Avvenire di Calabria

Che cosa cambia con la nuova legge? Dall’esperienza degli operatori un monito chiaro

«Confermate le buone pratiche. Ora i fondi»

Federico Minniti

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Finalmente. L’avverbio più utilizzato all’indomani dell’approvazione del disegno di legge sui minori stranieri accompagnati. Ma è realmente così? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Fortugno della Comunità Papa Giovanni XXIII di Reggio Calabria, da sempre in prima linea rispetto all’accoglienza dei giovani giunti alla banchina del porto reggino. «Possiamo esultare solo per un motivo – ci dice Giovanni – perché questa legge mette nero su bianco dei fatti acclarati dalle “buone prassi” come la nostra». Un bilancio molto più magro dei toni trionfalistici con i quali è stata accolta l’attività parlamentare. Un punto controverso è quello relativo al trasferimento dei minori in strutture adeguate in trenta giorni. «Oggi, però, – sottolinea Giovanni – ci vogliono 10 mesi».
C’è un problema strutturale: dietro i dispositivi normativi deve seguire una reale volontà politica di approcciarsi al fenomeno migratorio con spirito propositivo. Atteggiamento totalmente opposto a quello messo in atto con i viaggi istituzionali attuali. Contrattare con chi gestisce questo “traffico” di essere umani, come i capi delle tribù libiche, è un errore grave. «Che fine faranno queste persone?»: una soluzione a tutto questo c’è.
«Avviare una stagione di programmazione in ambito dell’accoglienza » e per farlo vanno intensificate tutte le strutture “sociali” a servizio del fenomeno: i Tribunali dei Minori, che saranno chiamati – questa volta sì, finalmente – a fronteggiare il caso spinoso dei tutori volontari, sono totalmente sotto organico al pari delle Aziende sanitarie locali. Non si può immaginare che gli stessi dipendenti possano fronteggiare l’ordinario di una Città metropolitana da mezzo milione di abitanti e al contempo l’emergenza dei minori stranieri non accompagnati che solo nel 2016 sono stati quasi duemila. «Reggio è una città di sbarco, è inutile negarselo. Mi chiedo come sia possibile che in tutta la regione Calabria manchi un ambulatorio di etnopsichiatria?». Perché a voler guardare al bene dei ragazzi bisogna spingere sulla formazione specifica degli operatori che quotidianamente lavorano con loro e per loro.
Negli ospedali e nei consultori mancno i mediatori culturali: una disorganizzazione, ad oggi, supportata dal volontariato e dalla Chiesa. «A breve apriremo altre due case accoglienza a Montebello Jonico e Prunella di Melito Porto Salvo. Salogno così a 80 i posti sul territorio per i minori stranieri non accompagnati con l’impiego per 38 prefessionisti reggini ». Un modello di accoglienza che si sta facendo conoscere: quest’estate arriveranno in riva allo Stretto anche i volontari internazionali da tutto il mondo.

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