
Consiglio permanente Cei, al centro la «nuova primavera» della Chiesa
L’intervento del presidente Cei ha aperto i lavori della sessione primaverile che si terranno a Roma fino a domani. L’invito ai vescovi è a intraprendere «scelte coraggiose».
Il messaggio della Conferenza Episcopale Italiana per la giornata nazionale per la vita ed in cui si sottolineano le attuali umane fragilità dovute alla pandemia , nonché la necessità dell’avvio di una autentica umana solidarietà e custodia reciproca della vita di ogni persona, coinvolge noi medici cattolici. Come ha detto, però, il cardinale Bassetti, a fronte di tali necessità occorre adesso evitare alcune derive possibili nichiliste , ovvero "egoismo, indifferenza, irresponsabilità spesso caratterizzate da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti".
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In particolare si è fatto riferimento, nel documento, a quelle richieste attuali che noi medici potremmo definire antropologicamente come individualiste di autodeterminazione libertaria e sociologiche, con R. Bellah ,come “individualismo espressivo del sé” opponentesi cioè, in quanto tali, a valori condivisi da ogni sana religione civile, ovvero a condizioni di pace e assenza di conflitti nella società.
Non si capisce come la politica possa appoggiare tali dimensioni individualiste e conflittuali se è vero come è vero che essa è chiamata , per sua specifica vocazione, ad essere sempre , non mera tecnica ma dimensione dell’umano orientata al bene comune. La richiesta di un referendum sulla depenalizzazione dell‘art. 579 del codice penale sull’omicidio del consenziente oppure le reiterate richieste di “diritto all’aborto“ non possono, obbligare noi medici a uccidere, poiché il diritto a morire non esiste ed il dovere di uccidere è un costrutto inedito antiumano e post-umano. Non a caso Papa Francesco condanna la “cultura dello scarto“ come punto critico di inumanità. Cultura dello scarto che rischia di far perdere, alla Medicina la sua natura specifica, la sua finalità propria che è per noi medici, intenzionalmente, attraverso il dialogo dell’alleanza terapeutica, sempre custodia della vita.
La perdita della metafisica della persona e di una buona antropologia, ha portato, di fatto, a tale possibile violazione della dignità della persona. L’eutanasia è infatti, questo non riconoscimento dell’altro e e in filosofia assenza di senso e smarrimento dell’idea di persona , disincanto sulla vita (Taylor). Perciò dovremmo percorrere il cammino inverso rispetto al "piano inclinato“ nichilista etico e giuridico e ritrovare “le stesse tradizioni occidentali ippocratiche della Medicina".
Come medici cattolici riteniamo, ovviamente, che le cure palliative siano valida alternativa all’eutanasia. Esse vanno incoraggiate e sostenute soprattutto in Calabria dove i piani attuativi regionali, fino ad oggi, sono stati, sotto tale punto di vista molto carenti. Ciò perché le cure palliative sono momento importante di promozione, anche nelle fasi terminali di vita di “ eubiosia”, ovvero “ buona vita” e ciò al di là di proceduralismi vari che, è risaputo , la complessità della nostra società civile pur richiede. La custodia dell’altro va salvaguardata e difesa e tutto ciò, nell’ambito della dimensione dell’orientamento di senso che richiede una buona antropologia: unitaria, non frammentata e funzionalista, ontologicamente fondata, attenta al mistero umano che l’altro rappresenta ed aperta ad ogni fragilità, al riconoscimento dell’altro, al di là di differenze di sesso ,età, religione, condizione.
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Qui concludo ricordando la Storia e la prima eutanasia di Stato che avvenne nella Germania nazista, quando migliaia di bambini tedeschi malformati, furono uccisi perché non rispecchiavano l’ideale della razza tedesca. Tale storia non può e non deve ripetersi.
*presidente dei Medici Cattolici – sezione della diocesi di Reggio Calabria - Bova
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