Avvenire di Calabria

Comune, la polemica è sempre dietro l’angolo

Piuttosto che di ricette per lo sviluppo, si rimane ancorati a cliché da Prima Repubblica, con accuse vicendevoli

Federico Minniti

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Se l’ultima settimana è il preludio ai temi della (imminente) compagna elettorale a Reggio Calabria, allora è una «giostra» dalla quale vorremmo scendere subito. Il livello dello scontro tra maggioranza e opposizione a Palazzo San Giorgio è altissimo: innescato, lo scorso 19 gennaio, da una conferenza stampa della Giunta, guidata dal primo cittadino Giuseppe Falcomatà, che ha accusato il centrodestra di «tacere sulla ‘ndrangheta». Un j’accuse roboante che ha registrato una serie di controdeduzioni e attacchi incrociati, proprio sul tema della legalità, con tutta l’ex Giunta del centrosinistra in attesa di processo per il “Caso Miramare”.

Il rispetto delle regole (leggasi abuso d’ufficio) e la ferma distanza dagli affari mafiosi e paramafiosi rimane un caposaldo, ma distribuire “patenti” in tal senso è un ruolo ardimentoso.

Negli ultimi giorni, poi, si è passati alla querelle che ha visto protagonisti, prima, l’assessore Antonino Zimbalatti e, poi, l’ex candidato a sindaco del centrodestra, Lucio Dattola.

Cominciamo col dire che sia Zimbalatti che Dattola sono politici e amministratori (Dattola ha già presieduto la Camera di Commercio reggina) di lungo termine e che, negli anni, hanno dimostrato equilibrio e rispetto delle Istituzioni. Questo, però, non li esime dall’aver commesso degli errori comunicativi gravi. Zimbalatti, assessore alla Pubblica Sicurezza, giura che il suo profilo Facebook sia stato hackerato: «Ffundamu e zinghiri» («Affondiamo gli zingari»), la frase incriminata. Un commento rivolto ai tifosi del Catanzaro in vista del derby odierno al “Granillo”. Goliardia sportiva o razzismo? Leggerezza amplificata dall’associazione “Stanza 101”, riferimento dell’ex assessore scopellitiano, Pasquale Morisani. Una presa di posizione che ha persino diviso gli uomini della destra reggina, col Movimento Sovranista che ha difeso lo stesso Zimbalatti.

Di apologia del fascismo, poi, è stato accusato Lucio Dattola. A incriminarlo è la diretta streaming del Consiglio comunale di Reggio Calabria. All’appello della Segretaria, Giovanna Acquaviva, il consigliere Dattola ha risposto con un fragoroso «a noi» e alzando la mano tesa (pur sbagliando il braccio, usando quello sinistro...). Che «a noi» identifichi il saluto tra camerata ci sono pochi dubbi, Dattola si è difeso spiegando che era solo la risposta all’appello. Goliardia politica o vilipendio delle Istituzioni? In questo caso sia Falcomatà che il Pd hanno marcato l’episodio.

Giustamente la Casa comunale non può e non deve ospitare alcun richiamo all’ideologia fascista, Dattola è stato «leggero», ma questo non può essere tema di battaglia politica. Polemiche che, quindi, non ci entusiasmano. Usando il buon senso, soprattutto da cronisti, nessuno può affermare che Zimbalatti sia razzista né che Dattola sia un ex balilla. Si è trattato di uno scivolone che, in virtù dell’esperienza di entrambi, ha fatto un po’ sorridere. Figli di altre epoche politiche, sono caduti nella trappola dei Social (uno in via diretta, l’altro risucchiato dalle condivisioni). Ma inseguire questi temi, così come rincorrere la «verginità» politica di questo o di quello schieramento, è esercizio stucchevole. Non ci entusiasma e sazia il gossip politico che è l’anticamera del de profundis degli ideali. Il territorio e i cittadini, in vero, attendono altro: vorrebbero analisi ad ampio raggio su ciò che si è fatto, su quello che non si fatto e su quanto si intende fare. Le prospettive, in po-litica, sono una priorità. Un dato certo che rischia di essere offuscato, qualora l’unico orizzonte scrutabile è la caccia a una poltrona (che tra l’altro è pure scomoda).

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