estero, talvolta spinti da motivazioni di opportunità, talvolta per necessità. Con l’espressione inglese «human capital flight», ci si riferisce ai cosiddetti «cervelli in fuga», un fenomeno che l’Italia è costretta a fronteggiare. Dalle diverse testimonianze dei giovani laureati, come abbiamo visto con Angelo Cotroneo, emerge il bisogno di ampliare il proprio sapere e di trovare condizioni lavorative incentivanti, cosa che sembra venire meno nel bel Paese. Stipendi troppo bassi, poche possibilità di fare carriera, sono alcune delle motivazioni che portano gli italiani specializzati a trasferirsi all’estero. «Anche io ho pensato di andarmene e ci sto ancora pensando. Ricevo molte offerte di lavoro dall’estero. Pochi anni fa ho rinunciato, per il lavoro attuale, ad andare negli Stati Uniti ed attualmente è in ballo un’offerta di lavoro in Belgio», queste le parole di Angelo, da cui emerge una situazione che riguarda sempre più laureati, che secondo varie indagini escono per di più da facoltà scientifiche oppure da Lingue. Percorsi di studio eccellenti che si trovano davanti troppi ostacoli per realizzare «grandi cose». Il problema non è di certo la voglia crescente di realizzazione professionale e personale, ma quella che è una fuga obbligata da paletti ed impedimenti da parte del proprio Stato, della propria regione, della propria città. La questione, dunque, non è neanche più scegliere tra sud o nord, ma se e come andare oltre l’Italia. Si parla di speranza, investimenti, sogni, ma come nota lo stesso Angelo ogni volta che torna nella sua Reggio, «la realtà è abbandonata a sé stessa». Nell’ultimo anno, però, con l’espandersi della pandemia da Coronavirus sembrerebbe, almeno su Reggio Calabria, che stia aumentando il numero dei giovani che scelgono di frequentare gli atenei locali. È adesso che si gioca tutto, è ora che il mondo dell’istruzione deve giocarsi quella che è forse la sua ultima carta vincente; una vittoria che potrebbe portare non solo a formare e a coltivare le menti «nostrane», ma anche ad offrire loro gli spazi giusti dove collocarsi. È questa la vera speranza. È questo il vero futuro.

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